Cronaca
I pugliesi poveri? Pagano più tasse
La radiografia da uno studio SVIMEZ
Gravina - domenica 27 luglio 2014
11.40
Italia spaccata in due nell'andamento della pressione fiscale: i territori più ricchi riducono i tributi, mentre i più poveri li aumentano.
È quanto emerge dallo studio «Le entrate tributarie dei Comuni italiani dal 2007 al 2012: crisi economica, federalismo e Mezzogiorno» di Federico Pica, Andrea Pierini e Salvatore Villani, pubblicato sull'ultimo numero della Rivista Economica del Mezzogiorno, trimestrale della SVIMEZ diretto da Riccardo Padovani. Condotto su dati SIOPE e del Ministero delle Finanze, lo studio analizza l'andamento delle entrate tributarie dei Comuni e della pressione fiscale dal 2007 (anno antecedente l'esclusione dell'ICI dalle prime case da parte del Governo Berlusconi) al 2012 (anno in cui il Governo Monti reintroduce l'IMU) nelle diverse regioni a statuto ordinario.
Nel 2012, a fronte di un reddito di 29.477 euro pro capite, in media ogni cittadino veneto ha versato al proprio comune di residenza 532 euro. Nello stesso anno, centinaia di chilometri a Sud, nello stesso mare, ogni cittadino pugliese, in media, a fronte di un reddito decisamente più basso di quello del veneto, cioè 17.246 euro e 50 centesimi, ha versato al proprio comune di residenza 3 euro in più, cioè 535 e 50 centesimi.Questo perché al Nord in presenza di una maggiore ricchezza diffusa si possono abbassare le aliquote e ridurre così la pressione fiscale. Sono i territori più ricchi, quindi, a ridurre i tributi. L'andamento della pressione fiscale presenta però forti differenze regionali. L'andamento della pressione fiscale presenta però forti differenze regionali. In assoluto nel 2012 la pressione fiscale più alta spetta ai Comuni liguri e campani, con un valore pari a 3,3%, seguiti dai pugliesi (3,1%).
Lo studio segnala che dal punto di vista delle entrate tributarie, nonostante il grande battage politico sul tema, l'abolizione prima e la reintroduzione poi della tassa sulla casa ICI/IMU "ha prodotto, tra i due anni, un ritorno al punto di partenza". In base all'articolo 53 della Costituzione, il sistema tributario è unitario, anche se articolato territorialmente, e si basa sui criteri della capacità contributiva e della progressività. In realtà, si legge nello studio, in presenza di una spaccatura del Paese tra un Nord regressivo e un Sud progressivo, a parità di ricchezza, i cittadini meridionali pagano di più ma usufruiscono di servizi ben peggiori non in linea con i tributi versati.
In altre parole, in Italia i ricchi non sono tutti uguali; in relazione ai tributi comunali, al Sud pagano di più, al Nord di meno. "Il fenomeno contribuisce ad accrescere le diseguaglianze del Paese e non aiuta a spezzare il circolo vizioso che da sempre frena lo sviluppo delle aree più povere. Il problema potrebbe essere risolto – si legge nello studio – attraverso trasferimenti perequativi".
È quanto emerge dallo studio «Le entrate tributarie dei Comuni italiani dal 2007 al 2012: crisi economica, federalismo e Mezzogiorno» di Federico Pica, Andrea Pierini e Salvatore Villani, pubblicato sull'ultimo numero della Rivista Economica del Mezzogiorno, trimestrale della SVIMEZ diretto da Riccardo Padovani. Condotto su dati SIOPE e del Ministero delle Finanze, lo studio analizza l'andamento delle entrate tributarie dei Comuni e della pressione fiscale dal 2007 (anno antecedente l'esclusione dell'ICI dalle prime case da parte del Governo Berlusconi) al 2012 (anno in cui il Governo Monti reintroduce l'IMU) nelle diverse regioni a statuto ordinario.
Nel 2012, a fronte di un reddito di 29.477 euro pro capite, in media ogni cittadino veneto ha versato al proprio comune di residenza 532 euro. Nello stesso anno, centinaia di chilometri a Sud, nello stesso mare, ogni cittadino pugliese, in media, a fronte di un reddito decisamente più basso di quello del veneto, cioè 17.246 euro e 50 centesimi, ha versato al proprio comune di residenza 3 euro in più, cioè 535 e 50 centesimi.Questo perché al Nord in presenza di una maggiore ricchezza diffusa si possono abbassare le aliquote e ridurre così la pressione fiscale. Sono i territori più ricchi, quindi, a ridurre i tributi. L'andamento della pressione fiscale presenta però forti differenze regionali. L'andamento della pressione fiscale presenta però forti differenze regionali. In assoluto nel 2012 la pressione fiscale più alta spetta ai Comuni liguri e campani, con un valore pari a 3,3%, seguiti dai pugliesi (3,1%).
Lo studio segnala che dal punto di vista delle entrate tributarie, nonostante il grande battage politico sul tema, l'abolizione prima e la reintroduzione poi della tassa sulla casa ICI/IMU "ha prodotto, tra i due anni, un ritorno al punto di partenza". In base all'articolo 53 della Costituzione, il sistema tributario è unitario, anche se articolato territorialmente, e si basa sui criteri della capacità contributiva e della progressività. In realtà, si legge nello studio, in presenza di una spaccatura del Paese tra un Nord regressivo e un Sud progressivo, a parità di ricchezza, i cittadini meridionali pagano di più ma usufruiscono di servizi ben peggiori non in linea con i tributi versati.
In altre parole, in Italia i ricchi non sono tutti uguali; in relazione ai tributi comunali, al Sud pagano di più, al Nord di meno. "Il fenomeno contribuisce ad accrescere le diseguaglianze del Paese e non aiuta a spezzare il circolo vizioso che da sempre frena lo sviluppo delle aree più povere. Il problema potrebbe essere risolto – si legge nello studio – attraverso trasferimenti perequativi".