Lettere alla redazione
Caso Epitaffio: il Comune risponde
"Precisazioni utili a chiarire i fatti"
giovedì 28 novembre 2013
11.39
Spettabile Redazione,
con riferimento all'articolo da Voi pubblicato in data 26 novembre 2013, dal titolo "Scuola Epitaffio: il Comune inciampa sull'appello", si ritiene doveroso, da parte del Comune di Gravina, offrire delle precisazioni che si ritiene valgano da sole a chiarire e rovesciare una prospettazione dei fatti non rispondente alla realtà.
Nell'articolo in questione si sostiene – si cita testualmente – "che a seguito della morte dei signori Michele e Salvatore Capone", evento che "per strategia processuale dei loro rispettivi eredi non è stata dichiarata in giudizio e neppure comunicata ai loro rispettivi difensori", in maniera tale "da indurre in errore gli avvocati comunali", rischi adesso "di saltare la sospensiva della sentenza concessa dalla Corte d'Appello di Bari al Comune di Gravina, condannato a pagare 3.000.000 di euro". Segue l'affermazione secondo cui la richiesta di rimessione in termini per la notifica dell'appello anche agli eredi dei defunti sarebbe stata "interamente rigettata dal giudice, che ha dichiarato l'appello inammissibile nei confronti della famiglia Capone. Il giudizio di secondo grado prosegue, ma non è difficile immaginare che anche gli altri proprietari a cui il Tribunale ha dato ragione, presto batteranno casa".
Sin qui l'Avvocatura Comunale, con la proposizione dell'appello, è riuscita a spuntare un abbuono pari al 50% delle somme vantate dai creditori, ottenendo la limitazione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata "a importi esattamente pari alla metà di quanto stabilito in dispositivo a favore di ciascuna parte creditrice". Precisato, a tal proposito, come il debito del Comune nei confronti degli eredi Capone sia pari a 18.000 euro (e non a 3.000.000 di euro), e che il processo d'appello risulta essere stato regolarmente incardinato nei riguardi di tutte le altre parti interessate, si rileva come non esistano, agli atti del fascicolo di causa, documenti o provvedimenti dai quali possa evincersi, come invece sostenuto, che il giudice "abbia dichiarato l'appello inammissibile nei confronti della famiglia Capone", che la sentenza "sia diventata irrevocabile", che "gli altri proprietari batteranno cassa" perché "la sospensiva rischia di saltare".
Al contrario, per come stabilito dal codice di procedura civile, la sospensiva potrà essere revocata soltanto con la sentenza che definirà il giudizio, poiché da questa assorbita. Inoltre, ad onor del vero, secondo quanto in atti, la Corte d'Appello non ha dichiarato inammissibile l'appello nei confronti degli eredi Capone, ma si è limitata a rigettare l'istanza di integrazione presentata dall'Avvocatura Comunale, ritenendo – si legge nel relativo provvedimento – "che allo stato non vi è necessità di integrare il contraddittorio". Conseguentemente, la causa, aggiornata per il prosieguo alla fine del 2014, proseguirà tra le parti originarie.
Questi elementi sarebbero stati posti volentieri a disposizione dei cronisti e dell'opinione pubblica se solo fossero stati richiesti. Resta la convinzione che i processi debbano svolgersi nelle aule giudiziarie e che le sentenze vadano scritte da chi, per legge, deve farlo: i giudici.
Ufficio stampa
Comune di Gravina in Puglia
con riferimento all'articolo da Voi pubblicato in data 26 novembre 2013, dal titolo "Scuola Epitaffio: il Comune inciampa sull'appello", si ritiene doveroso, da parte del Comune di Gravina, offrire delle precisazioni che si ritiene valgano da sole a chiarire e rovesciare una prospettazione dei fatti non rispondente alla realtà.
Nell'articolo in questione si sostiene – si cita testualmente – "che a seguito della morte dei signori Michele e Salvatore Capone", evento che "per strategia processuale dei loro rispettivi eredi non è stata dichiarata in giudizio e neppure comunicata ai loro rispettivi difensori", in maniera tale "da indurre in errore gli avvocati comunali", rischi adesso "di saltare la sospensiva della sentenza concessa dalla Corte d'Appello di Bari al Comune di Gravina, condannato a pagare 3.000.000 di euro". Segue l'affermazione secondo cui la richiesta di rimessione in termini per la notifica dell'appello anche agli eredi dei defunti sarebbe stata "interamente rigettata dal giudice, che ha dichiarato l'appello inammissibile nei confronti della famiglia Capone. Il giudizio di secondo grado prosegue, ma non è difficile immaginare che anche gli altri proprietari a cui il Tribunale ha dato ragione, presto batteranno casa".
Sin qui l'Avvocatura Comunale, con la proposizione dell'appello, è riuscita a spuntare un abbuono pari al 50% delle somme vantate dai creditori, ottenendo la limitazione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata "a importi esattamente pari alla metà di quanto stabilito in dispositivo a favore di ciascuna parte creditrice". Precisato, a tal proposito, come il debito del Comune nei confronti degli eredi Capone sia pari a 18.000 euro (e non a 3.000.000 di euro), e che il processo d'appello risulta essere stato regolarmente incardinato nei riguardi di tutte le altre parti interessate, si rileva come non esistano, agli atti del fascicolo di causa, documenti o provvedimenti dai quali possa evincersi, come invece sostenuto, che il giudice "abbia dichiarato l'appello inammissibile nei confronti della famiglia Capone", che la sentenza "sia diventata irrevocabile", che "gli altri proprietari batteranno cassa" perché "la sospensiva rischia di saltare".
Al contrario, per come stabilito dal codice di procedura civile, la sospensiva potrà essere revocata soltanto con la sentenza che definirà il giudizio, poiché da questa assorbita. Inoltre, ad onor del vero, secondo quanto in atti, la Corte d'Appello non ha dichiarato inammissibile l'appello nei confronti degli eredi Capone, ma si è limitata a rigettare l'istanza di integrazione presentata dall'Avvocatura Comunale, ritenendo – si legge nel relativo provvedimento – "che allo stato non vi è necessità di integrare il contraddittorio". Conseguentemente, la causa, aggiornata per il prosieguo alla fine del 2014, proseguirà tra le parti originarie.
Questi elementi sarebbero stati posti volentieri a disposizione dei cronisti e dell'opinione pubblica se solo fossero stati richiesti. Resta la convinzione che i processi debbano svolgersi nelle aule giudiziarie e che le sentenze vadano scritte da chi, per legge, deve farlo: i giudici.
Ufficio stampa
Comune di Gravina in Puglia