IL CENTRALINISTA - u centralenìste
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Mestieri e società

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Rubrica "Mestieri e società" a cura di Michele Gismundo e Giuseppe Marrulli

Il mestiere del centralinista vede come protagonista il telefono. La sua evoluzione è pertanto strettamente legata allo sviluppo tecnologico nel campo delle telecomunicazioni. Il telefono, peraltro, rappresenta il simbolo del cambiamento sociale attraversato dalla nostra civiltà, in quanto dietro le apparecchiature tecniche vibra tutto un mondo di relazioni e di informazioni, anche se oggi la tecnologia delle informazioni e delle comunicazioni sembra aver relegato l'apparecchio telefonico a un ruolo di secondo piano, soppiantato dal telefono cellulare sul quale convergono applicazioni che costituiscono oramai il mezzo più diffuso per scambiare conversazioni, informazioni, progetti e idee. Ma come dimenticare tutto il patrimonio di vita vissuta che è rimasto legato all'uso del telefono? Colpisce, in particolare, la suggestione di alcuni lavori del cinema incentrati sulle questioni o sulle situazioni che può suscitare un collegamento telefonico.

Nel film "La telefonista" di Nunzio Malasomma del 1934 l'operatrice è raffigurata con cuffia e microfono. Un nugolo di signorine in divisa che lavorano in una grande centrale telefonica dà vita a simpatiche storielle, in genere sentimentali. Il film Il delitto perfetto di A. Hitchcock (1954) parte con l'inquadratura di un telefono a disco su cui scorrono i titoli di testa. Sul disco la lettera M è evidenziata in rosso e sta per l'iniziale della parola inglese Murder cioè il delitto. All'ora convenuta il sig. Wendice farà squillare il telefono avvisando così il sicario che può uccidere sua moglie che in quel momento andrà a rispondere. Nel film Il terrore corre sul filo di Anatole Litvak (1948) la protagonista, a letto per una malattia, cerca di contattare al telefono il marito che tarda a rientrare ma, per un errore del centralino, ascolta la conversazione tra due uomini che stanno per andare a uccidere una donna - lei stessa - che sanno essere sola in casa. Ma è più corretto dire centralinista o telefonista? Il centralinista, a volte chiamato anche operatore di call center è una figura professionale tutelata da un apposito contratto collettivo nazionale di lavoro a progetto. Di solito si dedica alle telefonate che partono e arrivano in uno studio o in un'azienda. Un tempo era un lavoro totalmente manuale, che consisteva nell'inserire ed estrarre manualmente le prese a jack nella consolle di collegamento.

Il telefonista, secondo il vocabolario Treccani, è l'impiegato addetto alle comunicazioni telefoniche e allo smistamento delle chiamate presso enti pubblici e privati. Viene chiamato così anche l'operaio addetto all'impianto e alla manutenzione di linee e apparecchi telefonici. In buona sostanza i due termini si equivalgono.
Quando fu assunto al Comune nel 1961 Michele Dimattia era giovanissimo ma già sposato con Maria Falco, ebbe due figli: Francesco e Stefania. Pagava 5 mila lire al mese per il fitto di casa e doveva trovare subito un'occupazione. Partecipò al concorso per due vigili urbani ma si classificò al terzo posto, così il sindaco Antonio Patimo gli propose di coprire il turno di notte, dalle ventidue alle otto, presso il centralino della Società dei Telefoni (SIP) in via Libertà, a fianco dell'ufficio postale. Le esigenze di famiglia lo indussero ad accettare quel lavoro nonostante una paga di 33 mila lire al mese, che era pur sempre uno stipendio da fame ma con quei soldi poteva far fronte alle necessità più impellenti. In ogni caso rimaneva un dipendente del Comune, che si fece carico di quell'onere poiché la società telefonica non prevedeva orari di lavoro notturni. Michele non si perse d'animo e trovò nello stesso tempo altre maniere per far crescere le entrate. Nel centralino lavoravano di giorno due persone alle dipendenze della SIP, i fratelli Cipriani. Michele arrivava alle otto, otto e mezza di sera e prendeva posto davanti a quel curioso armadietto con un pannello largo tre metri per un metro di altezza sul quale c'erano i fori corrispondenti ai numeri degli utenti.

All'epoca le utenze del paese non superavano il numero di trecento. Il lavoro di Michele consisteva nel mettere in comunicazione il richiedente con il numero richiesto attraverso l'inserimento del cavo telefonico nel foro corrispondente.
(Michele Dimattia (1935) è stato intervistato il 19 gennaio 2023 in Piazza B. Buozzi n. 10 - Gravina in Puglia. E' deceduto in Gravina nel 2024).
Le comunicazioni interurbane venivano attivate per il tramite del centralino di Bari. Nell'ufficio di via Libertà erano installate anche tre cabine per le telefonate a pagamento. Allora il traffico telefonico era piuttosto scarso e di notte, quando il centralino era chiuso al pubblico, non chiamava quasi nessuno, a parte qualche medico che chiedeva di parlare con l'ospedale. Così anche le chiamate verso le altre città erano limitate grosso modo ad esigenze di tipo commerciale: per effettuare ordini di merci o per raccogliere la prenotazione di agnelli da parte delle macellerie. La notte Michele, dopo aver chiuso al pubblico alle ventidue, rimaneva solo e indisturbato ma sempre vigile in attesa che qualcuno chiamasse per essere collegato ad altri utenti. Nessuno lo controllava, qualche rara volta faceva capolino il sindaco che voleva rendersi conto della situazione, visto che il mantenimento di quella funzione era a carico dell'amministrazione comunale. La manutenzione e la riparazione di eventuali guasti avvenivano a cura della società telefonica, che poteva operare in automatico o, quando strettamente necessario, disporre l'invio di tecnici da Matera. La riservatezza nell'uso delle attrezzature che consentivano di creare una comunicazione in voce tra due numeri era da osservare rigorosamente, rientrando tra gli obblighi contrattuali. Comunque Michele avvertiva il rispetto della privacy come una questione morale e non si inseriva mai nelle conversazioni, rinunciando in partenza ad ogni possibile abuso dei mezzi tecnici a sua disposizione.

Nel 1963 la SIP realizzò il collegamento telefonico automatico tra gli utenti e il posto di centralinista fu soppresso. Michele rientrò al Comune e si scontrò con un atteggiamento di indifferenza da parte degli altri impiegati che non erano affatto propensi ad insegnargli il lavoro né tantomeno a mettere in discussione il loro modo di essere e di fare, incollati com'erano alle loro scrivanie sulle quali facevano bella mostra le numerose penne tutte ben allineate. Fu assegnato all'anagrafe e cominciò ad intrattenere rapporti cordiali e disinteressati con i cittadini.

Fonte:
Libro di Michele Gismundo - Giuseppe Marrulli, MESTIERI E SOCIETA' nel Novecento a Gravina in Puglia, ed. Algramà, Matera 2023. Immagine: illustrazione dell'artista Marilena Paternoster
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