La città
Provincia: Valente gela tutti
“Matera? Soluzione poco praticabile". E apre alla città metropolitana.
Gravina - domenica 5 agosto 2012
18.50
Tutti pazzi per Matera? Quasi. Perchè l'unico che proprio non è d'accordo è uno che conta, uno che può anche andare contro le valutazioni pro-Matera chiaramente espresse, sul punto, da pezzi pur autorevoli di Pd e Udc.
Lui è il sindaco Alesio Valente, e la tempistica degli interventi in cronaca gli assegna, per una volta, anche il ruolo di guastafeste, di realista chiamato a smorzare sul nascere i voli pindarici di gran parte della politica locale.
Secondo Valente, infatti, una volta sciolta la provincia di Bari, e potendo scegliere se aderire a quella di Lecce, Foggia, Matera (per salvarla dall'estinzione) o alla nascitura area metropolitana barese, la soluzione più fattibile sarebbe proprio l'ultima: aderire alla tanto bistrattata città metropolitana di Bari. Opinione diametricalmente opposta a quella trapelata dalle dichiarazioni dei consiglieri pro-Matera, tra i quali i consiglieri comunali Cardascia (Pd) e Lamuraglia (Udc).
Alla base del Valente-pensiero il confronto intrapreso con i sindaci dei Comuni che affluiranno nella costituenda area metropolitana. Confronto avvenuto durante un recente incontro. "Premesso che i tagli alle province difficilmente saranno operativi in tempi brevi, credo che la soluzione relativamente migliore per Gravina sarebbe l'adesione alla città metropolitana", dichiara il primo cittadino, secondo cui la costituzione di una nuova provincia con Matera e altri comuni murgiani sarebbe "realisticamente una soluzione molto difficile da percorrere".
"Statt bunë Matàërë", direbbero i vegliardi. Di suo il sindaco aggiunge: "Con il cuore propenderei per Matera dato che Gravina, da sempre, paga la propria posizione periferica rispetto al capoluogo; purtroppo la strada che porterebbe in Basilicata è molto tortuosa, quasi impraticabile".
In effetti, sono le lungaggini e la complessità dell'iter burocratico previsto per il cambio di Regione a rappresentare la barriera più ostica da superare. L'articolo 132 della Costituzione, modificato nel 2001, recita: "Si può, con referendum e legge della Repubblica, sentiti i consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un'altra".
Una sentenza della Corte Costituzionale risalente al 2004 è riuscita a snellire il percorso di ottenimento del quesito referendario la cui richiesta, prima della suddetta sentenza, necessitava essere correlata da "deliberazioni dei consigli provinciali e dei consigli comunali, delle province e dei comuni di cui si propone il distacco, nonché di tanti consigli provinciali o di tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della restante popolazione della Regione dalla quale è proposto il distacco". Nella sentenza in questione, si legge che "la legittimazione a promuovere la consultazione referendaria spetta soltanto alle popolazioni dell'ente o degli enti interessati al distacco-aggregazione". Ma il cambio di Regione non è ratificato dalla sola approvazione della proposta sottoposta a referendum popolare. Il dibattito, infatti, dovrebbe proseguire in Parlamento, chiamato a decidere circa il possibile cambiamento dei confini regionali dopo aver sentito il parere, obbligatorio ma non vincolante, delle Regioni interessate. Ad oggi, l'unico iter portato a termine è stato quello per il distacco-aggregazione di alcuni comuni marchigiani all'Emilia-Romagna. Trentasette i Comuni in cui, a partire del 2005, i cittadini sono stati chiamati a scegliere se approvare il cambio di regione.
Tempi lunghi, lunghissimi, insomma. Alla faccia della spending review.
Lui è il sindaco Alesio Valente, e la tempistica degli interventi in cronaca gli assegna, per una volta, anche il ruolo di guastafeste, di realista chiamato a smorzare sul nascere i voli pindarici di gran parte della politica locale.
Secondo Valente, infatti, una volta sciolta la provincia di Bari, e potendo scegliere se aderire a quella di Lecce, Foggia, Matera (per salvarla dall'estinzione) o alla nascitura area metropolitana barese, la soluzione più fattibile sarebbe proprio l'ultima: aderire alla tanto bistrattata città metropolitana di Bari. Opinione diametricalmente opposta a quella trapelata dalle dichiarazioni dei consiglieri pro-Matera, tra i quali i consiglieri comunali Cardascia (Pd) e Lamuraglia (Udc).
Alla base del Valente-pensiero il confronto intrapreso con i sindaci dei Comuni che affluiranno nella costituenda area metropolitana. Confronto avvenuto durante un recente incontro. "Premesso che i tagli alle province difficilmente saranno operativi in tempi brevi, credo che la soluzione relativamente migliore per Gravina sarebbe l'adesione alla città metropolitana", dichiara il primo cittadino, secondo cui la costituzione di una nuova provincia con Matera e altri comuni murgiani sarebbe "realisticamente una soluzione molto difficile da percorrere".
"Statt bunë Matàërë", direbbero i vegliardi. Di suo il sindaco aggiunge: "Con il cuore propenderei per Matera dato che Gravina, da sempre, paga la propria posizione periferica rispetto al capoluogo; purtroppo la strada che porterebbe in Basilicata è molto tortuosa, quasi impraticabile".
In effetti, sono le lungaggini e la complessità dell'iter burocratico previsto per il cambio di Regione a rappresentare la barriera più ostica da superare. L'articolo 132 della Costituzione, modificato nel 2001, recita: "Si può, con referendum e legge della Repubblica, sentiti i consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un'altra".
Una sentenza della Corte Costituzionale risalente al 2004 è riuscita a snellire il percorso di ottenimento del quesito referendario la cui richiesta, prima della suddetta sentenza, necessitava essere correlata da "deliberazioni dei consigli provinciali e dei consigli comunali, delle province e dei comuni di cui si propone il distacco, nonché di tanti consigli provinciali o di tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della restante popolazione della Regione dalla quale è proposto il distacco". Nella sentenza in questione, si legge che "la legittimazione a promuovere la consultazione referendaria spetta soltanto alle popolazioni dell'ente o degli enti interessati al distacco-aggregazione". Ma il cambio di Regione non è ratificato dalla sola approvazione della proposta sottoposta a referendum popolare. Il dibattito, infatti, dovrebbe proseguire in Parlamento, chiamato a decidere circa il possibile cambiamento dei confini regionali dopo aver sentito il parere, obbligatorio ma non vincolante, delle Regioni interessate. Ad oggi, l'unico iter portato a termine è stato quello per il distacco-aggregazione di alcuni comuni marchigiani all'Emilia-Romagna. Trentasette i Comuni in cui, a partire del 2005, i cittadini sono stati chiamati a scegliere se approvare il cambio di regione.
Tempi lunghi, lunghissimi, insomma. Alla faccia della spending review.