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locandina "Io speriamo che me la cavo"
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Sold out e applausi al Teatro Vida per "Io speriamo che me la cavo"

Grande successo sabato sera per la riproposizione di un classico della Compagnia "Colpi di Scena".

Tratto dall'omonimo best seller di Marcello D'Orta, da cui è stato tratto anche il film di Lina Wertmuller, lo scorso sabato 10 novembre è andato in scena al Teatro Vida "Io speriamo che me la cavo", un classico del repertorio della Compagnia "Colpi di Scena", riproposto a quattro anni dalla prima rappresentazione, con un cast rinnovato e che ha visto la partecipazione di nove piccoli attori, allievi del Laboratorio Teatrale del teatro Vida.

"Io speriamo che me la cavo" è un affresco che affronta con leggerezza e con l'innocenza e l'umorismo dei bambini storie di vita quotidiana che si dipanano sullo sfondo di un contesto sociale difficile, nel quale la camorra, il contrabbando, il disagio sociale, l'emarginazione sembrano definire un futuro già scritto, immodificabile.

Di ritorno al suo paese natale da Milano per una supplenza annuale presso la stessa scuola che ha frequentato da bambino, il maestro Maurizio Aprile inizia un viaggio nel quale le difficoltà del presente vissuto dai suoi alunni si intrecciano coi suoi ricordi di bambino.
In mezzo alle difficoltà di tutti i giorni, amplificate da un ambiente nel quale farsi le ossa per prepararsi a "ricevere le mazzate fuori" sembra più importante della scuola, il Maestro Aprile coinvolge ed appassiona i suoi alunni proponendo loro la partecipazione ad un concorso teatrale.

Tra le gioie e i dolori quotidiani, a volte piccoli, a volte grandi, come i maldestri tentativi del piccolo Peppino di fare breccia nel cuore della compagna di classe Chantal, la forzata assenza da scuola di Ciro per volontà del padre camorrista, i sogni, le speranze e le paure dei bambini, che emergono efficaci nei loro temi e nei loro dialoghi con il maestro Aprile e con la bidella Brigida, i bambini affrontano con gioia questo nuovo percorso, tra la diffidenza dei genitori e l'aperta ostilità del camorrista Carmine Amitrano.

Sarà il Maestro Aprile a rompere questo muro di diffidenza ed ostilità trovando il coraggio - ispirato dalla consapevolezza del suo ruolo di educatore - di denunciare Carmine, avviando in tal modo un circolo virtuoso nel quale le mamme degli alunni vincono la loro iniziale diffidenza, spinte dal desiderio di riappropriarsi del futuro loro e dei loro figli e nel quale anche Carmine Amitrano, denunciando il proprio Padrino, si ribella finalmente a quel destino da soldato della camorra di cui è stato egli stesso vittima.

Senza più ostacoli, i bambini partono finalmente in pullman per partecipare al concorso teatrale e, metaforicamente, verso un nuovo futuro, un futuro di onestà e di dignità, diverso da quello che sembrava già scritto e libero dal richiamo dei soldi facili della camorra e da quel male che prima seduce e poi, quando rivela la sua vera natura, spaventa e imprigiona.

La messa in scena ha pienamente restituito e trasmesso al pubblico la leggerezza ed il sorriso caratteristici dell'opera dell'autore ed ha in un certo modo rappresentato - data la centralità che l'allestimento ha riservato al tema - un omaggio al teatro, quale forma d'arte terapeutica che purifica, libera energie positive e da' voce alle emozioni.

Brillante, coinvolgente ed emozionante l'interpretazione degli attori, grandi e piccoli; ricca la scenografia, efficace nel calare lo spettatore nel contesto nel quale si svolge la vicenda; coerenti, brillanti ed emozionanti gli inserti musicali e coreografici, che in alcuni casi hanno costituito dei "quadretti" che hanno arricchito e introdotto il racconto, in altri sono stati parte integrante della narrazione.

Evidente e particolarmente efficace, nell'opinione di chi scrive, la scelta chiaramente simbolica di alcuni elementi scenografici e coreografici, tra i quali la già citata partenza in pullman dei bambini, il duplice volto - seducente e malvagio, nascosto da una maschera in questo secondo caso - col quale è presentata la camorra; la luce verde, che è il colore della speranza, che illumina il piccolo Peppino quando si chiede cosa farà da grande; i monologhi finali recitati davanti al sipario chiuso, quasi a fare intendere l'osmosi tra teatro e vita "reale", il messaggio di speranza finale di Chantal, che prende per mano il maestro Aprile e con lui lascia la scena tornando dietro il sipario.

"Io speriamo che me la cavo" andrà ancora in scena al Teatro Purgatorio di Bari il 14 novembre.

I battenti del Teatro Vida riapriranno invece il prossimo giovedì 22 e venerdì 23 novembre per il secondo degli spettacoli tenuti da professionisti che quest'anno arricchiscono il cartellone: "Non è pe le sord, je pe le terris", commedia di Manuel.


di Andrea Mari





13 fototeatro Vida- io speriamo che me la cavo
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