Passeggiando con la storia
Di tempo in tempo, di pezzo in pezzo la distruzione del Palazzo Orsini
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 16 aprile 2020
12.30
E' difficile pensare, nello stato in cui è ridotto il nostro vecchio palazzo ducale appartenuto agli Orsini, di poterne fare una descrizione dettagliata o una ricostruzione storica fedele. Scempi, sfregi, distruzioni ne hanno menomato il suo antico splendore, la sua antica grandezza e bellezza. Oggi, non ci resta che riesumare alcune testimonianze, alcuni testi di coloro che lo descrissero integro, quando nella piazza prospiciente il palazzo si svolgeva l'antica Fiera San Giorgio prima che fosse affidato ai demolitori della storia, di ogni storia e di ogni memoria. Quello che è rimasto ancora in piedi è una piccola e minima parte di quel maestoso palazzo padronale che si affacciava su quattro vie e che Giambattista Pacichelli, nel visitare la nostra città, così lo descriveva: Le sue strade son larghe, quantunque non ben lastricate, e commode le case, frà le quali s'inalza il Palazzo del Duca Orsino, che con tal titolo ab antico lo possiede, fabbricato alla moderna, in forma di Castello, con sembianza di espor Colombrine dal cornicione, è capace di trattenere Forastieri".
Il passato, questo passato, è la vergogna più recente e più immediata di una città che non ha saputo conservare, insieme a quelle istituzioni preposte, purtroppo sempre assenti, quando si è trattato di scempi che venivano perpetrati o di distruzioni che potevano essere evitate. Consoliamoci, allora, rileggendo la prima testimonianza dell'esistenza del palazzo ducale gravinese, fornita, nel 1608, dal tabulario Virgilio De Marino nel suo "Apprezzo della città di Gravina".
"In primis detto s(ignor) Duca have dentro detta città di gravina una casa grande sita nella strada della porta santo thomaso, (l'attuale via Matteotti n.d.r.), quale consiste in uno cortile coverto et scoverto con stalla, uno cellaro grande di tre membri uno sopra l'altro di capacità di circa 65 botti di somme cinque la botte con cocina et con cinque altri membri in piano allo cortile con una cisterna grande et sopra sono dui appartamenti lo primo inferiore consiste in una sala et nove camare impiano con due logie et uno giardinetto in piano colle mura della città et lo appartamento superiore consiste in quattro camare da una parte et doi cameroni et una cocina dal altra parte dove è ogni comodità". Considerando la maestosità del palazzo, che si è venuta a determinare negli anni successi, dalla precedente descrizione, invece, si evince che era una residenza molto modesti per quei nobili, abituati a soggiornarvi, sporadicamente e saltuariamente, quando si trasferivano da Napoli a Gravina.
In verità, fino al 1583, gli Orsini possedevano a Gravina l'edificio sito attualmente nella via Cassese, ad angolo con via Veneto, oggi noto come palazzo Capone-Spalluti. Fu in quell'anno che la duchessa Costanza Gesualdo, rimasta vedova di Ferdinando II Orsini, morto appunto nel 1583, cedette il palazzo al vescovo dell'epoca, mons. Antonio Maria Manzolio. L'edificio poi passò alla famiglia Tucci, come è visibile dallo stemma tutt'ora evidente sul portale del palazzo, e da questi ai Capone-Spalluti. Dopo di ciò, avvenne la costruzione di una nuova residenza, non lontana dalla precedente , sempre nei pressi della Porta San Tommaso.
Sull'aspetto del nuovo palazzo, verso gli anni Ottanta del Seicento, è il notaio Gallucci a fornirci ulteriori e più precisi dettagli, in base ad una relazione da questi stilata per valutare l'importo e stabilire l'aumento di valore rispetto allo status del 1608. Si tratta di un documento molto interessante per la ricostruzione dell'immagine che il palazzo doveva rimandare a prima dell'aeremoto del 1687 e delle successive, radicali trasformazioni. Rispetto alla descrizione del De Marino, il palazzo risulta ingrandito in corrispondenza di vico del Bordello, (attuale via Libertà n.d.r), con l'inglobamento dell'area già occupata da alcune case dirute, mentre si era provveduto a spianare uno slargo dinanzi alla facciata con l'abbattimento di alcuni immobili.
Una descrizione dettagliata, precisa, puntuale, lunga, che non ci consente di riprenderla integralmente. A conclusione, vale la pena ricordare e riprendere dal Nardone "che palazzo Orsini, pomposamente preparato per tanto ricevimento, ospitò Carlo III di Borbone durante la sua visita nella città, e, successivamente, nel 1709, anche la regina Carolina d'Austria col principe ereditario Francesco I. Di quel palazzo, così sontuoso, accogliente non restano che ruderi. Si, li possiamo chiamare così, perché tali sono, nonostante abitino famiglie, persone e, addirittura, da qualche anno, vive una piccola comunità delle Suore Ospedaliere della Misericordia, fondate da Teresa Orsini, nata proprio in quel palazzo glorioso, in cui era venuto alla luce il nostro concittadino illustre, Pierfrancesco Orsini, divenuto frate col nome di Frà Vincenzo Maria Orsini e papa col nome di Benedetto XIII.
Il passato, questo passato, è la vergogna più recente e più immediata di una città che non ha saputo conservare, insieme a quelle istituzioni preposte, purtroppo sempre assenti, quando si è trattato di scempi che venivano perpetrati o di distruzioni che potevano essere evitate. Consoliamoci, allora, rileggendo la prima testimonianza dell'esistenza del palazzo ducale gravinese, fornita, nel 1608, dal tabulario Virgilio De Marino nel suo "Apprezzo della città di Gravina".
"In primis detto s(ignor) Duca have dentro detta città di gravina una casa grande sita nella strada della porta santo thomaso, (l'attuale via Matteotti n.d.r.), quale consiste in uno cortile coverto et scoverto con stalla, uno cellaro grande di tre membri uno sopra l'altro di capacità di circa 65 botti di somme cinque la botte con cocina et con cinque altri membri in piano allo cortile con una cisterna grande et sopra sono dui appartamenti lo primo inferiore consiste in una sala et nove camare impiano con due logie et uno giardinetto in piano colle mura della città et lo appartamento superiore consiste in quattro camare da una parte et doi cameroni et una cocina dal altra parte dove è ogni comodità". Considerando la maestosità del palazzo, che si è venuta a determinare negli anni successi, dalla precedente descrizione, invece, si evince che era una residenza molto modesti per quei nobili, abituati a soggiornarvi, sporadicamente e saltuariamente, quando si trasferivano da Napoli a Gravina.
In verità, fino al 1583, gli Orsini possedevano a Gravina l'edificio sito attualmente nella via Cassese, ad angolo con via Veneto, oggi noto come palazzo Capone-Spalluti. Fu in quell'anno che la duchessa Costanza Gesualdo, rimasta vedova di Ferdinando II Orsini, morto appunto nel 1583, cedette il palazzo al vescovo dell'epoca, mons. Antonio Maria Manzolio. L'edificio poi passò alla famiglia Tucci, come è visibile dallo stemma tutt'ora evidente sul portale del palazzo, e da questi ai Capone-Spalluti. Dopo di ciò, avvenne la costruzione di una nuova residenza, non lontana dalla precedente , sempre nei pressi della Porta San Tommaso.
Sull'aspetto del nuovo palazzo, verso gli anni Ottanta del Seicento, è il notaio Gallucci a fornirci ulteriori e più precisi dettagli, in base ad una relazione da questi stilata per valutare l'importo e stabilire l'aumento di valore rispetto allo status del 1608. Si tratta di un documento molto interessante per la ricostruzione dell'immagine che il palazzo doveva rimandare a prima dell'aeremoto del 1687 e delle successive, radicali trasformazioni. Rispetto alla descrizione del De Marino, il palazzo risulta ingrandito in corrispondenza di vico del Bordello, (attuale via Libertà n.d.r), con l'inglobamento dell'area già occupata da alcune case dirute, mentre si era provveduto a spianare uno slargo dinanzi alla facciata con l'abbattimento di alcuni immobili.
Una descrizione dettagliata, precisa, puntuale, lunga, che non ci consente di riprenderla integralmente. A conclusione, vale la pena ricordare e riprendere dal Nardone "che palazzo Orsini, pomposamente preparato per tanto ricevimento, ospitò Carlo III di Borbone durante la sua visita nella città, e, successivamente, nel 1709, anche la regina Carolina d'Austria col principe ereditario Francesco I. Di quel palazzo, così sontuoso, accogliente non restano che ruderi. Si, li possiamo chiamare così, perché tali sono, nonostante abitino famiglie, persone e, addirittura, da qualche anno, vive una piccola comunità delle Suore Ospedaliere della Misericordia, fondate da Teresa Orsini, nata proprio in quel palazzo glorioso, in cui era venuto alla luce il nostro concittadino illustre, Pierfrancesco Orsini, divenuto frate col nome di Frà Vincenzo Maria Orsini e papa col nome di Benedetto XIII.