Eventi
Vida, bel successo per “R.U.R. Rossum’s Universal Robot”
Dalla compagnia “Torre del Drago” una rivisitazione dell’opera del 1920 di Čapek. Temi sempre attuali
Gravina - martedì 22 ottobre 2019
Cosa succederebbe se il mondo fosse dominato da automi? Cosa avverrebbe se i robot prendessero il sopravvento sugli uomini? Cosa accadrebbe se l'uomo, volendosi sostituire a Dio, creasse un universo fatto di robot? E ancora: Se sono l'anima ed i sentimenti a differenziare gli uomini dai robot, cosa capiterebbe se gli automi fossero dotati di paura e di dolore? Domande che hanno intriso il percorso della rappresentazione portata in scena lo scorso fine settimana al Vida dalla compagnia teatrale "Torre del Drago" di Bitritto.
Un'opera teatrale dai risvolti drammatici con momenti esilaranti, ma che non si esime dal suo intento pedagogico di portare lo spettatore ad una profonda riflessione. "R.U.R. Rossum's Universal Robot", del 1920 di del ceco Karel Čapek, riadattata magnificamente dal regista Luigi Facchino e portata in scena magistralmente dai giovani attori della "Torre del Drago" è riuscita a far emozionare tutti i presenti, portandoli a meditare sul pericolo che si corre quando la presunzione dell'uomo lo porta a volersi sostituirsi a Dio per creare degli uomini "migliori".
Scenografie e costumi curati nei minimi particolari, colonna sonora che ha trasportato gli spettatori con il giusto pathos, da una scena ad un'altra, senza mai perdere di vista l'obiettivo finale. Un argomento di estrema attualità: il rischio che accompagna il trionfo del progresso, nel momento in cui l'uomo si arroga il diritto di creare automi sempre più simili a lui. Non solo macchine che lo sostituiscono instancabilmente nel lavoro "senza passione, senza storia e senza anima", ma robot che, sempre più affinati, provano paura e dolore, sentimenti che li portano alla ribellione verso il loro "padrone-creatore" sul quale prenderanno il sopravvento.
Un peccato di arroganza dei potenti del mondo, che si ritorcerà contro di loro, nonostante la voce del popolo (rappresentata dalla figura comica e folcloristica di una splendida Rossella Viesti nel ruolo della Tata) li metta in guardia dai pericoli che accompagnano tale vanità. Un eccesso di presunzione degli umani, pagato a caro prezzo.
Cosa rimane allora del mondo e degli uomini dopo che i robot hanno smesso di essere macchine e sono stati dotati di consapevolezza? Solo macerie? "L'uomo piange per ciò che ha pensato potesse condurlo alla salvezza e non avrebbe dovuto sfidare ciò che tutto ha creato"- dice Primus, uno degli automi che più di altri manifesta la presenza di sentimenti che lo stanno umanizzando.
Insomma, al Vida è andata in scena un'opera, a volte grottesca a volte drammatica, di grande potenza scenica retta da un importate messaggio morale. Perché non c'è da disperarsi ed essere catastrofisti quando tutto sembra perduto e pare che il mondo debba finire: "L'amore non morirà e genererà il seme della vita". Questo il messaggio di speranza che la compagnia "Torre del Drago" ha lasciato in eredità al pubblico del Vida, che ha ricambiato riservando agli attori ed al regista una moltitudine di applausi.
Roberto Varvara
Un'opera teatrale dai risvolti drammatici con momenti esilaranti, ma che non si esime dal suo intento pedagogico di portare lo spettatore ad una profonda riflessione. "R.U.R. Rossum's Universal Robot", del 1920 di del ceco Karel Čapek, riadattata magnificamente dal regista Luigi Facchino e portata in scena magistralmente dai giovani attori della "Torre del Drago" è riuscita a far emozionare tutti i presenti, portandoli a meditare sul pericolo che si corre quando la presunzione dell'uomo lo porta a volersi sostituirsi a Dio per creare degli uomini "migliori".
Scenografie e costumi curati nei minimi particolari, colonna sonora che ha trasportato gli spettatori con il giusto pathos, da una scena ad un'altra, senza mai perdere di vista l'obiettivo finale. Un argomento di estrema attualità: il rischio che accompagna il trionfo del progresso, nel momento in cui l'uomo si arroga il diritto di creare automi sempre più simili a lui. Non solo macchine che lo sostituiscono instancabilmente nel lavoro "senza passione, senza storia e senza anima", ma robot che, sempre più affinati, provano paura e dolore, sentimenti che li portano alla ribellione verso il loro "padrone-creatore" sul quale prenderanno il sopravvento.
Un peccato di arroganza dei potenti del mondo, che si ritorcerà contro di loro, nonostante la voce del popolo (rappresentata dalla figura comica e folcloristica di una splendida Rossella Viesti nel ruolo della Tata) li metta in guardia dai pericoli che accompagnano tale vanità. Un eccesso di presunzione degli umani, pagato a caro prezzo.
Cosa rimane allora del mondo e degli uomini dopo che i robot hanno smesso di essere macchine e sono stati dotati di consapevolezza? Solo macerie? "L'uomo piange per ciò che ha pensato potesse condurlo alla salvezza e non avrebbe dovuto sfidare ciò che tutto ha creato"- dice Primus, uno degli automi che più di altri manifesta la presenza di sentimenti che lo stanno umanizzando.
Insomma, al Vida è andata in scena un'opera, a volte grottesca a volte drammatica, di grande potenza scenica retta da un importate messaggio morale. Perché non c'è da disperarsi ed essere catastrofisti quando tutto sembra perduto e pare che il mondo debba finire: "L'amore non morirà e genererà il seme della vita". Questo il messaggio di speranza che la compagnia "Torre del Drago" ha lasciato in eredità al pubblico del Vida, che ha ricambiato riservando agli attori ed al regista una moltitudine di applausi.
Roberto Varvara