La città
Silos, inizia il cantiere
Sono partiti i lavori per il progetto autorizzato dal Comune
Gravina - lunedì 19 aprile 2021
9.17
E venne il giorno delle ruspe. L'inizio dei lavori presso il silos di via Spinazzola viene salutato con differenti stati d'animo dalla popolazione gravinese che su questa questione non è mai stata unanime. L'arrivo delle ruspe, infatti, sancisce la definitiva decadenza di ogni ipotesi (ad onor del vero abbastanza utopica) di sospensione del progetto per ragionare su eventuali recuperi e rivalutazioni dell'immobile dal punto di visto archeo- industriale, che finora non hanno però trovato sponde.
In questa notizia i dettagli sul progetto.
C'è chi, come il consigliere comunale Ignazio Lovero, parla di cancellazione dell'identità di una comunità con la caduta del silos che fa il pari –secondo Lovero- con quella della cantina sociale. Secondo alcuni c'è stata una vera a propria accelerazione nell'opera di cantierizzazione ed inizio lavori per evitare eventuali sospensione delle opere che avrebbero potuto ancora evitare l'operazione di trasformazione dell'immobile in unità abitative.
Intanto adesso la si svuoterà della sua anima più profonda: della parte che riguarda i macchinari utilizzati nell'immagazzinamento del grano; cuore pulsante che aveva smesso di battere da tantissimi anni, ma non nei corpi e nelle menti dei gravinesi che avrebbero voluto recuperare la memoria di quell'organo vitale per l'identità cittadina.
Tardiva appare anche la lettera dell'Aipai, l'Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale, nella quale si ritiene il silos granaio meritevole di essere considerato un reperto di archeologia industriale, a partire dai macchinari in esso contenuti che sono parte integrante della struttura e come tali vanno preservati, non scorporandoli dalla loro collocazione nell'immobile. Ragioni che -secondo l'Aipa- stridono con le autorizzazioni che l'impresa ha acquisito per il permesso di costruzione.
A detta dell'Aipa, infatti,- "lo svuotamento dell'edificio comporta la inevitabile perdita delle macchine nella loro collocazione originale e la privazione del circuito industriale delle componenti fondamentali dei silos, così come la demolizione di gran parte delle strutture in cemento armato". Inoltre – si legge nella relazione dell'associazione- "lo svuotamento delle importanti strutture in cemento armato dei silos, solidali alla intelaiatura delle facciate, può rendere estremamente difficoltoso e oneroso, se non impossibile, conservare le rimanenti strutture dell'edificio (come le strutture delle facciate e dei piani superiori), comportando il rischio che in corso d'opera si pervenga ad una richiesta di demolizione del bene nella sua totalità". Annotazioni che -visto l'inizio dei lavori- probabilmente lasciano il tempo che trovano.
Bisogna mordersi le mani per ciò che si poteva fare e non si è fatto: probabilmente, adesso, è troppo tardi per piangere sul latte versato. Forse è il momento di guardare avanti, e per chi dissente con il progetto e sostiene la difesa di alcuni immobili dal valore identitario per la comunità, iniziare a pensare già al prossimo bene da tutelare, così da non arrivare in ritardo e non dare alibi alcuno alla politica che- a detta dei più- in tutti questi anni, almeno sul Silos, non ha saputo interpretare i bisogni reali della comunità.
In questa notizia i dettagli sul progetto.
C'è chi, come il consigliere comunale Ignazio Lovero, parla di cancellazione dell'identità di una comunità con la caduta del silos che fa il pari –secondo Lovero- con quella della cantina sociale. Secondo alcuni c'è stata una vera a propria accelerazione nell'opera di cantierizzazione ed inizio lavori per evitare eventuali sospensione delle opere che avrebbero potuto ancora evitare l'operazione di trasformazione dell'immobile in unità abitative.
Intanto adesso la si svuoterà della sua anima più profonda: della parte che riguarda i macchinari utilizzati nell'immagazzinamento del grano; cuore pulsante che aveva smesso di battere da tantissimi anni, ma non nei corpi e nelle menti dei gravinesi che avrebbero voluto recuperare la memoria di quell'organo vitale per l'identità cittadina.
Tardiva appare anche la lettera dell'Aipai, l'Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale, nella quale si ritiene il silos granaio meritevole di essere considerato un reperto di archeologia industriale, a partire dai macchinari in esso contenuti che sono parte integrante della struttura e come tali vanno preservati, non scorporandoli dalla loro collocazione nell'immobile. Ragioni che -secondo l'Aipa- stridono con le autorizzazioni che l'impresa ha acquisito per il permesso di costruzione.
A detta dell'Aipa, infatti,- "lo svuotamento dell'edificio comporta la inevitabile perdita delle macchine nella loro collocazione originale e la privazione del circuito industriale delle componenti fondamentali dei silos, così come la demolizione di gran parte delle strutture in cemento armato". Inoltre – si legge nella relazione dell'associazione- "lo svuotamento delle importanti strutture in cemento armato dei silos, solidali alla intelaiatura delle facciate, può rendere estremamente difficoltoso e oneroso, se non impossibile, conservare le rimanenti strutture dell'edificio (come le strutture delle facciate e dei piani superiori), comportando il rischio che in corso d'opera si pervenga ad una richiesta di demolizione del bene nella sua totalità". Annotazioni che -visto l'inizio dei lavori- probabilmente lasciano il tempo che trovano.
Bisogna mordersi le mani per ciò che si poteva fare e non si è fatto: probabilmente, adesso, è troppo tardi per piangere sul latte versato. Forse è il momento di guardare avanti, e per chi dissente con il progetto e sostiene la difesa di alcuni immobili dal valore identitario per la comunità, iniziare a pensare già al prossimo bene da tutelare, così da non arrivare in ritardo e non dare alibi alcuno alla politica che- a detta dei più- in tutti questi anni, almeno sul Silos, non ha saputo interpretare i bisogni reali della comunità.