Passeggiando con la storia
Francesco Antonio Finy, Cardinale
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 20 giugno 2024
Prima di presentare il personaggio nei suoi aspetti biografici, è giusto ribadire che Finy è da considerare, a tutti gli effetti gravinese. Gloria della nostra città. Pur sempre figlio illustre di Gravina. Nasce a Minervino Murge, da una famiglia di modeste condizioni, ove nella chiesa matrice si conserva un dipinto che lo ritrae, il 6 maggio 1669. Morì a Napoli il 5 aprile 1743 è stato un cardinale e arcivescovo cattolico italiano. Era figlio di Angelo e Cinzia Troisi. Con la sua famiglia, si trasferì a 9 anni a Gravina. Studiò al seminario dello stesso paese e poi all'Università "La Sapienza" di Roma, dove si laureerà in utroque iure il 18 dicembre 1700.
Ricevette la tonsura dal vescovo di Gravina che lo raccomandò al cardinal Vincenzo Maria Orsini, il futuro papa Benedetto XIII. Il 31 maggio 1692 fu ordinato presbitero e incardinato nell'arcidiocesi di Benevento, retta dallo stesso cardinal Orsini, da cui ebbe diversi incarichi di fiducia e di responsabilità. Il 6 luglio 1722 fu nominato vescovo di Avellino e Frigento. Fu consacrato vescovo il 15 novembre dello stesso anno dal cardinale Orsini. Divenuto papa, volle portare il Finy a Roma e pertanto lo nominò arcivescovo titolare di Damasco il 20 dicembre 1724.
Il Finy diede un contributo decisivo alla elaborazione del cosiddetto catechismo dei concilio romano del 1725, indetto dall'Orsini; un insieme di regole ispirate ad un cristianesimo molto dogmatico. Inizialmente ritenne le sue diocesi e ne fece rinuncia il 29 luglio 1726. Già Maestro di camera del pontefice, nel concistoro del 9 dicembre 1726 papa Benedetto XIII lo creò cardinale in pectore. Fu pubblicato il 26 gennaio 1728.
L'8 marzo dello stesso anno ricevette il titolo di Santa Maria in Via. Fini, secondo alcuni storici, si rese inoltre corresponsabile di uno dei più gravi errori politici di Benedetto XIII, il breve del 21 luglio 1725, con il quale si ribadiva perentoriamente l'abolizione del tribunale della Monarchia sicula già decretata da Clemente XI (1715). Secondo l'arcivescovo Celestino Galiani, uno dei negoziatori di Benedetto XIII, attribuì soprattutto al nostro la stesura del breve. Iniziò così una difficile vertenza tra la S. Sede e gli inviati di Carlo VI d'Asburgo, che si sarebbe conclusa nel 1728 con un compromesso piuttosto favorevole agli interessi imperiali.
Le vicende dei concordati tra la corte di Roma e il re di Sardegna Vittorio Amedeo II attirarono su Finy nuove critiche, gelosie e odi. Egli condusse infatti - insieme con il Coscia, con Niccolò Maria Lercari e con l'allora segretario della congregazione del Concilio Prospero Lambertini e pochi altri - le trattative segrete con il diplomatico sabaudo Carlo Vincenzo Ferrero, marchese d'Ormea; mentre il Collegio cardinalizio restava all'oscuro di tutto. Quando vennero resi pubblici gli accordi del 24 marzo e del 29 maggio 1727, questi apparvero decisamente favorevoli alla corte piemontese, soprattutto in materia di immunità e giurisdizione ecclesiastica.
Non stupisce perciò che alcuni cardinali, in particolare Pietro Corradini e Giuseppe Renato Imperiali, esprimessero il loro sdegno sospettando i delegati del papa di corruzione. L'estrema condiscendenza del Finy agli interessi sabaudi venne ricompensata da Torino, secondo il Pastor, con una pensione di 1.000 scudi che doveva essere raddoppiata al momento della nomina a cardinale. Il 6 luglio 1729 optò per il titolo di San Sisto. Fu abate commendatario dell'Abbazia di Sant'Angelo de Frigillo in Mesoraca.
Partecipò al conclave del 1730, che elesse papa Clemente XII. Fu sospettato di aver abusato della fiducia e della generosità del papa che era stato suo protettore, tanto che Clemente XII dovette indagare sul suo conto, ma non emersero prove di colpevolezza e le accuse furono lasciate cadere. Il 3 settembre 1738 optò per il titolo di Santa Maria in Trastevere. Partecipò al conclave del 1740, che elesse papa Benedetto XIV.
Il 16 settembre 1740 optò per il titolo di San Pietro in Vincoli. Si stabilì a Napoli, dove condusse una vita esemplare, dando prova di generosità verso i poveri. L'11 marzo 1743 optò nuovamente per il titolo di Santa Maria in Trastevere. Donò alla città di Gravina la biblioteca capitolare con un intero palazzo, insieme con una rendita di 2000 ducati per il suo mantenimento. Morì a Napoli e fu sepolto nella chiesa del Gesù Nuovo. Il suo monumento funebre fu scolpito da Francesco Pagano.
Ricevette la tonsura dal vescovo di Gravina che lo raccomandò al cardinal Vincenzo Maria Orsini, il futuro papa Benedetto XIII. Il 31 maggio 1692 fu ordinato presbitero e incardinato nell'arcidiocesi di Benevento, retta dallo stesso cardinal Orsini, da cui ebbe diversi incarichi di fiducia e di responsabilità. Il 6 luglio 1722 fu nominato vescovo di Avellino e Frigento. Fu consacrato vescovo il 15 novembre dello stesso anno dal cardinale Orsini. Divenuto papa, volle portare il Finy a Roma e pertanto lo nominò arcivescovo titolare di Damasco il 20 dicembre 1724.
Il Finy diede un contributo decisivo alla elaborazione del cosiddetto catechismo dei concilio romano del 1725, indetto dall'Orsini; un insieme di regole ispirate ad un cristianesimo molto dogmatico. Inizialmente ritenne le sue diocesi e ne fece rinuncia il 29 luglio 1726. Già Maestro di camera del pontefice, nel concistoro del 9 dicembre 1726 papa Benedetto XIII lo creò cardinale in pectore. Fu pubblicato il 26 gennaio 1728.
L'8 marzo dello stesso anno ricevette il titolo di Santa Maria in Via. Fini, secondo alcuni storici, si rese inoltre corresponsabile di uno dei più gravi errori politici di Benedetto XIII, il breve del 21 luglio 1725, con il quale si ribadiva perentoriamente l'abolizione del tribunale della Monarchia sicula già decretata da Clemente XI (1715). Secondo l'arcivescovo Celestino Galiani, uno dei negoziatori di Benedetto XIII, attribuì soprattutto al nostro la stesura del breve. Iniziò così una difficile vertenza tra la S. Sede e gli inviati di Carlo VI d'Asburgo, che si sarebbe conclusa nel 1728 con un compromesso piuttosto favorevole agli interessi imperiali.
Le vicende dei concordati tra la corte di Roma e il re di Sardegna Vittorio Amedeo II attirarono su Finy nuove critiche, gelosie e odi. Egli condusse infatti - insieme con il Coscia, con Niccolò Maria Lercari e con l'allora segretario della congregazione del Concilio Prospero Lambertini e pochi altri - le trattative segrete con il diplomatico sabaudo Carlo Vincenzo Ferrero, marchese d'Ormea; mentre il Collegio cardinalizio restava all'oscuro di tutto. Quando vennero resi pubblici gli accordi del 24 marzo e del 29 maggio 1727, questi apparvero decisamente favorevoli alla corte piemontese, soprattutto in materia di immunità e giurisdizione ecclesiastica.
Non stupisce perciò che alcuni cardinali, in particolare Pietro Corradini e Giuseppe Renato Imperiali, esprimessero il loro sdegno sospettando i delegati del papa di corruzione. L'estrema condiscendenza del Finy agli interessi sabaudi venne ricompensata da Torino, secondo il Pastor, con una pensione di 1.000 scudi che doveva essere raddoppiata al momento della nomina a cardinale. Il 6 luglio 1729 optò per il titolo di San Sisto. Fu abate commendatario dell'Abbazia di Sant'Angelo de Frigillo in Mesoraca.
Partecipò al conclave del 1730, che elesse papa Clemente XII. Fu sospettato di aver abusato della fiducia e della generosità del papa che era stato suo protettore, tanto che Clemente XII dovette indagare sul suo conto, ma non emersero prove di colpevolezza e le accuse furono lasciate cadere. Il 3 settembre 1738 optò per il titolo di Santa Maria in Trastevere. Partecipò al conclave del 1740, che elesse papa Benedetto XIV.
Il 16 settembre 1740 optò per il titolo di San Pietro in Vincoli. Si stabilì a Napoli, dove condusse una vita esemplare, dando prova di generosità verso i poveri. L'11 marzo 1743 optò nuovamente per il titolo di Santa Maria in Trastevere. Donò alla città di Gravina la biblioteca capitolare con un intero palazzo, insieme con una rendita di 2000 ducati per il suo mantenimento. Morì a Napoli e fu sepolto nella chiesa del Gesù Nuovo. Il suo monumento funebre fu scolpito da Francesco Pagano.