area archeologica del Padre Eterno
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Passeggiando con la storia

Cripta della Deési o del Padre Eterno

Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari

E' una chiesa rupestre risalente o databile attorno all'XI secolo. E' situata a ridosso della gravina e costituisce il gruppo della necropoli di Botromagno. E' una chiesa incompleta, secondo quanto asserito da Franco dell'Aquila e Aldo Messina, all'interno della pubblicazione: "Le chiese rupestri di Puglia e Basilicata". Mario Adda Editore, Bari, 1998, poiché manca la seconda delle navate previste dallo schema originario. Si presenta con tre arcate su pilastri monchi che introducono alla navata incompiuta di sinistra, priva di abside; mentre, in seguito, per realizzare un secondo ingresso, è stata demolita l'altra abside della navata principale con conseguente danneggiamento della Deésis che vi si trovava affrescata: oggi è visibile solo la testa del Cristo assieme ad alcuni spezzoni laterali della Vergine e del Battista.

In un catalogo dedicato agli affreschi delle Cripte Eremitiche Pugliesi, pubblicato attorno agli anni 30 del secolo scorso da Alba Medea, la Cripta, ancora "anonima", viene descritta nelle misure e nella forma, ed ovviamente nei suoi affreschi, all'epoca ancora in condizioni di conservazione discreta, che comprendevano una grande Deesis nell'abside (guasta, perché l'abside era crollata), un totale di cinque santi distribuiti sotto l'arco ed alla parte sinistra dell'abside, ed una Vergine. A tali affreschi l'autrice attribuiva una datazione compresa tra il XIII ed il XV secolo.

Circa la provenienza degli autori delle pitture, la Medea si rifà alla tesi di Bertaux , secondo cui l'arte basiliana presente in queste zone era opera di monaci orientali immigrati dalla Siria, l'Egitto e la Cappadocia, venuti in Italia Meridionale durante una seconda ondata migratoria verificatasi tra il X e l'XI secolo (la prima, secondo le stime ivi riportate, dovette avvenire durante il IX secolo, partendo dalla Calabria e dalla Terra d'Otranto), che abitarono e decorarono le rupi dell'Italia Meridionale Orientale partendo dalla Terra d'Otranto e risalendo verso Taranto, Matera, ed infine Gravina, nei cui territori essi trovarono rupi di varie caratteristiche già crivellate di celle.

Miglior fortuna hanno avuto gli altri affreschi, con san Nicola, san Pietro ed un diacono, che sono stati accuratamente asportati e ricomposti nel museo Pomarici Santomasi. Sempre studiata, nel mirino o sotto la lente d'ingrandimento di studiosi, questo sito, ha conosciuto versioni di identificazioni e stravolgimenti subiti, si presume, sempre per mano dell'uomo. Uno che ha, anche, studiato, analizzato e approfondito le conoscenze storiche della chiesa in oggetto è stato il monaco benedettino olivetano, don Donato Giordano, il quale, nel suo lavoro: "Il comprensorio rupestre appulo-lucano: casali e chiese da Gravina al Bradano". Levante Editori, Bari, 1992, ha ravvisato tracce di tombe profanate sul pavimento e un fonte battesimale.

Nel corso dei più brevi recenti anni è stata oggetto, insieme al complesso monumentale di San Michele delle Grotte e della cripta di san Vito Vecchio, sia nel suo sito originario che in quello ricostruito ubicato presso alcuni locali della Fondazione Santomasi, di studi nell'ambito del progetto, Tebaidi del Sud, curato, seguito e redatto dall'Opificio delle Pietre Dure di Firenze in collaborazione con l'Università di Kanazawa.
9 fotoPasseggiando con la storia- cripta Padre Eterno
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