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Mestieri e società

LA MASCHERA DEL CINEMA - La màsckere du cineme

Rubrica "Mestieri e società" a cura di Michele Gismundo e Giuseppe Marrulli

Il lavoro della maschera del cinema non impegna per tutta la giornata, si tratta di un'occupazione a tempo parziale, complementare a quella svolta in via principale, per arrotondare i guadagni. Il termine deriva molto probabilmente dall'uso che facevano della maschera gli accompagnatori dello spettatore nel teatro greco e in quello veneziano del Settecento. In una cittadina come la nostra non potevano mancare le maschere, grazie alla presenza di svariate sale cinematografiche e alla notevole partecipazione del pubblico alle proiezioni.

Antonio Rucci è stato la maschera del Cinema Centrone dal 1975 al 1980, quando ancora il grande schermo attirava folle di spettatori. Cinque anni non sono molti per attribuire autorevolezza alla testimonianza, se non fosse che essi sono la coda di un periodo molto più lungo, che va dagli anni cinquanta agli ottanta, durante i quali suo padre Oronzo svolse la stessa occupazione nel medesimo cinema. Entrambi, padre e figlio, lavoravano prevalentemente in una falegnameria associata, della quale facevano parte anche altri maestri del legno come Torino Visci e Raffaele D'Ecclesiis, anch'essi maschere ausiliarie del Cinema Centrone. Questa contiguità tra il lavoro del falegname e quello della maschera del cinema è del tutto casuale in quanto ovviamente non c'è alcun elemento di affinità tra i due lavori. Piuttosto è da attribuire a due fattori in grado di chiarire l'arcano: da un lato la conoscenza diretta del proprietario Leonardo Centrone sin dall'epoca dell'apertura della sala, dall'altro la necessità di assicurarsi una sia pur minima posizione pensionistica per la vecchiaia, giacché quel padrone osservava le regole in fatto di ingaggio.

Il lavoro di maschera, pur essendo limitato all'orario pomeridiano, comportava la presenza continua dalle tre del pomeriggio fino a mezzanotte, poiché il film era proiettato da tre a quattro volte ogni sera: erano le fasce orarie studiate per assicurare la visione ad altrettante fasce d'età dell'utenza, dai bambini fino alle persone adulte; per di più ad ogni passaggio della pellicola bisognava aggiungere il cinegiornale e la pubblicità. Insomma la maschera faceva molto tardi prima di rientrare a casa e, costretto ad uscire dalla prima mattina per la falegnameria, Antonio finiva per stare insieme alla moglie e ai figli pochissimo tempo.

Alla fine questo stile di vita richiedeva notevoli sacrifici in rapporto ad una paga che non raggiungeva assolutamente cifre allettanti, si andava da settanta mila a centomila lire al mese, quest'ultimo importo a chi vantava una più lunga anzianità. Però il padrone versava i contributi previdenziali e ciò, dati i tempi e il luogo, era di per sé un buon incentivo. Erano circa dieci persone a lavorare nel cinema, tra maschere, bigliettaio, addetto al posto di ristoro, proiezionista. A volte si restava anche dopo l'ultima proiezione, dopo mezzanotte, per mangiare un po' di carne arrostita sui carboni di un vecchio braciere. Al botteghino si metteva quasi sempre il cognato del padrone, Giovanni Cancellara, al quale era stata affidata la gestione del cinema, mentre nell'attigua Saletta provvedeva a fare i biglietti la signorina Rachele Ianora, persona seria e timorata di Dio. Ma a una certa ora i due lasciavano i botteghini e venivano sostituti dalle maschere.

Un ruolo fondamentale svolgeva il proiezionista, cioè l'operaio addetto alla macchina di proiezione. Due fratelli, uno per il cinema grande e l'altro per la saletta, assicuravano la visione dei film e, siccome a volte i film di successo venivano condivisi con l'altro cinema di Gravina, il Cinema Teatro Mastrogiacomo, le pizze venivano passate da un cinema all'altro con velocità e puntualità per rispettare l'inizio degli spettacoli. La maschera era tenuta a osservare il comportamento del pubblico, ad imporre il silenzio quando non rispettato e a gestire situazioni più scomode: battibecchi tra spettatori, intrusione di persone che si presentavano all'ultima ora con la pretesa di guardare la pellicola senza pagare il biglietto. La maschera era anche il tramite tra la sala e il proiezionista, quando la proiezione presentava disallineamenti o imperfezioni o tagli non riusciti della pellicola che erano immediatamente visibili sullo schermo. Questi difetti venivano subito segnalati dalla protesta degli spettatori che a gran voce invocavano: Maschera! Quadro! Quadro! Si doveva intervenire senza indugio e, quando ciò non avveniva, gli spettatori spesso immaginavano che l'addetto si fosse addormentato: se ne sciute o sûonne, gridavano.

Le maschere ne hanno viste di tutti i colori in tanti anni di servizio, hanno visto gratis molti film e hanno conosciuto grandi personaggi dello spettacolo famosi in tutta Italia, come quella volta che si esibì Carla Fracci, la quale si arrabbiò in quanto il pavimento del palcoscenico non era adatto al balletto. Il Cinema Centrone ha chiuso i battenti non tanto per il sopravvento della televisione ma per la mancanza di iniziative di rinnovo dell'attività da parte degli eredi.
Parlando del mestiere della maschera la mente vola immediatamente ai vecchi luoghi dello spettacolo: il Cinema Centrone, il Cinema Teatro Mastrogiacomo, il Cinema Arena Lucciola poi diventato Cinema Sidion. Ci piace intrometterci nella storia del Cinema Centrone del quale la comunità sembra essersi dimenticata: una gigantesca struttura in stile liberty ubicata sulla centralissima via Alcide De Gasperi, a un tiro di schioppo dal centro storico del paese. Il cinema oggi è completamente abbandonato. L'imprenditore Leonardo Centrone, negli anni quaranta, essendo ricco in quanto proprietario di diverse cave di tufi a Gravina, volle investire nel settore della cinematografia, ambito in crescita dopo la fine della guerra nel 1945. Fu inaugurato nei primi giorni del 1947. Un architetto tedesco lo volle maestoso e moderno, dalla capienza di duemila posti a sedere, distribuiti tra la platea, due gallerie ai piani superiori con due ordini di palchi laterali. A costruirlo fu l'imprenditore gravinese Girolamo Candido.

La moderna struttura ospitava alcuni spettacoli, rassegne cinematografiche con i migliori film del momento, convegni e stagioni concertistiche e, negli anni cinquanta e sessanta, persino incontri di pugilato. Negli anni settanta furono eseguiti alcuni lavori di ristrutturazione e fu costruita una nuova piccola sala, inizialmente adibita alle feste di matrimonio e dopo convertita alle proiezioni, con ingresso esterno indipendente: la Saletta Italia, con centocinquanta posti a sedere. La popolarità del Cinema Centrone aumentò a dismisura in tutto l'hinterland barese e non solo. Sul palcoscenico si sono esibiti, tra gli altri, Domenico Modugno, Riccardo Cocciante, Francesco De Gregori, i Cugini di Campagna, i New Trolls, Mario Merola. E per i convegni viene ricordata la presenza dell'ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nonché del fisico internazionale Antonino Zichichi. È rimasta memorabile la proiezione, negli anni cinquanta, della serie dei film sulla Principessa Sissi, che attraevano fiumane di persone, in coda persino sui marciapiedi e sulla via Alcide De Gasperi, in attesa di entrare.

Nel 1985 morì l'imprenditore Leonardo Centrone. La conduzione del cinema passò agli eredi, impreparati si direbbe nella gestione del nuovo corso. Dopo quasi mezzo secolo di operosità il Cinema Centrone si spense nell'indifferenza generale. Gli eredi dovettero chiudere l'attività nel 1990. Giovanni Cancellara, uno degli eredi tentò una sorta di riconversione in Museo del cinema. L'attore-regista Nico Cirasola donò al Cancellara parte della sua collezione cinematografica. Ma il progetto svanì nel nulla. Negli ultimi anni sono state coinvolte anche alcune istituzioni della vita cittadina per un eventuale riutilizzo dello storico cinema, ma nulla è finora accaduto. La struttura è attualmente in abbandono totale. È stata messa in vendita, ma da decenni non trova compratori.

Anche il Cinema Teatro Mastrogiacomo è chiuso da molto tempo. Fu ideato e costruito nel 1923 da Michele Mastrogiacomo, possidente e imprenditore agricolo. In quegli anni fu ritenuta da molti un'iniziativa folle, ma Michele non desistette e vi investì le disponibilità risultanti dalla vendita di alcune sue proprietà. Ma neanche queste bastarono. Grazie all'aiuto di alcuni istituti bancari iniziarono i lavori che si protrassero per anni sotto la direzione di tale ing. De Martino. All'origine la fabbrica era caratterizzata da un'ossatura muraria in tufo e da interni completamente in legno stile Liberty. La platea era costituita tutta da poltrone, l'anfiteatro al primo piano interamente da palchi con al centro la cabina di proiezione. Al secondo piano i posti a sedere erano distribuiti sui gradoni, c'erano anche delle panche laterali lungo i bordi della balaustra con dietro una pedana che consentiva posti in piedi. Finalmente nel 1927 avvenne l'inaugurazione del Cinema-Teatro, tra la meraviglia e la soddisfazione della popolazione. Le signore avevano una certa difficoltà a frequentare i luoghi pubblici. Così il titolare non si perse d'animo offrendo alle donne accompagnate l'ingresso gratuito e vari omaggi, dalle rose ai ventagli, mentre agli uomini donava il calendarietto con le foto delle star dell'epoca. I primi film proiettati erano muti e venivano accompagnati da musiche appropriate eseguite da un maestro, che suonava il pianoforte in platea. Alcuni anziani ricordano il maestro D'Erario e il giovane violinista Domenico Mastromatteo.

In seguito arrivò il cinema sonoro. Periodo d'oro fino all'avvento della televisione. La legge sui locali pubblici del 1939 vietò le strutture in legno poiché a rischio incendio, perciò i Mastrogiacomo furono costretti a demolire il Cinema-Teatro e a ricostruirlo in cemento armato. L'inaugurazione della rimodernata struttura avvenne nel 1941. La cabina di proiezione fu spostata al secondo piano. Il primo piano fu risistemato con file di poltrone a sbalzo e sei palchi laterali, tre per ogni lato. Poteva ospitare in totale seicento dodici spettatori. Venne dotato di camerini allestiti nel sottopalco ed altri al piano palcoscenico. Le scene furono calcate da cantanti famosi, come Nilla Pizzi, Claudio Villa, Gino Paoli, Peppino Di Capri. Furono ospitate anche opere liriche e operette con le più note voci dell'epoca.
Come in tutti i teatri di provincia, anche nel nostro teatro sono passate le compagnie e le riviste di avanspettacolo, persino una Sylva Koscina a fine carriera, la quale, esibendosi in déshabillé, destò una tale meraviglia che fece esclamare ad uno spettatore particolarmente attento: Sant' Andonie!
Nel 1975 furono eseguiti altri lavori di ammodernamento. Dopo il periodo dei film a luci rosse il pubblico andò progressivamente assottigliandosi e il cinema-teatro chiuse i battenti nel 1995. Il Cinema Arena Lucciola venne costruito nel 1960 come cinema all'aperto. Era ubicato affianco all'abitazione dei Mastrogiacomo in via Bari a due passi dall'antichissima chiesa di San Giorgio risalente al XIII secolo. Venne chiamata Arena Lucciola perché su quella strada le lucciole brillavano la sera. Cessò l'attività nel 1973.

Il cinema Sidion con quattrocento posti fu fatto costruire da don Ciccio Mastrogiacomo dove prima esisteva l'Arena Lucciola e fu inaugurato a settembre del 1974. Era destinato a proiettare film in prima visione in contemporanea con le principali città italiane. Nel nuovo cinema venivano ospitati anche concerti, spettacoli teatrali e convegni. Il cinema Sidion è stato progettato dall'ingegner Basile, nome all'epoca molto conosciuto nell'ambiente dei cinema italiani, mentre la copertura terminale fu progettata dall'ingegnere gravinese Ginetto Barbone. Col tempo il cinema Sidion divenne sala di proiezione di film d'essai, sotto la guida del professor Felice Abatista.

Il 29 agosto 2023 la famiglia di Michele Mastrogiacomo ha comunicato la chiusura definitiva del cinema Sidion.

Fonte:
Libro di Michele Gismundo - Giuseppe Marrulli, MESTIERI E SOCIETA' nel Novecento a Gravina in Puglia, ed. Algramà, Matera 2023. Immagine del vecchio cinema Centrone di Gravina in Puglia
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a cura di Michele Gismundo e Giuseppe Marrulli

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