Passeggiando con la storia
A proposito degli affreschi di San Vito Vecchio
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 25 gennaio 2024
E' quanto ricavo dal mensile di informazione culturale, "Petra Magna", Momenti di Archeologia per non Dimentica, Anno I, N. 3, Gennaio 1992, messomi gentilmente a disposizione dalla signora Emilia Mastrogiacomo, a firma del padre, il Perito Agrario Francesco Mastrogiacomo, all'epoca Presidente della Fondazione Pomarici Santomasi ed Ispettore Onorario ai Beni Culturali. Uno scritto che fa luce su uno degli aspetti importanti sulla permanenza, in maniera stabile, a Gravina, degli affreschi della chiesa di San Vito Vecchio, staccati, al fine di salvarli e recuperarli, per una espressa volontà di Cesare Brandi.
"Ero presidente del Circolo "Professionisti quando si stava maturando la decisione di riunire e raccogliere a Lecce gli affreschi bizantini trovati in Puglia. Il circolo decise di intraprendere una immediata azione di protesta e fu dato mandato ai Proff. Marchetti e Manenti di scrivere a tutti i politici del tempo lettere accorate quanto dure, affinchè i nostri affreschi ritornassero a Gravina. Gli affreschi in quel momento erano fermi a Roma nelle casse di imballaggio in attesa di destinazione, provenienti da una mostra internazionale ad Atene e prima ancora erano stati esposti a Bruxelles dove avevano rappresentato l'Italia ed ottenuto il primo premio. Dopo ardua lotta si ottenne la decisione di far ritornar gli affreschi al suo paese d'origine; però, a questo punto, ritenuta la sede originaria (la cripta di San Vito Vecchio) inidonea ad ospitarli, gli affreschi rimasero provvisoriamente a Bari nelle casse di imballaggio.
Fu in questi momenti che, divenuto presidente della fondazione Pomarici Santomasi ed Ispettore Onorario ai Beni Culturali, ebbi il piacere di conoscere il Dott. Michele D'Elia e la sua signora Dott. Pina Belli, entrambi funzionari del Ministero dei Beni Culturali e amanti dell'arte e della nostra Gravina, avendola essi frequentata e conosciuta molto bene. Per fortuna mia e di Gravina simpatizzammo subito tanto che un giorno il Dott. D'Elia, comunicandogli la ferma intenzione nostra e di tutta la città di riportare a Gravina gli affreschi di San Vito Vecchio e pregandolo di aiutarci, si mise a nostra completa disposizione. Il Dott. D'Elia prese veramente a cuore quanto gli avevamo comunicato, tanto che riuscì a fissare un incontro con l'allora Soprintendente Arch. Chiurazzi ed altri funzionari. Il Soprintendente dopo aver attentamente vagliato tutti gli elementi del problema, affidò al Dott. D'Elia il compito di ricercare una soluzione ottimale per la sistemazione degli affreschi. Dopo diversi incontri e verifiche di alcune ipotesi di sistemazione, infine con il Dott. D'Elia decidemmo di utilizzare un grande locale, situato al piano terra della Fondazione – Museo Santomasi e che a suo tempo era stato adibito a stalla per cavalli.
Il locale fu adeguatamente ristrutturato in maniera da poter degnamente ospitare una perfetta riproduzione della cripta di San Vito Vecchio, nella quale furono sistemati, quasi come alle origini, quei meravigliosi affreschi per i quali tanto ci eravamo prodigati e che tutti oggi possono contemplare grazie alla quale si sono conservati perfettamente. Tutto questo per far sapere a chi non sa e per ricordare a chi ha dimenticato, quanto è stato necessario mettere in atto per rendere possibile, non solo ai giovani, ma anche agli amanti dell'arte e agli studiosi di tutto il mondo, la fruizione di una delle opere più importanti dell'arte Bizantina, un'opera che, lo diciamo, appartiene al grande patrimonio culturale della nostra città".
"Ero presidente del Circolo "Professionisti quando si stava maturando la decisione di riunire e raccogliere a Lecce gli affreschi bizantini trovati in Puglia. Il circolo decise di intraprendere una immediata azione di protesta e fu dato mandato ai Proff. Marchetti e Manenti di scrivere a tutti i politici del tempo lettere accorate quanto dure, affinchè i nostri affreschi ritornassero a Gravina. Gli affreschi in quel momento erano fermi a Roma nelle casse di imballaggio in attesa di destinazione, provenienti da una mostra internazionale ad Atene e prima ancora erano stati esposti a Bruxelles dove avevano rappresentato l'Italia ed ottenuto il primo premio. Dopo ardua lotta si ottenne la decisione di far ritornar gli affreschi al suo paese d'origine; però, a questo punto, ritenuta la sede originaria (la cripta di San Vito Vecchio) inidonea ad ospitarli, gli affreschi rimasero provvisoriamente a Bari nelle casse di imballaggio.
Fu in questi momenti che, divenuto presidente della fondazione Pomarici Santomasi ed Ispettore Onorario ai Beni Culturali, ebbi il piacere di conoscere il Dott. Michele D'Elia e la sua signora Dott. Pina Belli, entrambi funzionari del Ministero dei Beni Culturali e amanti dell'arte e della nostra Gravina, avendola essi frequentata e conosciuta molto bene. Per fortuna mia e di Gravina simpatizzammo subito tanto che un giorno il Dott. D'Elia, comunicandogli la ferma intenzione nostra e di tutta la città di riportare a Gravina gli affreschi di San Vito Vecchio e pregandolo di aiutarci, si mise a nostra completa disposizione. Il Dott. D'Elia prese veramente a cuore quanto gli avevamo comunicato, tanto che riuscì a fissare un incontro con l'allora Soprintendente Arch. Chiurazzi ed altri funzionari. Il Soprintendente dopo aver attentamente vagliato tutti gli elementi del problema, affidò al Dott. D'Elia il compito di ricercare una soluzione ottimale per la sistemazione degli affreschi. Dopo diversi incontri e verifiche di alcune ipotesi di sistemazione, infine con il Dott. D'Elia decidemmo di utilizzare un grande locale, situato al piano terra della Fondazione – Museo Santomasi e che a suo tempo era stato adibito a stalla per cavalli.
Il locale fu adeguatamente ristrutturato in maniera da poter degnamente ospitare una perfetta riproduzione della cripta di San Vito Vecchio, nella quale furono sistemati, quasi come alle origini, quei meravigliosi affreschi per i quali tanto ci eravamo prodigati e che tutti oggi possono contemplare grazie alla quale si sono conservati perfettamente. Tutto questo per far sapere a chi non sa e per ricordare a chi ha dimenticato, quanto è stato necessario mettere in atto per rendere possibile, non solo ai giovani, ma anche agli amanti dell'arte e agli studiosi di tutto il mondo, la fruizione di una delle opere più importanti dell'arte Bizantina, un'opera che, lo diciamo, appartiene al grande patrimonio culturale della nostra città".