Passeggiando con la storia
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Breve storia dell’Ospedale romano di Santa Maria e San Gallicano voluto da Papa Benedetto XIII

Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari

A trecento anni della posa della prima pietra, mi è sembrato doveroso redarre una scheda sull'importante opera sociale realizzata dal nostro papa Benedetto XIII. Come premessa, mi preme fare due precisazioni. La prima, l'Ospedale, voluto "per li poveri che dalla lebbra, dalla tigna e dalla rogna fussero attaccati", oggi è ancora lì, in particolare per le malattie della pelle. La seconda, è che la scheda odierna è stata estrapolata dalla rivista: Dermatology Reports Edizione Italiana 2023; volume 4, n. 1 e dall'articolo, ripreso parzialmente: Il ruolo dell'Ospedalone nella storia della dermatologia e venereologia: nel passato e nel presente di Luigi Valenzano, Aldo di Carlo.

"È chiaro che il termine «Ospedalone» è l'appellativo dato emozionalmente dal popolo romano per sottolineare la grandezza e la magnificenza dell'Istituto Dermatologico di Santa Maria e San Gallicano, il primo ospedale in Europa dedicato completamente alle malattie della pelle e voluto da Papa Benedetto XIII in occasione del Giubileo del 1725.
Il 14 marzo del 1725, Benedetto XIII (1649-1730), al secolo principe Pietro Francesco Orsini di Gravina divenuto Papa nel 1724, pone la prima pietra dell'Ospedale dedicandolo ai Santi Maria e Gallicano. L'ospedale nasce con scopi caritatevoli a favore di soggetti affetti da malattie cutanee contagiose e febbrili, è gratuito per tutti e l'assistenza per gli uomini è gestita da ecclesiastici, mentre le donne vengono curate dalle cosiddette «divote zitelle». È l'ultimo dei cinque ospedali storici di Roma: Santo Spirito in Sassia (727), San Giovanni Laterano (1300), San Giacomo degli Incurabili (1339), Consolazione (1506), Fatebenefratelli sull'Isola Tiberina (1000).

Il nuovo grande ospedale nasce per impellenti esigenze, non solo individuali dell'utenza, ma anche per non meno importanti motivazioni politiche, socioeconomiche, sanitarie, culturali, scientifiche e artistiche, qui riportate seppur per sommi capi. Lo Stato Vaticano è in una costante instabilità politica e Papa Benedetto XIII è afflitto dal continuo confronto e scontro con le più importanti famiglie e regnanti dell'epoca: Borboni, Asburgo, Savoia, la Serenissima e altre grandi potenze. È quindi indispensabile intraprendere risoluzioni politiche e provvedimenti per evitare attacchi e sommosse e soprattutto per soddisfare le esigenze del popolo disperato e rivoltoso.
La situazione socioeconomica è infatti disastrosa, in quanto un numero ristretto di nobili e possidenti conducono una vita agiata mentre invece la maggioranza del popolo vive in estrema povertà con pessime condizioni di salute e senza concrete soluzioni. Le malattie, soprattutto quelle cutanee, sono assai diffuse e poco curate negli strati più poveri della popolazione. I cinque grandi ospedali romani preesistenti sono vetusti e insufficienti: i pazienti sono assistiti e curati più per motivi caritatevoli che per motivi sanitari e comunque ricoverati in ospizi sovraffollati e promiscui, in condizioni igieniche precarie e letti in comune. In queste disastrose condizioni, sorge l'Ospedalone «trans Tiberim», nell'intento di soddisfare molte esigenze e di risolvere varie problematiche.

La sua bellezza, originalità e funzionalità rappresentano un geniale connubio fra estetica e razionalità, secondo il parere di Giulio Carlo Argan (1909-1992) che lo definisce «caso esemplare nel campo dell'evoluzione dell'ingegneria sanitaria tanto da essere considerato il migliore del genere nell'Europa di quegli anni quindi incredibile esempio di architettura civile e arte». Artefice di questo capolavoro è Filippo Raguzzini (1690- 1771), architetto personale del Pontefice per il quale ha già progettato molti edifici a Benevento e a Roma. Seguace di Borromini, è considerato «il più originale e brioso progettista del rococò romano».
Il suo è un progetto grandioso, molto geniale e innovativo sia negli esterni che negli interni. La struttura architettonica è complessa e di difficile descrizione: uno sviluppo longitudinale con la chiesa al centro che funge da porta d'ingresso principale onde esprimere l'accoglienza religiosa a tutti i bisognosi; ai lati dell'accesso due lunghe corsie, una a destra per gli uomini e l'altra a sinistra per le donne con servizi e alloggi per il personale posti alle estremità periferiche delle due corsie; nel cortile dell'ospedale è presente una grande spezieria per la preparazione di medicinali e topici; e persino due cimiteri che, con l'interramento delle salme all'interno della struttura, evitano la diffusione esterna dei contagi.

Molti altri particolari sono sorprendenti e difficili da riportare per cui ci si limita a quelli più originali e innovativi: assai pratica e utile è una balconata lungo la facciata esterna che permette al personale di aprire le finestre senza incomodare i pazienti e di sorvegliare qualsiasi contatto fra ricoverati e mondo esterno; eleganti rosoni sulle pareti esterne in alternanza con le lesene sono «sfiatatoi a rosetta» che permettono l'eliminazione di cattivi odori provenienti dai cosiddetti «sedini», ovvero dai servizi igienici ricavati nello spessore dei muri e muniti di acqua corrente che, scendendo in canali posti fra i letti, permette ad ogni ricoverato di prelevare in alto acqua potabile per bere e lavarsi ed eliminare in basso i rifiuti nelle fognature che sfociano nel vicino Tevere.

L'abbondante dotazione di acqua e il suo corretto impiego appaiono infatti indispensabili fin dal primo accesso del paziente che viene accuratamente lavato, vestito con opportuni indumenti, posto in un letto singolo pulito ed accogliente, poi sfamato con buon cibo e tante altre cordialità: primi passi indispensabili per ottenere la «sanatio nosocomialis», certamente più risolutiva dei medicamenti allora disponibili. Il continuo rifornimento di acqua è assicurato dal collegamento con la monumentale fontana dell'Acqua Paola, posta sul Gianicolo alle spalle dell'ospedale, già realizzata nel 1610 da Papa Paolo V che provvidenzialmente aveva convogliato tutte le sorgenti dell'agro-braccianense particolarmente salubri.

Si realizza così il volere di Benedetto XIII, figura grandiosa e poliedrica, ma soprattutto grande innovatore dedicato al bene dell'umanità . Il suo nome e il suo impegno nella realizzazione dell'ospedale restano immortalati nella Bolla di fondazione e nella targa marmorea visibile nell'atrio dell'ospedale in cui sono indicate le finalità istitutive e caritatevoli".
  • Giuseppe Massari
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