Passeggiando con la storia
Chiesa dell’Annunciazione, una delle più antiche della città
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 24 marzo 2022
Situata in via Borgo e più nota come Chiesa dell'Addolorata, è una delle più antiche chiese di Gravina. Certamente è stata costruita nella seconda metà del '400 dal Capitolo Cattedrale come si può leggere dalla presenza dell'arma apposta sul portale esterno. E' menzionata in una pergamena del 20 novembre 1491, attestante che don Martino de Schinco e Stefano de Vernicato si impegnarono a mantenere in comune il possesso del beneficio della SS. Annunciazione.
Ad unica navata, ha un pregevole soffitto coperto da rose canine in rilievo, segno che fu oggetto di interventi da parte della famiglia Orsini. In alto a sinistra sul cornicione soprastante la cappella dedicata all'Annunciazione è incisa l'iscrizione: NUMINIS HIC PIETAS, MARIAE SATUS, ATQVE REDEMPTOR ORBIS ADEST COELIS, ET GABRIELIS HONOS 1554 Qui la pietà della maestà divina, il seme di Maria e il redentore del mondo che è nei cieli, e l'onore di Gabriele 1554.
In origine la chiesa ebbe oltre all'altare centrale, in onore della SS. Annunziata, anche altri, disposti sui lati, adorni di immagini dipinti sui muri che già nella visita pastorale di Monsignor Giustiniani del 1599 erano rovinate. Essendo diventata chiesa capitolare, tanto è vero che sulla parte alta della facciata esterna è, ancora, visibile lo stemma del Capitolo, due cappellani erano tenuti a celebrare messe per l'anima dei benefattori.
Nella sua Visita Pastorale del 1639 il vescovo Filippo Cansacchi (1636-1644) menziona, oltre all'altare maggiore, un secondo altare dedicato all'Annunciazione della Madonna. Nel 1686 il vescovo Domenico Valvassori (1686-1689) parla di un dipinto sull'altare maggiore con la Vergine in preghiera e l'arcangelo Gabriele che le annuncia il mistero dell'Incarnazione, e di un altro altare con l'immagine della Vergine tra i santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista.
Il cardinale frà Vincenzo Maria Orsini, nel visitarla il 14 febbraio 1714, nell'ambito del suo impegno quale Visitatore apostolico della Chiesa di Gravina, così, più o meno la descrive: "È questa Chiesa lunga palmi 40, larga 21, con volto a lunette, ma dannificato notabilmente dalla pioggia, poiché i coppi, appoggiati sopra di esso, sono rotti, e scomposti: il pavimento è in parte sfossato, e nel resto umidissimo. Dietro l'Altare vi è la sagrestia lunga palmi 12 1/2, e larga palmi 13, ha il volto danneggiato dalla pioggia, poiché i coppi del tetto sono rotti, e scomposti; il pavimento sfossato in parte, ed è anche umido.
Da uno sconcissimo buco scende dentro la Chiesa a man destra di chi vi entra la fune della campana di un piccolo campanile a mitra. Si dee questa Chiesa mantenere, e riparare dal Capitolo, che ne gode le rendite: tuttavolta apparisce abbandonata da lungo tempo: onde atteso il di lei miserabile stato, tantocché sembra assai inconvenevole il celebrarvi, la sottoponiamo all'Ecc. interdetto, finocché non sarà dal suddetto Capitolo interamente restaurata; e frattanto trasferiamo la celebrazione della Messa alla Chiesa Cattedrale".
Prescindendo da questa descrizione impietosa, come era nello stile del cardinale orsini, quando si trovava dinanzi a situzioni indecorose ed indecenti per il culto dei sacri riti, va ricordato che in questa chiesa, già dal 1592 esisteva la Confraternita della SS. Annunziata. "Gli atti della visita pastorale di monsignor Baldini (1626 – 1629) testimoniano che fu eretta da un tal Guida de Guida nella chiesa omonima. Ebbe uno statuto che regolò la vita spirituale ed associativa; poiché si rifiutò di esibire gli atti costituitivi, fu soppressa dal vescovo pro tempore.
Nel 1615, la congregazione, eretta da mons. Giustiniani (1593 – 1614), risultò composta di preti e laici, ed amministrata da un prefetto e dai consiglieri, che si radunavano il sabato dopo pranzo e tutti i giorni festivi di precetto per gli esercizi spirituali, come si usava fare nella congregazione dei gesuiti e Teatini, a cui si ispirava" (da Marisa D'Agostino: Le Associazioni confraternitali di Gravina in Puglia (secc. XV – XVIII, in Confraternite Statuti Attività socio-assistenziali Gravina secc. XV – XVIII, Pubblicità & Stampa 1980).
Ultimata la digressione precedente, torniamo alla descrizione del piccolo tempio, così come ce l'ha trasmessa e ritrovata negli atti del Vescovo Cesare Francesco Lucini (1718-1725). A lui si deve la sistemazione sullo stesso altare di un riquadro affrescato asportato dalla chiesa rupestre di Santa Maria La Nova così descritta dal Cardinale Orsini: "È questa Chiesa una profonda grotta umidissima, e senza lume, luogo perciò indecentissimo per celebrarvi il divinissimo sagrifizio della Messa: quindi ordiniamo, che si abbatta lo Altare"
Particolare e suggestivo, l'affresco raffigura una Madonna Tricherousa (a tre mani), variante della Odigitria, la Vergine Maria con il bimbo in braccio da lei indicato come "la via, la verità e la vita". La terza mano nella icona della Tricherousa sarebbe stata inserita da Giovanni Damasceno (676-740), strenuo difensore delle immagini sacre, per ricordare il taglio della mano da lui subito ad opera dell'imperatore Leone II, che la fece appendere alla porta di Damasco. Avendola riottenuta da Maria, in segno di riconoscenza, il Damasceno dipinse la terza mano sull'icona da lui composta con significato taumaturgico.
Ad unica navata, ha un pregevole soffitto coperto da rose canine in rilievo, segno che fu oggetto di interventi da parte della famiglia Orsini. In alto a sinistra sul cornicione soprastante la cappella dedicata all'Annunciazione è incisa l'iscrizione: NUMINIS HIC PIETAS, MARIAE SATUS, ATQVE REDEMPTOR ORBIS ADEST COELIS, ET GABRIELIS HONOS 1554 Qui la pietà della maestà divina, il seme di Maria e il redentore del mondo che è nei cieli, e l'onore di Gabriele 1554.
In origine la chiesa ebbe oltre all'altare centrale, in onore della SS. Annunziata, anche altri, disposti sui lati, adorni di immagini dipinti sui muri che già nella visita pastorale di Monsignor Giustiniani del 1599 erano rovinate. Essendo diventata chiesa capitolare, tanto è vero che sulla parte alta della facciata esterna è, ancora, visibile lo stemma del Capitolo, due cappellani erano tenuti a celebrare messe per l'anima dei benefattori.
Nella sua Visita Pastorale del 1639 il vescovo Filippo Cansacchi (1636-1644) menziona, oltre all'altare maggiore, un secondo altare dedicato all'Annunciazione della Madonna. Nel 1686 il vescovo Domenico Valvassori (1686-1689) parla di un dipinto sull'altare maggiore con la Vergine in preghiera e l'arcangelo Gabriele che le annuncia il mistero dell'Incarnazione, e di un altro altare con l'immagine della Vergine tra i santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista.
Il cardinale frà Vincenzo Maria Orsini, nel visitarla il 14 febbraio 1714, nell'ambito del suo impegno quale Visitatore apostolico della Chiesa di Gravina, così, più o meno la descrive: "È questa Chiesa lunga palmi 40, larga 21, con volto a lunette, ma dannificato notabilmente dalla pioggia, poiché i coppi, appoggiati sopra di esso, sono rotti, e scomposti: il pavimento è in parte sfossato, e nel resto umidissimo. Dietro l'Altare vi è la sagrestia lunga palmi 12 1/2, e larga palmi 13, ha il volto danneggiato dalla pioggia, poiché i coppi del tetto sono rotti, e scomposti; il pavimento sfossato in parte, ed è anche umido.
Da uno sconcissimo buco scende dentro la Chiesa a man destra di chi vi entra la fune della campana di un piccolo campanile a mitra. Si dee questa Chiesa mantenere, e riparare dal Capitolo, che ne gode le rendite: tuttavolta apparisce abbandonata da lungo tempo: onde atteso il di lei miserabile stato, tantocché sembra assai inconvenevole il celebrarvi, la sottoponiamo all'Ecc. interdetto, finocché non sarà dal suddetto Capitolo interamente restaurata; e frattanto trasferiamo la celebrazione della Messa alla Chiesa Cattedrale".
Prescindendo da questa descrizione impietosa, come era nello stile del cardinale orsini, quando si trovava dinanzi a situzioni indecorose ed indecenti per il culto dei sacri riti, va ricordato che in questa chiesa, già dal 1592 esisteva la Confraternita della SS. Annunziata. "Gli atti della visita pastorale di monsignor Baldini (1626 – 1629) testimoniano che fu eretta da un tal Guida de Guida nella chiesa omonima. Ebbe uno statuto che regolò la vita spirituale ed associativa; poiché si rifiutò di esibire gli atti costituitivi, fu soppressa dal vescovo pro tempore.
Nel 1615, la congregazione, eretta da mons. Giustiniani (1593 – 1614), risultò composta di preti e laici, ed amministrata da un prefetto e dai consiglieri, che si radunavano il sabato dopo pranzo e tutti i giorni festivi di precetto per gli esercizi spirituali, come si usava fare nella congregazione dei gesuiti e Teatini, a cui si ispirava" (da Marisa D'Agostino: Le Associazioni confraternitali di Gravina in Puglia (secc. XV – XVIII, in Confraternite Statuti Attività socio-assistenziali Gravina secc. XV – XVIII, Pubblicità & Stampa 1980).
Ultimata la digressione precedente, torniamo alla descrizione del piccolo tempio, così come ce l'ha trasmessa e ritrovata negli atti del Vescovo Cesare Francesco Lucini (1718-1725). A lui si deve la sistemazione sullo stesso altare di un riquadro affrescato asportato dalla chiesa rupestre di Santa Maria La Nova così descritta dal Cardinale Orsini: "È questa Chiesa una profonda grotta umidissima, e senza lume, luogo perciò indecentissimo per celebrarvi il divinissimo sagrifizio della Messa: quindi ordiniamo, che si abbatta lo Altare"
Particolare e suggestivo, l'affresco raffigura una Madonna Tricherousa (a tre mani), variante della Odigitria, la Vergine Maria con il bimbo in braccio da lei indicato come "la via, la verità e la vita". La terza mano nella icona della Tricherousa sarebbe stata inserita da Giovanni Damasceno (676-740), strenuo difensore delle immagini sacre, per ricordare il taglio della mano da lui subito ad opera dell'imperatore Leone II, che la fece appendere alla porta di Damasco. Avendola riottenuta da Maria, in segno di riconoscenza, il Damasceno dipinse la terza mano sull'icona da lui composta con significato taumaturgico.