Eventi
Superurbano: proposte di riqualificazione
Arriva a Gravina la mostra della Biennale di architettura. Ma è polemica sulle foto pubblicate da Gravinalife.
Gravina - giovedì 11 ottobre 2012
19.00
"Superurbano è soprattutto un'attitudine culturale auspicata, ispirata dal basso, dalla necessità di collettività, di condivisione, di socialità, di senso di responsabilità verso la polis. È l'idea positiva di un futuro ancora da conquistare".
Dalla definizione di Andrea Boschetti e Michele De Lucchi nasce "Superurbano rigenerazione urbana sostenibile", la mostra della Biennale internazionale di Architettura "Barbara Cappochin" portata a Gravina dal laboratorio urbano "Siamo tutti tufi" e inaugurata mercoledì sera presso il seminario diocesano.
Attraverso 19 esperienze di riqualificazione urbana progettate in tutto il mondo, "Superurbano" si pone come suggerimento per un nuovo modo di costruire città a misura d'uomo, con costruzioni e progetti sostenibili capaci di creare un città inclusiva, completamente connessa con il paesaggio e il territorio circostante. Diciannove proposte che hanno rivalutato e riqualificato pezzi importanti di alcune città puntando sulla riscoperta delle origini e sulla sostenibilità delle nuove costruzioni dal riutilizzo delle acque sino allo sfruttamento delle energie rinnovabili.
La mostra, visibile al pubblico sino al 6 gennaio, è stata allestita nei suggestivi ipogei del seminario diocesano. Un percorso ideale alla scoperta di una città intelligente, inclusiva e sostenibile da cui tratte idee concrete per la Gravina del futuro. O almeno così si spera.
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L'articolo che avete appena finito di leggere, curato dalla nostra bravissima caporedattrice Antonella Testini, era corredato, fino all'alba di venerdì, da una manciata di foto della manifestazione d'apertura della mostra e da scorci panoramici della stessa. Quelle foto non ci sono più. Al loro poste, parole. Per spiegarne la rimozione, richiesta formalmente dagli organizzatori, "Siamo tutti tufi".
Le immagini ritratte dalle macchine fotografiche di Gravinalife, a detta dei promotori dell'evento, sarebbero infatti "brutte e non renderebbero giustizia alla mostra", e questo ci potrebbe pure stare. Ma la richiesta di levarle di mezzo è ancorata anche al fatto che "l'invito rivolto alla redazione era per l'evento inaugurale, cioè la presentazione istituzionale, e non per la parte relativa all'apertura della mostra ed alla visita agli ipogei"; che "la mostra era per la prima parte aperta alle personalità istituzionali: subito dopo sarebbero potute entrare le altre a pagamento (3 euro)"; che di fronte al diniego di personale addetto all'ingresso, la giornalista di Gravinalife, "alla quale era stato spiegato che sarebbe potuta entrare a breve dietro pagamento di biglietto", veniva comunque fatta entrare dopo aver garantito "che avrebbe fatto un giro rapido"; che "l'accesso alla mostra non consentiva però di fare foto, cosa che è vietata anche all'interno dell'esposizione, anche perchè abbiamo accordi commerciali per un catalogo fotografico da realizzare a fine mostra"; che con la fondazione "Barbara Cappochin" ci sono "precisi accordi per non fare effettuare foto non autorizzata"; nessuna presenza dei giornalisti di Gravinalife "era stata anticipata per iscritto", come invece dagli stessi sostenuto.
Noi, dal canto nostro, avremmo potuto rispondere che di fronte al diritto-dovere di cronaca non c'è barriera che tenga; che una volta ammessa la giornalista all'interno, era normale attendersi che questi facesse il suo mestiere; che nessuno le ha chiesto di non realizzare foto, che essendo invece state scattate numerose e con l'utilizzo di flash, avrebbero in ogni caso permesso un intervento immediato che però non c'è mai stato; che le immagini ritratte erano comunque relative alla parte istituzionale della mostra, ovvero alla visita delle istituzioni, e non alle singole opere in essa esposte; che siamo lieti per gli organizzatori che il loro faticoso, apprezzato ed apprezzabile lavoro si traduca anche in accordi commerciali; che per chiudere il caso sarebbe bastato che gli organizzatori accordassero, eventualmente, un consenso tacito e postumo, magari segnalando anche qualche foto loro maggiormente gradita; che della presenza dei giornalisti di Gravinalife, con lo specifico intento di realizzare un servizio nel giorno dell'inaugurazione, era stata data notizia giorni prima e per iscritto agli organizzatori, a mezzo mail, nella persona della dottoressa Maria Giovanna Turturo, in risposta all'invito a prender parte alla presentazione dell'evento, svoltasi a Bari; che per questo, e per il fatto che comunque il diritto-dovere si cronaca si esercita senza pagare biglietti d'ingresso, pensavamo di poter tranquillamente essere ammessi senza essere poi strumentalmente additati come infiltrati a scrocco.
Tutto questo avremmo potuto dire, ed argomentare ancor più e meglio, per rifiutarci legittimamente di rimuovere le foto allegate a completamento dell'articolo. Ma se lo avessimo fatto, avremmo irresponsabilmente condannato la città (che non lo merita) e gli stessi Tufi (dei quali abbiamo trasmesso in diretta web, uno dei loro eventi più recenti), ad essere risucchiati in una polemica che si sarebbe protratta per giorni, forse all'infinito, ed avrebbe cancellato i contorni ed il valore dei contenuti di Superurbano.
Facciamo allora un passo indietro, tenendo tuttavia alta la bandiera delle nostre ragioni e sventolandola pubblicamente, affinchè la città sappia e, se vuole, si interroghi comunque su quanto accaduto. Non certo per poi fare il tifo per gli uni o per gli altri, ma per capire, piuttosto, cosa davvero le manchi per uscire dal recinto delle recriminazioni e dei piagnistei e raggiungere le praterie della speranza e del vero cambiamento.
Noi da quel recinto abbiamo deciso di fuggire, sforzandoci di imparare ad essere giornalisti, per raccontare quel che accade nel cuore e soprattutto nelle viscere di Gravina, andando oltre la patina dell'apparenza e della superficialità che ricopre ogni cosa. Non torneremo indietro, non resteremo fermi. E stamattina saremo al botteghino di Superurbano a pagare il prezzo del biglietto non pagato: non abbiamo privilegi, non ne vogliamo.
Gianpaolo Iacobini
Dalla definizione di Andrea Boschetti e Michele De Lucchi nasce "Superurbano rigenerazione urbana sostenibile", la mostra della Biennale internazionale di Architettura "Barbara Cappochin" portata a Gravina dal laboratorio urbano "Siamo tutti tufi" e inaugurata mercoledì sera presso il seminario diocesano.
Attraverso 19 esperienze di riqualificazione urbana progettate in tutto il mondo, "Superurbano" si pone come suggerimento per un nuovo modo di costruire città a misura d'uomo, con costruzioni e progetti sostenibili capaci di creare un città inclusiva, completamente connessa con il paesaggio e il territorio circostante. Diciannove proposte che hanno rivalutato e riqualificato pezzi importanti di alcune città puntando sulla riscoperta delle origini e sulla sostenibilità delle nuove costruzioni dal riutilizzo delle acque sino allo sfruttamento delle energie rinnovabili.
La mostra, visibile al pubblico sino al 6 gennaio, è stata allestita nei suggestivi ipogei del seminario diocesano. Un percorso ideale alla scoperta di una città intelligente, inclusiva e sostenibile da cui tratte idee concrete per la Gravina del futuro. O almeno così si spera.
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L'articolo che avete appena finito di leggere, curato dalla nostra bravissima caporedattrice Antonella Testini, era corredato, fino all'alba di venerdì, da una manciata di foto della manifestazione d'apertura della mostra e da scorci panoramici della stessa. Quelle foto non ci sono più. Al loro poste, parole. Per spiegarne la rimozione, richiesta formalmente dagli organizzatori, "Siamo tutti tufi".
Le immagini ritratte dalle macchine fotografiche di Gravinalife, a detta dei promotori dell'evento, sarebbero infatti "brutte e non renderebbero giustizia alla mostra", e questo ci potrebbe pure stare. Ma la richiesta di levarle di mezzo è ancorata anche al fatto che "l'invito rivolto alla redazione era per l'evento inaugurale, cioè la presentazione istituzionale, e non per la parte relativa all'apertura della mostra ed alla visita agli ipogei"; che "la mostra era per la prima parte aperta alle personalità istituzionali: subito dopo sarebbero potute entrare le altre a pagamento (3 euro)"; che di fronte al diniego di personale addetto all'ingresso, la giornalista di Gravinalife, "alla quale era stato spiegato che sarebbe potuta entrare a breve dietro pagamento di biglietto", veniva comunque fatta entrare dopo aver garantito "che avrebbe fatto un giro rapido"; che "l'accesso alla mostra non consentiva però di fare foto, cosa che è vietata anche all'interno dell'esposizione, anche perchè abbiamo accordi commerciali per un catalogo fotografico da realizzare a fine mostra"; che con la fondazione "Barbara Cappochin" ci sono "precisi accordi per non fare effettuare foto non autorizzata"; nessuna presenza dei giornalisti di Gravinalife "era stata anticipata per iscritto", come invece dagli stessi sostenuto.
Noi, dal canto nostro, avremmo potuto rispondere che di fronte al diritto-dovere di cronaca non c'è barriera che tenga; che una volta ammessa la giornalista all'interno, era normale attendersi che questi facesse il suo mestiere; che nessuno le ha chiesto di non realizzare foto, che essendo invece state scattate numerose e con l'utilizzo di flash, avrebbero in ogni caso permesso un intervento immediato che però non c'è mai stato; che le immagini ritratte erano comunque relative alla parte istituzionale della mostra, ovvero alla visita delle istituzioni, e non alle singole opere in essa esposte; che siamo lieti per gli organizzatori che il loro faticoso, apprezzato ed apprezzabile lavoro si traduca anche in accordi commerciali; che per chiudere il caso sarebbe bastato che gli organizzatori accordassero, eventualmente, un consenso tacito e postumo, magari segnalando anche qualche foto loro maggiormente gradita; che della presenza dei giornalisti di Gravinalife, con lo specifico intento di realizzare un servizio nel giorno dell'inaugurazione, era stata data notizia giorni prima e per iscritto agli organizzatori, a mezzo mail, nella persona della dottoressa Maria Giovanna Turturo, in risposta all'invito a prender parte alla presentazione dell'evento, svoltasi a Bari; che per questo, e per il fatto che comunque il diritto-dovere si cronaca si esercita senza pagare biglietti d'ingresso, pensavamo di poter tranquillamente essere ammessi senza essere poi strumentalmente additati come infiltrati a scrocco.
Tutto questo avremmo potuto dire, ed argomentare ancor più e meglio, per rifiutarci legittimamente di rimuovere le foto allegate a completamento dell'articolo. Ma se lo avessimo fatto, avremmo irresponsabilmente condannato la città (che non lo merita) e gli stessi Tufi (dei quali abbiamo trasmesso in diretta web, uno dei loro eventi più recenti), ad essere risucchiati in una polemica che si sarebbe protratta per giorni, forse all'infinito, ed avrebbe cancellato i contorni ed il valore dei contenuti di Superurbano.
Facciamo allora un passo indietro, tenendo tuttavia alta la bandiera delle nostre ragioni e sventolandola pubblicamente, affinchè la città sappia e, se vuole, si interroghi comunque su quanto accaduto. Non certo per poi fare il tifo per gli uni o per gli altri, ma per capire, piuttosto, cosa davvero le manchi per uscire dal recinto delle recriminazioni e dei piagnistei e raggiungere le praterie della speranza e del vero cambiamento.
Noi da quel recinto abbiamo deciso di fuggire, sforzandoci di imparare ad essere giornalisti, per raccontare quel che accade nel cuore e soprattutto nelle viscere di Gravina, andando oltre la patina dell'apparenza e della superficialità che ricopre ogni cosa. Non torneremo indietro, non resteremo fermi. E stamattina saremo al botteghino di Superurbano a pagare il prezzo del biglietto non pagato: non abbiamo privilegi, non ne vogliamo.
Gianpaolo Iacobini