Passeggiando con la storia
Donato Marvulli, Medico Igienista, Poeta dialettale
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 30 marzo 2023
E' nato a Gravina in Puglia, da madre vedova, Rita Conca, andata in sposa a Donato Marvulli, il 1° gennaio 1905, così come si evince dal registro dei Battezzati conservato nell'Archivio parrocchiale della chiesa di sant'Agostino. Marvulli nacque a Gravina, ma la sua vita fu un lungo e continuo peregrinare. Ora per motivi di studio, ora per motivi sentimentali, ora per motivi di lavoro, ora per motivi di salute. La sede degli studi superiori fu Altamura, successivamente, per gli studi universitari, Bari, dove si laureò in Medicina.
Durante questo periodo conobbe e sposò Ersilia Navach di Giovinazzo dalla quale si separò, dopo appena sei mesi di matrimonio per incompatibilità di carattere. Potenza fu la città in cui svolse la sua professione medica, essendo stato assunto presso il Laboratorio d'Igiene e Profilassi. Qui lo colse la malattia che lo rese paralizzato, immobile e inabile nel fisico, ma non nello spirito. Roma fu un'altra delle sue tappe vitali ed esistenziali. Qui, presso una clinica privata, si sottopose ad una terapia riabilitativa, che non sortì gli effetti sperati. Il soggiorno romano, però, fu prodigo di incontri con persone che lo aiutarono a riscoprire e a valorizzare la sua innata vena poetica.
Michele Taranto, volontario barelliere presso i treni bianchi dell'Unitalsi e paziente ricopiatore, trascrittore delle produzioni poetiche dialettali e Midi Mannocci, scrittrice, impiegata Rai, che spesso si recavano a visitarlo. Autore, già in precedenza, di alcune raccolte di poesie in vernacolo gravinese: "Le cuntaie cumba Renzucce" e "Picce e capricce de cumba Renzucce", nella capitale ne produsse altre dal titolo: "Rime romane". I suoi componimenti poetici furono anche in lingua, quelli che lui definì "ciotoli", passatempi per un uomo incosciente, ma ,andati purtroppo persi.
La sua produzione letterario- sentimentale, almeno in minima parte, carica di fede, sensibilità, attenzione e acutezza ha visto la luce, dopo la sua morte, grazie all'impegno del sottoscritto, che lo conobbe, per caso, lo frequentò per fede, per amicizia e lo ha voluto immortalare per gratitudine con la raccolta : "Gravina maje", titolo di una sua lunghissima poesia in vernacolo, una summa storica di luoghi, personaggi e storie della Gravina del suo tempo.
La sua giornata terrena, dopo l'ultimo viaggio in quel di Altamura, presso il Santuario della Madonna del Buoncammino, ebbe compimento la sera del 28 marzo 1972, alle 22.15, dopo la repentina scomparsa di Pina Belledonne, la governante che lo aveva accudito, per lunghissimi anni, anche durante il soggiorno romano, con paziente ed amorevole cura, scomparsa, per una crisi cardiaca, presso il presidio ospedaliero di Gravina il 26 luglio 1971.
Durante questo periodo conobbe e sposò Ersilia Navach di Giovinazzo dalla quale si separò, dopo appena sei mesi di matrimonio per incompatibilità di carattere. Potenza fu la città in cui svolse la sua professione medica, essendo stato assunto presso il Laboratorio d'Igiene e Profilassi. Qui lo colse la malattia che lo rese paralizzato, immobile e inabile nel fisico, ma non nello spirito. Roma fu un'altra delle sue tappe vitali ed esistenziali. Qui, presso una clinica privata, si sottopose ad una terapia riabilitativa, che non sortì gli effetti sperati. Il soggiorno romano, però, fu prodigo di incontri con persone che lo aiutarono a riscoprire e a valorizzare la sua innata vena poetica.
Michele Taranto, volontario barelliere presso i treni bianchi dell'Unitalsi e paziente ricopiatore, trascrittore delle produzioni poetiche dialettali e Midi Mannocci, scrittrice, impiegata Rai, che spesso si recavano a visitarlo. Autore, già in precedenza, di alcune raccolte di poesie in vernacolo gravinese: "Le cuntaie cumba Renzucce" e "Picce e capricce de cumba Renzucce", nella capitale ne produsse altre dal titolo: "Rime romane". I suoi componimenti poetici furono anche in lingua, quelli che lui definì "ciotoli", passatempi per un uomo incosciente, ma ,andati purtroppo persi.
La sua produzione letterario- sentimentale, almeno in minima parte, carica di fede, sensibilità, attenzione e acutezza ha visto la luce, dopo la sua morte, grazie all'impegno del sottoscritto, che lo conobbe, per caso, lo frequentò per fede, per amicizia e lo ha voluto immortalare per gratitudine con la raccolta : "Gravina maje", titolo di una sua lunghissima poesia in vernacolo, una summa storica di luoghi, personaggi e storie della Gravina del suo tempo.
La sua giornata terrena, dopo l'ultimo viaggio in quel di Altamura, presso il Santuario della Madonna del Buoncammino, ebbe compimento la sera del 28 marzo 1972, alle 22.15, dopo la repentina scomparsa di Pina Belledonne, la governante che lo aveva accudito, per lunghissimi anni, anche durante il soggiorno romano, con paziente ed amorevole cura, scomparsa, per una crisi cardiaca, presso il presidio ospedaliero di Gravina il 26 luglio 1971.