Passeggiando con la storia
Fiera e chiesa San Giorgio, le storie che si incontrano
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 22 aprile 2021
Dire fiera a Gravina significa dire San Giorgio. Dire San Giorgio il pensiero corre verso la chiesetta, nel cui spazio antistante e circostante si svolgeva l'evento fieristico, così come ci ricorda il Nardone nella sue notizie storiche sulla città. Anche se da un altro documento, conservato presso l'Archivio Diocesano Capitolare di Gravina: "Accordo tra Ill.mo Sig. Don Antonio Orsino Duca di Gravina et Monsign. Ill.mo Vincenzo Iustiniano Vescovo di Gravina(1600 circa)", è possibile leggere la seguente notizia: "Le parti sono amicabiliter, (amichevolmente) giunti all'accordo che nel giardino o parco murato della Chiesa di Santa Maria della Gratia, che sta coerente alla casa di detta Chiesa, si faccia ogni anno in perpetuo il mercato o sia la fiera di San Giorgio di Gravina che comincia alli 18 Aprile et finisce alli 29(?) del medesimo per conto di mercantia di ogni sorte fuorchè di bestiame. Le spese di costruzione delle botteghe, adherenti al muro della parte di dentro (intende la parete della chiesa), si debbano far comuni". Sappiamo, inoltre, che lo stesso evento si svolgeva nella piazza dei mercanti adiacente e prospiciente il palazzo ducale, così come, per un lungo periodo, la sede prescelta è stata quella dei Cappuccini, nei pressi della zona Caccia.
Una fiera istituita da Carlo II d'Angiò, su sollecitazione del principe Giovanni di Montfort. Una fiera che, secondo alcune fonti storiche, non nasce in quella data, ma antecedentemente, se è vero, come è vero, che nel decreto angioino si fa riferimento al ripristino e non ad una concessione ex novo. Questo aspetto, come i lettori attenti e assidui ricorderanno è stato oggetto della puntata precedente, pubblicata giovedì scorso 15 aprile. Ora, invece è giusto tornare all'inizio della presente nota, cioè dal punto da cui siamo partiti. Era una domus templare. Era a pianta rettangolare e sorgeva, in epoca medioevale, nei pressi del canale Casale, una piccola gravina punteggiata di grotte che costituivano un complesso rupestre. Purtroppo, oggi, Attualmente versa in completo stato di abbandono e minaccia di rovinare al suolo. Anni fa il tetto crollò, distruggendo il rosone e la parte alta della facciata. E' una delle testimonianze storiche di quello sfortunato patrimonio destinato, insieme ad altri, a scomparire, anche se qualche lieve o leggera traccia resiste ancora.
Si è salvata l'abside semicircolare decorata di sei lesene e al cui interno è possibile ancora vedere degli affreschi di epoca giovannita. Si può anche notare sull'architrave uno stemma dell'Ordine dei Cavalieri dell'Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme che, come spesso accadde dopo la soppressione dell'Ordine Templare, ebbero in gestione la chiesa di San Giorgio. Attualmente la chiesa è di proprietà privata. Vito Ricci, sul sito Mondi medievali, scrive: "La prima citazione in un documento della domus templare di Gravina risale al 1272, quando Carlo I d'Angiò ingiungeva a Loisio de Belloico, signore di Gravina e probabilmente consanguineo di Guglielmo de Belloico (Guillaume de Beaujeu, maestro dell'Ordine in Apulia-Sicilia e, nel 1273, Gran Maestro dell'Ordine) di restituire alcune terre dei Templari che egli aveva occupato abusivamente. Da altri documenti coevi si apprende dell'esistenza di un toponimo, nel circondario di Gravina, forse presso l'attuale Poggiorsini, detto "ad curtem templi". Si trattava di una masseria di campagna di proprietà della domus di San Giorgio.
Il 4 aprile del 1307 i Templari protestavano contro Raimondo Berengario e Giovanni, conti di Gravina, fratelli di Roberto d'Angiò perché si erano impossessati illecitamente della terra "de Sancto Paulo" nelle vicinanze di Gravina. L'ultima citazione di tale domus risale al 12 marzo 1308, quando vennero arrestati otto cavalieri templari dalle guardie del Giustiziere di Terra di Bari. Tra questi cavalieri vi era fra' Domenico de Turrosa, catturato "in domo de Gravina". Come già detto dopo la soppressione dell'Ordine del Tempio la chiesa di San Giorgio passò agli Ospitalieri, sebbene non esistano documenti in merito al passaggio, ma solo testimonianze nell'architettura dell'edificio sacro". Il 7 febbraio del 1714, il cardinale Vincenzo Maria Orsini, in occasione della sua Visita apostolica alla Chiesa di Gravina, la descrisse nei seguenti modi: "È fabbricata questa Chiesa, lunga palmi 48, larga palmi 20, di pietre tutte quadrate nella parte esterna, frammezzate da sette pilastri per ognuno de' muri laterali, e quattro nella facciata, che reggono un ampio cor nicione parimente di pietra. Nella retana ha una ben disposta Tribunetta, partita in sette pilastri. Nella interiore poi ha i suoi volti a Croce, sostenuti da quattro pilastri, e sei colonnette.
Il tetto, che sta appoggiato sopra il volto, è tutto scomposto, e con buona parte degli imbrici mancanti, ondé il volto stesso, e le pareti sono tutte inverdite. Ha quattro fenestre ne' muri laterali, ed uno occhio nella facciata, parte murate, e parte senza alcun riparo.Il pavimento è tutto scavato: la porta principale è in parte chiusa con fabbrica, e l'altra nel muro sinistro ha la porticella tutta fradicia, e senza chiave. La suddetta tribunetta è dipinta di buon pennello, ma le sagre Immagini sono affatto rovinate. Serve presentemente per ricettacolo degli asini, e nel tempo di fiera per abitazione de' Zingari. Lodevole solo, che sia stato radicitus da qualche pio fedele spiantato l'Altare. Per la riparazione da cominciarsi dal tetto, e dal Cornicione esteriore franto, massime nel muro laterale destro, sequestriamo le rendite, che presentemente ascendono a ducati 146,90 come nello stato Economico N. 39 indi si proseguirà. Nelle pareti. Nelle fenestre. Nel pavimento. Nell'armario appararvisi il Sacerdote. Nell'Altare ad forman di pietra paesana, detta trofino.
E frattanto si lavoreranno le porte, per togliere 1'abbominazione, che una casa del Signore, governata da una Religione cotanto Illustre, (com'è la Gerosolimitana, a cui appartiene questa Chiesa) non serva più per istalla, e per ricettacolo de' Zingari, ed altri malviventi. E per la esecuzione de' suddetti decreti deputiamo coll'Autorità Apostolica a Noi espressamente delegata, anche nelle Chiese esenti, il Sig. Canonico de Leonardis, colle facoltà necessarie, ed opportune, reservato nobis iure per la reddizione de' conti".
Una fiera istituita da Carlo II d'Angiò, su sollecitazione del principe Giovanni di Montfort. Una fiera che, secondo alcune fonti storiche, non nasce in quella data, ma antecedentemente, se è vero, come è vero, che nel decreto angioino si fa riferimento al ripristino e non ad una concessione ex novo. Questo aspetto, come i lettori attenti e assidui ricorderanno è stato oggetto della puntata precedente, pubblicata giovedì scorso 15 aprile. Ora, invece è giusto tornare all'inizio della presente nota, cioè dal punto da cui siamo partiti. Era una domus templare. Era a pianta rettangolare e sorgeva, in epoca medioevale, nei pressi del canale Casale, una piccola gravina punteggiata di grotte che costituivano un complesso rupestre. Purtroppo, oggi, Attualmente versa in completo stato di abbandono e minaccia di rovinare al suolo. Anni fa il tetto crollò, distruggendo il rosone e la parte alta della facciata. E' una delle testimonianze storiche di quello sfortunato patrimonio destinato, insieme ad altri, a scomparire, anche se qualche lieve o leggera traccia resiste ancora.
Si è salvata l'abside semicircolare decorata di sei lesene e al cui interno è possibile ancora vedere degli affreschi di epoca giovannita. Si può anche notare sull'architrave uno stemma dell'Ordine dei Cavalieri dell'Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme che, come spesso accadde dopo la soppressione dell'Ordine Templare, ebbero in gestione la chiesa di San Giorgio. Attualmente la chiesa è di proprietà privata. Vito Ricci, sul sito Mondi medievali, scrive: "La prima citazione in un documento della domus templare di Gravina risale al 1272, quando Carlo I d'Angiò ingiungeva a Loisio de Belloico, signore di Gravina e probabilmente consanguineo di Guglielmo de Belloico (Guillaume de Beaujeu, maestro dell'Ordine in Apulia-Sicilia e, nel 1273, Gran Maestro dell'Ordine) di restituire alcune terre dei Templari che egli aveva occupato abusivamente. Da altri documenti coevi si apprende dell'esistenza di un toponimo, nel circondario di Gravina, forse presso l'attuale Poggiorsini, detto "ad curtem templi". Si trattava di una masseria di campagna di proprietà della domus di San Giorgio.
Il 4 aprile del 1307 i Templari protestavano contro Raimondo Berengario e Giovanni, conti di Gravina, fratelli di Roberto d'Angiò perché si erano impossessati illecitamente della terra "de Sancto Paulo" nelle vicinanze di Gravina. L'ultima citazione di tale domus risale al 12 marzo 1308, quando vennero arrestati otto cavalieri templari dalle guardie del Giustiziere di Terra di Bari. Tra questi cavalieri vi era fra' Domenico de Turrosa, catturato "in domo de Gravina". Come già detto dopo la soppressione dell'Ordine del Tempio la chiesa di San Giorgio passò agli Ospitalieri, sebbene non esistano documenti in merito al passaggio, ma solo testimonianze nell'architettura dell'edificio sacro". Il 7 febbraio del 1714, il cardinale Vincenzo Maria Orsini, in occasione della sua Visita apostolica alla Chiesa di Gravina, la descrisse nei seguenti modi: "È fabbricata questa Chiesa, lunga palmi 48, larga palmi 20, di pietre tutte quadrate nella parte esterna, frammezzate da sette pilastri per ognuno de' muri laterali, e quattro nella facciata, che reggono un ampio cor nicione parimente di pietra. Nella retana ha una ben disposta Tribunetta, partita in sette pilastri. Nella interiore poi ha i suoi volti a Croce, sostenuti da quattro pilastri, e sei colonnette.
Il tetto, che sta appoggiato sopra il volto, è tutto scomposto, e con buona parte degli imbrici mancanti, ondé il volto stesso, e le pareti sono tutte inverdite. Ha quattro fenestre ne' muri laterali, ed uno occhio nella facciata, parte murate, e parte senza alcun riparo.Il pavimento è tutto scavato: la porta principale è in parte chiusa con fabbrica, e l'altra nel muro sinistro ha la porticella tutta fradicia, e senza chiave. La suddetta tribunetta è dipinta di buon pennello, ma le sagre Immagini sono affatto rovinate. Serve presentemente per ricettacolo degli asini, e nel tempo di fiera per abitazione de' Zingari. Lodevole solo, che sia stato radicitus da qualche pio fedele spiantato l'Altare. Per la riparazione da cominciarsi dal tetto, e dal Cornicione esteriore franto, massime nel muro laterale destro, sequestriamo le rendite, che presentemente ascendono a ducati 146,90 come nello stato Economico N. 39 indi si proseguirà. Nelle pareti. Nelle fenestre. Nel pavimento. Nell'armario appararvisi il Sacerdote. Nell'Altare ad forman di pietra paesana, detta trofino.
E frattanto si lavoreranno le porte, per togliere 1'abbominazione, che una casa del Signore, governata da una Religione cotanto Illustre, (com'è la Gerosolimitana, a cui appartiene questa Chiesa) non serva più per istalla, e per ricettacolo de' Zingari, ed altri malviventi. E per la esecuzione de' suddetti decreti deputiamo coll'Autorità Apostolica a Noi espressamente delegata, anche nelle Chiese esenti, il Sig. Canonico de Leonardis, colle facoltà necessarie, ed opportune, reservato nobis iure per la reddizione de' conti".