Cronaca
Un'altra inchiesta giudiziaria tocca Palazzo di città
Nel mirino le modifiche al regolamento edilizio. Al vaglio alcune scelte della precedente amministrazione comunale.
Gravina - giovedì 2 maggio 2013
10.50
Non c'è pace per la politica gravinese, già turbata dallo scandalo delle commissioni consiliari e che ora rischia di essere travolta da un'altra vicenda, legata alla modifica del regolamento edilizio comunale.
Non ci sono conferme, nè potrebbero essercene, visto che il riserbo istruttorio permea, rendendola invisibile, un'inchiesta che sarebbe ancora in corso. Ma che qualcosa negli ambienti giudiziari si muova, lo testimonierebbe la processione in Procura di amministratori comunali. Nei giorni della fiera di san Giorgio, stando ad indiscrezioni attendibili, diversi ex consiglieri comunali in carica durante la passata consiliatura, alcuni dei quali nel Maggio del 2012 riconfermati dal voto popolare tra i banchi dell'assemblea consiliare, sarebbero stati sentiti dai magistrati baresi come persone informate dei fatti, dunque come testimoni, dopo una denuncia sulla presunta illegittimità di una delle ultime delibere del governo cittadino di centrodestra guidato da Giovanni Divella.
La vicenda riguarderebbe la modifica del regolamento edilizio comunale, questione peraltro già nota alle cronache politiche del tempo. Dagli archivi: correva l'anno 2010 e il consiglio comunale presieduto da Giuseppe Peragina approvava la delibera n. 10 del 21 aprile con cui, sulla base di una vecchia modifica regolamentare proposta nel 1995 mai portata a termine (delibera consiliare n. 91/1995), si apportavano modifiche al medesimo regolamento, stabilendo stabilendo che "i locali a piano terra adibiti a commercio devono avere un'altezza minima di 3,00 metri anziché 3,50 come stabilito nel 1990 dal piano regolatore comunale". Nella stessa delibera si stabiliva che "i locali destinati a laboratori e autorimesse per attività artigianali o industriali ove l'attività riguardi officine metalliche, con non più di 5 dipendenti, devono avere un'altezza netta di 3,50 mt (invece dei 4 metri previsti nell'originario Prg)". Inoltre il consiglio decideva di fissare in 30 giorni il termine ultimo per la presentazione di eventuali osservazioni da parte dei cittadini. Osservazioni che poco dopo arrivavano solo a firma di Pietro Capone, proprietario di alcuni locali, in campo per denunciare l'illegittimità del provvedimento poiché approvato con i voti di alcuni consiglieri che, a a detta del ricorrente, versavano in una situazione di presunto conflitto di interessi in quanto proprietari e amministratori essi stessi di alcuni immobili (o parenti di proprietari di locali) costruiti dopo l'approvazione del Prg (che imponeva l'altezza di 3,50 mt per i locali commerciali) che difatti risultavano avere altezza pari a 3 metri. Segnalazioni inviate anche al Prefetto ma di cui il consiglio comunale, nella seduta dell'ottobre 2010, sceglieva di non tener conto, approvando la delibera anche con i voti dell'allora opposizione di centrosinistra, in quanto "in nessun punto dell'atto deliberativo è asserita la retroattività del provvedimento, anzi al contrario è chiaramente sancito in esso che il suo effetto decorre dal completamento dell'iter procedurale".
Punti di vista e interpretazioni, anche in punto di diritto, diversi. Ora la magistratura avrebbe deciso di vederci chiaro e, a quanto pare, avrebbe avviato accertamenti e verifiche, convocando consiglieri comunali del passato e (in parte) del presente, per ottenere chiarimenti utili all'inchiesta.
Non ci sono conferme, nè potrebbero essercene, visto che il riserbo istruttorio permea, rendendola invisibile, un'inchiesta che sarebbe ancora in corso. Ma che qualcosa negli ambienti giudiziari si muova, lo testimonierebbe la processione in Procura di amministratori comunali. Nei giorni della fiera di san Giorgio, stando ad indiscrezioni attendibili, diversi ex consiglieri comunali in carica durante la passata consiliatura, alcuni dei quali nel Maggio del 2012 riconfermati dal voto popolare tra i banchi dell'assemblea consiliare, sarebbero stati sentiti dai magistrati baresi come persone informate dei fatti, dunque come testimoni, dopo una denuncia sulla presunta illegittimità di una delle ultime delibere del governo cittadino di centrodestra guidato da Giovanni Divella.
La vicenda riguarderebbe la modifica del regolamento edilizio comunale, questione peraltro già nota alle cronache politiche del tempo. Dagli archivi: correva l'anno 2010 e il consiglio comunale presieduto da Giuseppe Peragina approvava la delibera n. 10 del 21 aprile con cui, sulla base di una vecchia modifica regolamentare proposta nel 1995 mai portata a termine (delibera consiliare n. 91/1995), si apportavano modifiche al medesimo regolamento, stabilendo stabilendo che "i locali a piano terra adibiti a commercio devono avere un'altezza minima di 3,00 metri anziché 3,50 come stabilito nel 1990 dal piano regolatore comunale". Nella stessa delibera si stabiliva che "i locali destinati a laboratori e autorimesse per attività artigianali o industriali ove l'attività riguardi officine metalliche, con non più di 5 dipendenti, devono avere un'altezza netta di 3,50 mt (invece dei 4 metri previsti nell'originario Prg)". Inoltre il consiglio decideva di fissare in 30 giorni il termine ultimo per la presentazione di eventuali osservazioni da parte dei cittadini. Osservazioni che poco dopo arrivavano solo a firma di Pietro Capone, proprietario di alcuni locali, in campo per denunciare l'illegittimità del provvedimento poiché approvato con i voti di alcuni consiglieri che, a a detta del ricorrente, versavano in una situazione di presunto conflitto di interessi in quanto proprietari e amministratori essi stessi di alcuni immobili (o parenti di proprietari di locali) costruiti dopo l'approvazione del Prg (che imponeva l'altezza di 3,50 mt per i locali commerciali) che difatti risultavano avere altezza pari a 3 metri. Segnalazioni inviate anche al Prefetto ma di cui il consiglio comunale, nella seduta dell'ottobre 2010, sceglieva di non tener conto, approvando la delibera anche con i voti dell'allora opposizione di centrosinistra, in quanto "in nessun punto dell'atto deliberativo è asserita la retroattività del provvedimento, anzi al contrario è chiaramente sancito in esso che il suo effetto decorre dal completamento dell'iter procedurale".
Punti di vista e interpretazioni, anche in punto di diritto, diversi. Ora la magistratura avrebbe deciso di vederci chiaro e, a quanto pare, avrebbe avviato accertamenti e verifiche, convocando consiglieri comunali del passato e (in parte) del presente, per ottenere chiarimenti utili all'inchiesta.