La città
Salvate dal degrado la chiesa rupestre di San Basilio
L'appello rivolto dalla famiglia Marchetti al Comune
Gravina - lunedì 21 dicembre 2015
15.03
Un appello rivolto direttamente al sindaco e all'amministrazione comunale affinché si salvi un bene storico e culturale dall'immenso valore quale è la chiesa di san Basilio nel rione Piaggio di Gravina già oggetto, alla fine degli anni '90 di un intervento di recupero concretizzato con "intensi, costosi e delicati interventi di restauro, sopportati interamente dai proprietari, che permisero di ridare lustro alla cappella consentendone la riapertura". Un intervento che rischia di esser vanificato se non saranno effettuati lavori di manutenzione sulla strada che sovrasta l'antica chiesa.
Ne sono convinti i proprietari dell'immobile, l'intera famiglia Marchetti, che, per mezzo di una lettera inviata alla Redazione di Gravinalife, ha voluto richiamare l'attenzione dell'Amministrazione comunale sulle condizioni di conservazione della struttura, chiedendo contestualmente lavori di manutenzione dell'area di via Michelangelo Calderoni.
Secondo quanto riferito, le continue infiltrazioni d'acqua stanno provocando non pochi danni al monumento. In particolare, le pareti della piccola chiesa presentano gravi lesioni alle colonne portanti. Inoltre, le infiltrazioni dall'esterno di acqua piovana stanno rovinando le originarie pitturazioni e altresì gli storici affreschi risalenti dell'epoca bizantina. Persino il pregiatissimo altare è intaccato dall'umidità.
La famiglia Marchetti spiega nella lunga lettera indirizzata al primo cittadino che "dal lontano maggio 2002 la cattiva manutenzione della strada Michelangelo Calderoni consentiva la percolazione delle acque meteoriche all'interno della chiesa". I continui solleciti rivolti alle vecchie amministrazioni comunali e "rimasti inascoltati", sono stati seguiti da una citazione in giudizio dinanzi al Tribunale di Bari conclusosi, nel novembre 2014, con la condanna del Comune di Gravina e la successiva imposizione "a eseguire a sue spese le opere d'intervento su via Michelangelo Calderoni".
"La situazione degli affreschi – rimarcano dalla proprietà - è oramai degradata per responsabilità esclusiva, come anche acclarato dalla giustizia civile, dell'Ente da lei rappresentato che ha negato negli anni di godere di questo tesoro nascosto donato alla collettività, proseguendo e perseguendo nell'incuria del passato che si riflette sul degrado di oggi: culturale, sociale e civile e che, per corollario, sottrarrà l'ammirazione dell'opera dei nostri antichi predecessori alle future generazioni".
Dal giorno della sentenza, infatti, i lavori di manutenzione e di messa in sicurezza della chiesa rupestre di san Basilio non sono mai iniziati e la situazione sta peggiorando di giorno in giorno mentre "Il silenzio di codesto Ente è assordante; l'immobilismo perpetuo; l'indifferenza perenne".
Occorre, dunque, dar seguito a quanto stabilito dai giudici se si vuole salvare un bene che resta una delle mete turistiche più richiese oltre che un importante centro culturale della città, basti pensare a quanta gente ha visitato la chiesa nei giorni dedicati alle festività dell'Immacolata e di santa Lucia.
"E' nostro sogno e speranza che il piano di recupero del Centro Storico, avviato di recente, preveda la sistemazione stradale di via Michelangelo Calderoni; tale strada ha priorità per salvare un bene storico e rendere onore al grande personaggio che è stato Michelangelo Calderoni" concludono i firmatari della missiva.
Di qui l'appello della famiglia Marchetti affinché si realizzino i lavori così che tutta la comunità gravinese possa essere orgogliosa di mostrare al pubblico una bellezza e una realtà, quale è la chiesa di san Basilio mentre la famiglia si impegna a investire "le somme che il giudice ha riconosciuto ai Marchetti come risarcimento saranno destinate al restauro del campanile della chiesa, anch'esso in una situazione quasi di incuria totale; ma ciò non può essere possibile, se non si rimuovono prima le cause del degrado".
Alla fine degli anni 90 si ricorda ancora nella lettera, la chiesa di San Basilio è stata anche oggetto di una pubblicazione nella quel si legge chiara l'intenzione della famiglia: "La famiglia Marchetti dona ai Gravinesi un tesoro nascosto, affinché all'incuria del passato possa seguire una rinascita culturale e dei valori a memoria delle future generazioni".
Oggi, più sinteticamente, si chiama rigenerazione urbana.
a cura di Dario Sette
Ne sono convinti i proprietari dell'immobile, l'intera famiglia Marchetti, che, per mezzo di una lettera inviata alla Redazione di Gravinalife, ha voluto richiamare l'attenzione dell'Amministrazione comunale sulle condizioni di conservazione della struttura, chiedendo contestualmente lavori di manutenzione dell'area di via Michelangelo Calderoni.
Secondo quanto riferito, le continue infiltrazioni d'acqua stanno provocando non pochi danni al monumento. In particolare, le pareti della piccola chiesa presentano gravi lesioni alle colonne portanti. Inoltre, le infiltrazioni dall'esterno di acqua piovana stanno rovinando le originarie pitturazioni e altresì gli storici affreschi risalenti dell'epoca bizantina. Persino il pregiatissimo altare è intaccato dall'umidità.
La famiglia Marchetti spiega nella lunga lettera indirizzata al primo cittadino che "dal lontano maggio 2002 la cattiva manutenzione della strada Michelangelo Calderoni consentiva la percolazione delle acque meteoriche all'interno della chiesa". I continui solleciti rivolti alle vecchie amministrazioni comunali e "rimasti inascoltati", sono stati seguiti da una citazione in giudizio dinanzi al Tribunale di Bari conclusosi, nel novembre 2014, con la condanna del Comune di Gravina e la successiva imposizione "a eseguire a sue spese le opere d'intervento su via Michelangelo Calderoni".
"La situazione degli affreschi – rimarcano dalla proprietà - è oramai degradata per responsabilità esclusiva, come anche acclarato dalla giustizia civile, dell'Ente da lei rappresentato che ha negato negli anni di godere di questo tesoro nascosto donato alla collettività, proseguendo e perseguendo nell'incuria del passato che si riflette sul degrado di oggi: culturale, sociale e civile e che, per corollario, sottrarrà l'ammirazione dell'opera dei nostri antichi predecessori alle future generazioni".
Dal giorno della sentenza, infatti, i lavori di manutenzione e di messa in sicurezza della chiesa rupestre di san Basilio non sono mai iniziati e la situazione sta peggiorando di giorno in giorno mentre "Il silenzio di codesto Ente è assordante; l'immobilismo perpetuo; l'indifferenza perenne".
Occorre, dunque, dar seguito a quanto stabilito dai giudici se si vuole salvare un bene che resta una delle mete turistiche più richiese oltre che un importante centro culturale della città, basti pensare a quanta gente ha visitato la chiesa nei giorni dedicati alle festività dell'Immacolata e di santa Lucia.
"E' nostro sogno e speranza che il piano di recupero del Centro Storico, avviato di recente, preveda la sistemazione stradale di via Michelangelo Calderoni; tale strada ha priorità per salvare un bene storico e rendere onore al grande personaggio che è stato Michelangelo Calderoni" concludono i firmatari della missiva.
Di qui l'appello della famiglia Marchetti affinché si realizzino i lavori così che tutta la comunità gravinese possa essere orgogliosa di mostrare al pubblico una bellezza e una realtà, quale è la chiesa di san Basilio mentre la famiglia si impegna a investire "le somme che il giudice ha riconosciuto ai Marchetti come risarcimento saranno destinate al restauro del campanile della chiesa, anch'esso in una situazione quasi di incuria totale; ma ciò non può essere possibile, se non si rimuovono prima le cause del degrado".
Alla fine degli anni 90 si ricorda ancora nella lettera, la chiesa di San Basilio è stata anche oggetto di una pubblicazione nella quel si legge chiara l'intenzione della famiglia: "La famiglia Marchetti dona ai Gravinesi un tesoro nascosto, affinché all'incuria del passato possa seguire una rinascita culturale e dei valori a memoria delle future generazioni".
Oggi, più sinteticamente, si chiama rigenerazione urbana.
a cura di Dario Sette