Passeggiando con la storia
Carlo d'Angiò devotissimo di San Nicola di Santa Maria Maddalena e l'epoca d'oro della Basilica di Bari
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 18 aprile 2024
Non si finisce mai di imparare. Non si finisce mai di apprendere. Non si finisce mai di conoscere. E' Fiera, si. Carlo II d'Angiò è il massimo protagonista della nostra città, con il ripristino nel 1294 della Fiera San Giorgio. Di lui, per altri aspetti, si conosce molto poco o tanto, a seconda dei casi. Sulla nostra e sua Fiera, crediamo di aver esposto abbastanza, anche nel corso delle puntate precedenti: sia sul personaggio che sull'evento. Oltre a ciò, però, è bastato, di recente, leggere il Bollettino di San Nicola, calendario 2024; attingere dal sito ufficiale Basilica Pontificia Bari, dal sito Accademia Cittadella Nicolaiana e venire a conoscenza degli aspetti inediti di una vita, non strettamente legata all'evento fieristico, ma che ci danno la misura del personaggio oltre i confini di scienza e sapienza, di fede e devozione.
Carlo fu così grato ai suoi salvatori che, liberato e rientrato a Napoli tre anni dopo scelse la Basilica di San Nicola come sua "cappella regia", ispirandosi alla Saint Chappelle dei re francesi. Poi, perché la Basilica fosse degna di un'investitura tanto prestigiosa, inviò numerosi doni alla Cittadella Nicolaiana, principalmente reliquari di eccezionale rarità e incredibile valore artistico e devozionale.
Alla Basilica concesse tre feudi (Rutigliano, Sannicandro e Grumo), donò 23 codici liturgici (dei quali ne restano 8) per le celebrazioni secondo il rito parigino e numerose reliquie.
Fra questi, Carlo ne donò uno contenente un dente di Maria Maddalena per suggellare la sua devozione. Il reliquario ha la forma di un angelo dorato che regge un'ampolla di vetro su cui è posta una crocetta d'argento. Il dente della Santa è custodito all'interno dell'ampolla, che secondo un inventario risale al 1294: se questa informazione è corretta, il reliquario di Maria Maddalena è stato il primo dono inviato da Carlo alla Cittadella Nicolaiana.
Carlo II si preoccupò anche di dare un nuovo assetto giuridico alla Basilica. Approfittando del fatto che il papa Bonifacio VIII gli era grato per averlo sostenuto al momento dell'elezione papale, chiese ed ottenne che il re potesse intervenire direttamente anche negli aspetti religiosi della chiesa. Fu una specie di Legatia apostolica di fine duecento. Il re, allo scopo di incrementare il decoro della chiesa, poteva annettere ad essa altre chiese, come avvenne di fatto col celebre monastero di Ognissanti e con la chiesa di S. Gregorio.
Addirittura, nel 1304, Carlo II d'Angiò decise di mettere mano ad una nuova costituzione ecclesiastica che avrebbe dovuto guidare la vita interna del clero della Basilica. Grazie agli stretti rapporti con i papi, scrisse così la costituzione fondamentale della chiesa, stabilendo il numero (42) e il tenore di vita dei canonici. Dal punto di vista architettonico sotto di lui si ebbero due delle più rinomate sepolture: quelle dei due cancellieri baresi Roberto Chiurlia e Sparano da Bari. Data la proibizione di seppellire in chiesa, questi ottennero dei posti privilegiati, molto vicini all'entrata in chiesa, il primo presso il Portale dei leoni, il secondo presso il Portale della parete meridionale.
Sotto Carlo II si svolse una notevole attività pittorica, della quale però non ci è giunto altro se non l'affresco della Crocifissione nell'abside della cappella di S. Martino. E' un affresco molto bello che rivela come gli artisti pugliesi si sforzassero di coniugare l'esperienza bizantina con la contemporanea rivelazione di Giotto in toscana.
L'artista è Giovanni di Taranto, che vi lavorò nel 1304. Autore e data ci sono noti da una lettera che il pittore inviò al re di Napoli, in cui raccontava di un'aggressione subìta mentre rientrava a Taranto dopo aver affrescato la Basilica di S. Nicola a Bari. Lettera che si giustifica con quanto detto sullo status giuridico della Basilica come cappella palatina".
Carlo fu così grato ai suoi salvatori che, liberato e rientrato a Napoli tre anni dopo scelse la Basilica di San Nicola come sua "cappella regia", ispirandosi alla Saint Chappelle dei re francesi. Poi, perché la Basilica fosse degna di un'investitura tanto prestigiosa, inviò numerosi doni alla Cittadella Nicolaiana, principalmente reliquari di eccezionale rarità e incredibile valore artistico e devozionale.
Alla Basilica concesse tre feudi (Rutigliano, Sannicandro e Grumo), donò 23 codici liturgici (dei quali ne restano 8) per le celebrazioni secondo il rito parigino e numerose reliquie.
Fra questi, Carlo ne donò uno contenente un dente di Maria Maddalena per suggellare la sua devozione. Il reliquario ha la forma di un angelo dorato che regge un'ampolla di vetro su cui è posta una crocetta d'argento. Il dente della Santa è custodito all'interno dell'ampolla, che secondo un inventario risale al 1294: se questa informazione è corretta, il reliquario di Maria Maddalena è stato il primo dono inviato da Carlo alla Cittadella Nicolaiana.
Carlo II si preoccupò anche di dare un nuovo assetto giuridico alla Basilica. Approfittando del fatto che il papa Bonifacio VIII gli era grato per averlo sostenuto al momento dell'elezione papale, chiese ed ottenne che il re potesse intervenire direttamente anche negli aspetti religiosi della chiesa. Fu una specie di Legatia apostolica di fine duecento. Il re, allo scopo di incrementare il decoro della chiesa, poteva annettere ad essa altre chiese, come avvenne di fatto col celebre monastero di Ognissanti e con la chiesa di S. Gregorio.
Addirittura, nel 1304, Carlo II d'Angiò decise di mettere mano ad una nuova costituzione ecclesiastica che avrebbe dovuto guidare la vita interna del clero della Basilica. Grazie agli stretti rapporti con i papi, scrisse così la costituzione fondamentale della chiesa, stabilendo il numero (42) e il tenore di vita dei canonici. Dal punto di vista architettonico sotto di lui si ebbero due delle più rinomate sepolture: quelle dei due cancellieri baresi Roberto Chiurlia e Sparano da Bari. Data la proibizione di seppellire in chiesa, questi ottennero dei posti privilegiati, molto vicini all'entrata in chiesa, il primo presso il Portale dei leoni, il secondo presso il Portale della parete meridionale.
Sotto Carlo II si svolse una notevole attività pittorica, della quale però non ci è giunto altro se non l'affresco della Crocifissione nell'abside della cappella di S. Martino. E' un affresco molto bello che rivela come gli artisti pugliesi si sforzassero di coniugare l'esperienza bizantina con la contemporanea rivelazione di Giotto in toscana.
L'artista è Giovanni di Taranto, che vi lavorò nel 1304. Autore e data ci sono noti da una lettera che il pittore inviò al re di Napoli, in cui raccontava di un'aggressione subìta mentre rientrava a Taranto dopo aver affrescato la Basilica di S. Nicola a Bari. Lettera che si giustifica con quanto detto sullo status giuridico della Basilica come cappella palatina".