Lettere alla redazione
Affreschi di San vito vecchio, Giuseppe Massari scrive alle associazioni culturali
Mobilitiamoci prima che sia troppo tardi
mercoledì 18 marzo 2015
11.00
Dal giornalista Giuseppe Massari riceviamo e pubblichiamo una lettera indirizzata ai presidenti delle associazioni culturali di Gravina per chiedere una presa di posizione in merito alla vicenda riguardante gli affreschi di San Vito Vecchio minacciati dall'umidità e dal degrado.
"Illustrissimi signori presidenti,
nonostante i miei continui solleciti, le mie giustificate preoccupazioni sullo stato di salute in cui versano gli affreschi della chiesa di san Vito Vecchio e il non consequenziale intervento delle tante e numerose Associazioni culturali che operano nella nostra città. Non una voce, non una presa di posizione, non una dichiarazione, non un comunicato. Constatato, pertanto, il silenzio di piombo, la lastra di silenzio caduta sulla vicenda, tra abbandono, menefreghismo, disinteresse, incuria, capotica ignoranza, ho deciso di scrivervi, di rompere gli indugi, attraverso le testate giornalistiche locali che, mi auguro, continueranno a farsi carico diffusamente della vicenda, per sollecitarvi, per spronarvi ad uscire dal ghetto dell'indifferenza. Sul problema non può esserci una visione personalistica, come da qualche parte si sente, a mò di spiffero, o si dichiara con leggerezza, senza una motivazione certa, sicura, ufficiale, affidabile.
Senza un riscontro documentale e dall'altra, la certezza di dati inconfutabili ed incontrovertibili, racchiusi in due distinte relazioni ufficiali in cui si afferma, con rigore scientifico, che quelle opere d'arti abbisognano di cure urgenti, immediate, non rinviabili. Questo significa una sola cosa. Mobilitarsi, prima che sia troppo tardi. Impegnarsi per scoprire le ragioni di una urgente azione di recupero, abbandonando quelle che possono essere le croste o le ruggini personali di qualcuno. Qui, non c'è personalismo che tenga. Non deve esserci nessun tentativo di speculazione personale, adombrata, magari, anche sotto mentite spoglie o con scarsa capacità di coraggio, da parte di qualcuno, abituato ad ignorare il problema, perché bisogna annientare la persona che lo solleva, che se ne fa carico, come è stile diffuso in questa città, con cognizione di causa e non sotto la spinta emotiva della vendetta.
Parlare, agire con carte alla mano è quello che conta. Il resto, bisogna lasciarlo nelle mani di chi non ha strumenti legittimi, idonei e razionali per poter esprimere, neanche, il solo fiato di una sillaba, di una vocale. Anzi, non dovrebbe sprecarsi neanche ad aprire la bocca. Il senso di questa mia lettera è fare uscire le canaglie nascoste. Riportare la discussione su tesi di confronti e non sui capricci di qualche persona non degna di occupare certi posti di responsabilità a livello di istituzioni pubbliche. Serve la coralità di un'azione coraggiosa per capire dove sta la verità dei fatti. Per capire chi mente e chi, coscienziosamente, non solleva un polverone, ma, preoccupato, eleva il suo grido per evitare che queste opere murali facciano la fine di tante altre andate perse, distrutte nel corso dei lunghi anni in cui si pensava a cementificare la città e non la cultura, dotandola di quella rete, di quel reticolato di cemento armato che l'ha solo abbruttita e fatto arricchire solo i pezzenti, i miserabili immischiatisi nella politica degli affari, quelli che, in sostanza, sono diventati, gli atei della politica, gli atei della cultura, della storia, i cultori della casta, i fedeli del materialismo. Credo, serva un po' di coraggio, da parte di ognuno per riprendersi il passato, per evitare ulteriori scempi, per non continuare a vivere sulle distruzioni, sulle rovine, come un paese terremotato non in grado di avviare la sua importante opera di ricostruzione.
Mi aspetto ogni iniziativa aperta al confronto, alla dialettica, senza troppo discutere, perché, a volte, le parole, diluite nel tempo o nei tempi hanno prodotto disastri e ritardi ma, soprattutto, distrazioni, disattenzioni e disaffezioni. Da semplice cittadino, sensibile alla tematica evidenziata, ho provato a sollecitarvi, stuzzicarvi. Non vorrei andare deluso. Vorrei provare a ricredermi, a sognare, continuare a sognare in una città dove la scritta, ormai, permanente, che si legge è quella ripresa dal III canto dell'Inferno dantesco : "Lasciate ogni speranza, o voi che entrate".
Giuseppe Massari. Un gravinese qualunque.
"Illustrissimi signori presidenti,
nonostante i miei continui solleciti, le mie giustificate preoccupazioni sullo stato di salute in cui versano gli affreschi della chiesa di san Vito Vecchio e il non consequenziale intervento delle tante e numerose Associazioni culturali che operano nella nostra città. Non una voce, non una presa di posizione, non una dichiarazione, non un comunicato. Constatato, pertanto, il silenzio di piombo, la lastra di silenzio caduta sulla vicenda, tra abbandono, menefreghismo, disinteresse, incuria, capotica ignoranza, ho deciso di scrivervi, di rompere gli indugi, attraverso le testate giornalistiche locali che, mi auguro, continueranno a farsi carico diffusamente della vicenda, per sollecitarvi, per spronarvi ad uscire dal ghetto dell'indifferenza. Sul problema non può esserci una visione personalistica, come da qualche parte si sente, a mò di spiffero, o si dichiara con leggerezza, senza una motivazione certa, sicura, ufficiale, affidabile.
Senza un riscontro documentale e dall'altra, la certezza di dati inconfutabili ed incontrovertibili, racchiusi in due distinte relazioni ufficiali in cui si afferma, con rigore scientifico, che quelle opere d'arti abbisognano di cure urgenti, immediate, non rinviabili. Questo significa una sola cosa. Mobilitarsi, prima che sia troppo tardi. Impegnarsi per scoprire le ragioni di una urgente azione di recupero, abbandonando quelle che possono essere le croste o le ruggini personali di qualcuno. Qui, non c'è personalismo che tenga. Non deve esserci nessun tentativo di speculazione personale, adombrata, magari, anche sotto mentite spoglie o con scarsa capacità di coraggio, da parte di qualcuno, abituato ad ignorare il problema, perché bisogna annientare la persona che lo solleva, che se ne fa carico, come è stile diffuso in questa città, con cognizione di causa e non sotto la spinta emotiva della vendetta.
Parlare, agire con carte alla mano è quello che conta. Il resto, bisogna lasciarlo nelle mani di chi non ha strumenti legittimi, idonei e razionali per poter esprimere, neanche, il solo fiato di una sillaba, di una vocale. Anzi, non dovrebbe sprecarsi neanche ad aprire la bocca. Il senso di questa mia lettera è fare uscire le canaglie nascoste. Riportare la discussione su tesi di confronti e non sui capricci di qualche persona non degna di occupare certi posti di responsabilità a livello di istituzioni pubbliche. Serve la coralità di un'azione coraggiosa per capire dove sta la verità dei fatti. Per capire chi mente e chi, coscienziosamente, non solleva un polverone, ma, preoccupato, eleva il suo grido per evitare che queste opere murali facciano la fine di tante altre andate perse, distrutte nel corso dei lunghi anni in cui si pensava a cementificare la città e non la cultura, dotandola di quella rete, di quel reticolato di cemento armato che l'ha solo abbruttita e fatto arricchire solo i pezzenti, i miserabili immischiatisi nella politica degli affari, quelli che, in sostanza, sono diventati, gli atei della politica, gli atei della cultura, della storia, i cultori della casta, i fedeli del materialismo. Credo, serva un po' di coraggio, da parte di ognuno per riprendersi il passato, per evitare ulteriori scempi, per non continuare a vivere sulle distruzioni, sulle rovine, come un paese terremotato non in grado di avviare la sua importante opera di ricostruzione.
Mi aspetto ogni iniziativa aperta al confronto, alla dialettica, senza troppo discutere, perché, a volte, le parole, diluite nel tempo o nei tempi hanno prodotto disastri e ritardi ma, soprattutto, distrazioni, disattenzioni e disaffezioni. Da semplice cittadino, sensibile alla tematica evidenziata, ho provato a sollecitarvi, stuzzicarvi. Non vorrei andare deluso. Vorrei provare a ricredermi, a sognare, continuare a sognare in una città dove la scritta, ormai, permanente, che si legge è quella ripresa dal III canto dell'Inferno dantesco : "Lasciate ogni speranza, o voi che entrate".
Giuseppe Massari. Un gravinese qualunque.