IL GIORNALAIO - u giornalajie
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Mestieri e società

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Rubrica "Mestieri e società" a cura di Michele Gismundo e Giuseppe Marrulli

Le edicole vanno sempre più estinguendosi perché i giornali non si vendono più. Ci sono sempre meno lettori e il crollo delle vendite sta assumendo connotati drammatici. I giornalai stanno diventando ormai esponenti di un mestiere antico. Il mestiere del giornalaio è a rischio di scomparsa. Le nuove frontiere della comunicazione, con strumenti rivoluzionari e moderni, ci condizionano giorno per giorno. E tornare indietro è proprio impossibile. La storica cartolibreria con vendita di giornali in corso Matteotti è condotta da Vincenzo Parrulli dal 1986, anno in cui gli fu intestata la licenza. In realtà Vincenzo lavorava già da lungo tempo con suo padre Salvatore Parrulli (1911 - 1991) che è stato fino a pochi mesi prima della scomparsa l'arcinoto giornalaio - oltre che cartolibraio - del centro storico della nostra città. A onor del vero stampato nella memoria collettiva è anche l'affiancamento tenace, in un ruolo assolutamente comprimario, della moglie Caterina Paternoster (1922 - 2015). Si erano sposati nel giugno del 1944, quando a Gravina erano di stanza ancora gli alleati che non mancarono di lasciare traccia della loro missione liberazionista e delle intemperanze associate alla vita militare. Caterina ha raccontato ai suoi figli di quella volta in cui un soldato americano ubriaco scambiò l'abitazione dei Brunetti, di fronte all'ospedale, per una casa di appuntamento. In qual frangente c'era anche Caterina in casa e ci volle l'intervento di un interprete improvvisato - che, essendo stato in America, masticava un po' di inglese - per chiarire la situazione allo straniero.

Salvatore Parrulli all'origine faceva il lavoro di muratore e fece l'azzardo di partire volontario in Etiopia per svolgere quell'attività, forse soggiogato dalla propaganda fascista. Come succede spesso nelle storie personali degli emigrati, la sua permanenza nell'Africa Orientale Italiana, dal 1935 al 1939, segnò una svolta. Infatti gestiva in quelle lontane terre un piccolo magazzino di articoli di cancelleria. Si appassionò a quell'attività e, una volta rientrato a Gravina, aprì una piccola cartoleria nel quartiere di San Nicola. Non trovandosi a suo agio in quella zona, si spostò successivamente in un altro locale di appena venti metri quadri in corso Matteotti, di fronte al caffè Ferrarese. Dopo un po' di tempo volle cimentarsi anche nella vendita di giornali e contattò a tale scopo il direttore della Gazzetta del Mezzogiorno che acconsentì. Così dal 1945 si occupò della distribuzione dei più importanti quotidiani di informazione: La Gazzetta del Mezzogiorno, il Corriere della Sera, La Stampa, La Gazzetta dello Sport, l'Unità, l'Avanti e qualche pubblicazione locale non periodica. La cartolibreria con vendita di giornali si è poi sistemata nel 1951-52 nell'attuale location, al piano terreno del palazzo all'epoca di proprietà del dott. Angelo Schittulli, presa prima in affitto e poi acquistata.

Il capostipite della famiglia Parrulli aveva studiato fino al terzo e ultimo anno della Scuola di Avviamento Professionale a tipo Agrario, istituita per volere del Barone Ettore Pomarici Santomasi. Egli permise a tutti i suoi figli di studiare e di svolgere un lavoro professionale: Arcangela e Teresa sono state due maestre elementari, Lorenzina è una farmacista e, il più giovane, Vincenzo, dopo il diploma di ragioneria, ha voluto continuare l'attività paterna. Salvatore riusciva a vendere quaranta, cinquanta copie al giorno della Gazzetta e da cinque a dieci copie degli altri quotidiani.

Il chiosco dei fratelli Damiani - nella centrale piazza della Repubblica, proprio sotto gli occhi dei militanti dei partiti politici e dei sindacalisti della Camera del Lavoro, a un fiato dalle botteghe e dai caffè - piazzava quotidianamente trecento, quattrocento copie di quotidiani grazie sia all'estrema vicinanza di quei luoghi sia alla modalità usata di piazzarsi alle fermate dei treni nelle stazioni ferroviarie e degli autobus in piazza Scacchi. Oltre a ciò i fratelli Damiani consegnavano personalmente i quotidiani a casa dei lettori. La famiglia del giornalaio Damiani era formata da undici persone: papà Nicola (titolare dell'edicola) con la moglie Ripalta Corbo, i figli Giovanni (Consigliere Provinciale PCI), Michele, Carlino, Franchino e Luciano, le figlie Maria, Lidia, Antonietta e Giuseppina abitavano nell'ex convento di Santa Teresa, u comménte de Santa Tarêse, ci racconta Bruno Damiani, uno dei nipoti. In quel chioschetto di piazza della Repubblica hanno trascorso una vita intera a vendere giornali fino al 1990.

A trainare l'attività del Parrulli era la vendita di prodotti e testi per le scuole. Contestualmente fin dall'inizio Parrulli vendeva libri di ogni genere, dalla narrativa ai saggi. Durante la guerra, essendo Salvatore partito soldato, la licenza fu intestata alla sorella Pasqua, che si occupò personalmente del lavoro. Del resto in famiglia il mestiere di cartolibraio e giornalaio era piuttosto diffuso, se si pensa che anche un'altra sorella, Immacolata, aiutava il marito Nicola Nolasco nell'edicola di piazza Scacchi. I rivenditori di giornali, all'epoca, erano abbastanza proporzionati in numero rispetto alla popolazione: oltre a Parrulli, ai fratelli Damiani e a Nolasco, negli anni più recenti si aggiunse l'edicola di Derosa sul corso della stazione.
In quegli anni la vendita di libri, soprattutto i testi scolastici, costituiva una buona quota del volume d'affari. I libri di vario genere erano forniti dagli intermediari baresi delle grandi case editrici (Mondadori, Longanesi, Rizzoli e altri). Oggi la vendita dei quotidiani si è molto ridimensionata: da dieci a quattordici copie della Gazzetta, dieci copie del Corriere, poche copie dei giornali sportivi e degli altri quotidiani. Una buona fetta di ricavi proviene dalla vendita dei giochi per bambini.

A vendere i giornali sono rimaste in paese attualmente tre edicole. Quando la stampa cartacea dei giornali era l'unica modalità di lettura e gli articoli di cartoleria erano venduti in gran quantità, dal lavoro si ricavava un buon guadagno che ha consentito a Salvatore Parrulli di comprare sia la casa sia il negozio. Ovviamente tale risultato è stato favorito dall'organizzazione delle vendite e dalla personale e pressoché totale dedizione al lavoro di Salvatore e Caterina. Il radicamento dell'impresa nel territorio comunale e la continuità di svolgimento dell'attività hanno valso a Vincenzo Parrulli il conferimento del Premio della Camera di Commercio di Bari quale Impresa storica. La Regione Puglia nel mese di maggio 2023 ha pubblicato l'elenco delle attività storiche pugliesi che riceveranno il riconoscimento di negozio storico, bottega artigianale storica o locale storico. Le trentacinque imprese individuate hanno alle spalle oltre settant'anni di attività e perciò hanno titolo ad essere premiate quali "Attività Storiche Patrimonio di Puglia". Tra queste c'é la nostra antica Cartolibreria.

In rapporto alla popolazione, in città si legge poco. I lettori di giornali più assidui sono gli impiegati degli uffici e delle banche, i liberi professionisti e pochi artigiani. Tutte persone mature, over sessanta e settant'anni. Mentre ai più giovani piace leggere i libri di argomenti vari. L'organizzazione dell'attività è rimasta sostanzialmente quella messa in atto dal fondatore, cioè un'organizzazione di tipo tradizionale. Si osserva peraltro un certo grado di informatizzazione che agevola la lavorazione degli ordini e permette di attestare il materiale comprato giusto sulle richieste dei clienti, annullando in pratica le giacenze di magazzino. In buona sostanza attualmente le vendite sono più ridotte rispetto a quelle che si registravano all'epoca in cui lavorava il fondatore. Il lavoro però è più agevole grazie all'uso dei computer. La cartolibreria dispone di un'ampia vetrina nella quale sono esposti i libri secondo un principio di rotazione dei titoli: vi si trovano le novità, i best seller e i classici.
Nessuna influenza della politica locale sulle pubblicazioni e sui libri da esporre. La famiglia Parrulli ha sempre mantenuto un atteggiamento equilibrato sotto il profilo politico, di massimo rispetto per tutti i partiti e le categorie sociali, di serietà nella conduzione delle relazioni con i clienti. Nell'archivio storico della Gazzetta del Mezzogiorno è riportato un articolo riguardante un episodio che Salvatore Parrulli era restio a raccontare, per pudore. Nel 1947 la Commissione Buon Costume, di cui faceva parte il gravinese geometra Gennarino Tucci, effettuò un sopralluogo nel negozio, evidenziando la presenza, tra i giornali in esposizione, di due riviste all'epoca considerate di contenuto audace (Follie e Coquette). Il buon Salvatore dovette subire un piccolo processo che si concluse però con la sua piena assoluzione.

La cartolibreria Parrulli deve la sua risonanza, senza dubbio, alla passione e all'onestà dei suoi titolari. E anche all'ubicazione in corso Matteotti, dove tempo addietro c'era il cuore pulsante della città: Alfonso Parrulli (fratello di Salvatore) vendeva elettrodomestici, Luigi Tota i televisori e le bombole a gas, Michele Parrulli (altro fratello di Salvatore) aveva una cappelleria, quindi c'erano la latteria Murgese, la salumeria di Lorenzo Carbone, i caffè di Clemente e di Ceci, tanti barbieri, le ferramenta di Fighera, di Cardano (u plùsce) e di Caniuccio Lamuraglia, i fruttivendoli, l'ottico Moramarco, il caffè di Cazzorla, le stoffe di Dezio, strumenti e musica di Visci, i fiori di Massari, la profumeria Pepe, le drogherie di Accettura, Lombardi e Armando Magaraggia.
* * *
Nicola Damiani all'apice negli anni della diffusione su larga scala delle informazioni su carta stampata. Nicola Damiani (1898 – 1972) è stato il titolare del chiosco-edicola presente per molti anni in piazza della Repubblica, facendolo diventare uno dei simboli delle foto d'epoca. Il chiosco poggiava su una base di cemento armato, mentre la struttura e la copertura erano realizzate interamente in legno verniciato. All'interno trovavano spazio soltanto due sedie e tanti scaffali pieni zeppi, fino a soffocare, di giornali. Dalle vetrine facevano l'occhiolino agli aspiranti lettori le riviste in voga ei libri di successo. All'esterno venivano sistemati gli appositi sostegni a piantana per la pubblicità. Nicola si unì in matrimonio nel 1921 con Ripalta Corbo, proveniente da una famiglia numerosa della Sicilia. Dall'unione nacquero nove figli: Giovanni, Michele, Carlino, Franchino, Luciano, Maria, Lidia, Antonietta e Giuseppina. La famiglia poté sistemarsi nell'ex convento di Santa Teresa, nel quale alloggiavano in tutto una settantina di persone nelle stanze messe a disposizione del Comune in favore dei cittadini più bisognosi. Una quota rilevante di quella comunità era costituita proprio dai Damiani, tra i quali bisognava annoverare i fratelli di Nicola con le rispettive numerose famiglie. Alla residenza si accedeva attraversando il grande portone d'ingresso di via Vittorio Veneto e il cortile interno sul quale affacciavano i quartini assegnati, non più di due stanze per ogni nucleo famigliare. Nonostante le ristrettezze di spazio e i limiti per la riservatezza, la coabitazione condominiale risultava tutto sommato tranquilla, sorretta dallo spirito di solidarietà del tempo e dal rispetto reciproco. Il vicinato, negli anni che ci interessano, era costituito dalle famiglie Valenzano, D'Eredità, Diaferia e Moliterno.

In quel periodo non erano ancora state realizzate opere di edilizia economica e popolare, fatta eccezione per l'abitato di via Corato, nonostante l'Istituto Case Popolari fosse stato già istituito con Legge n. 254 del 31 maggio 1903, su impulso dell'allora deputato, l'economista Luigi Luzzatti. Pertanto, l'amministrazione comunale faceva fronte alle innumerevoli esigenze della specie utilizzando gli spazi liberi degli ex conventi di Santa Sofia, Santa Teresa, San Sebastiano, Sant'Agostino e Santa Maria. Tale incresciosa situazione si sbloccò finalmente nel secondo dopoguerra, grazie all'applicazione del Piano Fanfani, dal nome del famoso politico democristiano, Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale di quel periodo. Fu così che negli anni cinquanta e fino al 1963 furono costruiti i quartieri INA-Casa in numerosi comuni italiani, compreso la nostra città. Quei quartieri – ispirati, in quanto allo stile, al razionalista e alla tradizione italiana - sono apprezzati tutt'oggi per la loro valenza architettonica.
Il primo chiosco di giornali fu installato nell'immediato dopoguerra, probabilmente nel 1946, in piazza Bruno Buozzi all'angolo con piazza della Repubblica sulla base di una concessione del Comune che possiamo considerare un premio a Nicola Damiani per l'attività svolta nel partito comunista e alla Camera del Lavoro, oltre che un aiuto concreto volto ad assicurare le necessarie misure di sostentamento alla numerosa famiglia del giornalaio. Del resto alle prime elezioni amministrative tenutesi dopo la fine della guerra, il 24 marzo del 1946, risultò vincitore il Fronte delle sinistre e fu eletto sindaco il comunista Salvatore Vicino. In seguito l'edicola fu spostata giusto al centro di Piazza della Repubblica, in concomitanza con i lavori di demolizione negli anni sessanta del vecchio fabbricato vicino al quale operava la rivendita dei giornali. Al posto di quell'edificio fu eretto un moderno palazzo di sette piani - considerato allora un grattacielo - posto a delimitare un lato della piazza.

Il chiosco apriva alle sette del mattino, dopo che erano stati ritirati i giornali alla stazione delle Ferrovie dello Stato a bordo di un singolare triciclo con cassone decorato con i nomi dei giornali più popolari, come si evince da una bella foto in bianco e nero scattata dal Fotografo Barese che immortalò il giornalaio Nicola Damiani, seduto in sella al velocipede in maniche di camicia bianca arrotolate fino al gomito e larghi pantaloni scuri tirati su dalle classiche bretelle. Il chiosco rimaneva in attività fino alle nove di sera, con una pausa all'ora di pranzo. Alla fine tutto quadra nella fortunata vicenda di Nicola Damiani, che risulterebbe, all'osservazione distaccata e obiettiva di chi si trova a scriverne in assenza della testimonianza dei diretti interessati passati a miglior vita, il beneficiario delle politiche attive del lavoro di quei tempi e degli interventi pubblici per l'eliminazione delle disuguaglianze sociali. Intravediamo, inoltre, un chiaro orientamento alla crescita della natalità, attraverso l'elargizione di sussidi e benefici vari per le famiglie numerose.
Nicola era il maggiore di quattro fratelli. Dopo di lui seguirono Michele, Samuele - che ritornò a piedi dalla Russia molto tempo dopo la fine della guerra - e Liborio che faceva il calzolaio. Nicola aveva frequentato soltanto la scuola elementare, ma la sua esperienza nel partito e nel sindacato fu molto formativa fino a renderlo meritevole di candidature politiche e di una elezione a consigliere comunale con delega negli anni cinquanta, quando distribuiva alimenti per i poveri nell'edificio scolastico San Giovanni Bosco. Era riconosciuto come persona di buon cuore, sempre generoso con gli altri. Tuttavia nei confronti dei parenti si mostrava piuttosto restio a concedere favori ed elargizioni, forse perché attento ad evitare il conflitto d'interessi.

Il chiosco fu chiuso durante l'amministrazione comunale dell'ing. Giuseppe Giovanniello in seguito alla ristrutturazione della piazza e perciò i figli di Nicola emigrarono a Rozzano nella città metropolitana di Milano dove risultano sepolti. Tutta la famiglia Damiani collaborava per la buona riuscita dell'attività. In particolare vi si dedicarono i due fratelli Carlino e Luciano che distribuivano i giornali nei bar, nelle botteghe, negli uffici pubblici, al cinema, alle fermate degli autobus e dei treni. Nel pomeriggio si avvicendavano nel chiosco le sorelle. Dalla vendita dei giornali campavano undici persone grazie a quella efficace rete distributiva e alla domanda della popolazione locale in veloce crescita demografica e culturale. Andavano per la maggiore, tra i quotidiani, La Gazzetta del Mezzogiorno e L'Unità, si vendevano bene i settimanali di svago e informazione e i fumetti Il Grande Black, Dragor, Capitan Miki. Tra i libri primeggiavano le edizioni popolari dei capolavori della narrativa italiana e straniera. Giovanni Damiani, il primogenito di Nicola, risiedeva a Bari e si dedicò alla politica. Divenne, tra l'altro, Consigliere della Provincia di Bari negli anni sessanta in rappresentanza del PCI. Era un formidabile autodidatta e, per via della sua apprezzabile capacità oratoria, riusciva a raccogliere molti consensi.

La figura e la posizione economico-sociale di Nicola Damiani richiamano alla mente il termine proletario, oggi non più speso per qualificare lo status di una persona che non possiede altri mezzi di sussistenza se non il proprio salario e altre ricchezze se non la capacità di prestare un lavoro e di mettere al mondo tanti figli, o prole, che costituiranno la futura forza lavoro.
Uno spettro si aggira per l'Europa - lo spettro del comunismo era l'attacco con cui Marx ed Engels presentavano la questione della lotta di classe nella società ottocentesca dei proletari, poveri, contro i borghesi, ricchi. A Bruno Damiani, nipote, abbiamo chiesto perché i Damiani fossero tutti comunisti. Al che lui ha risposto che comunque i suoi parenti erano cattolici e frequentavano la Chiesa. In verità si può ritenere che essi fossero l'esempio di cosa significasse essere proletari, espressione ancora molto forte negli anni quaranta e cinquanta del Novecento, secondo un'accezione del tutto superata oggi che si sostiene che i nuovi proletari sono i giovani, i nati dopo il 1979 che scendono nella scala sociale scivolando verso lavori a bassa qualificazione e poco pagati.

Fonte:
Libro di Michele Gismundo - Giuseppe Marrulli, MESTIERI E SOCIETA' nel Novecento a Gravina in Puglia, ed. Algramà, Matera 2023. Immagine della pagina facebook IO AMO GRAVINA.
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