passeggiando con la storia- toponimo fondovico
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Passeggiando con la storia

Genesi del toponimo Fondovito

Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari

Attingendo da una pubblicazione del professore Franco Laiso: "Gravina Intersezioni – Interpretazioni, Stampagrafica Bongo, maggio 2017", la riprendiamo per acquisire quanto è necessario apprendere sull'origine che da il nome ad uno dei due più antichi rioni della nostra città.

"Fondovito. Il quartiere si sviluppa sul versante a suda della Cattedrale. Prima che si costruissero negli anni Trenta e Quaranta le case prospicienti sulla piazza Benedetto XIII il quartiere era ben visibile nella sua interezza dalla spianata della piazza, limitata dal muro di contenimento che fungeva da belvedere.

Il toponimo del quartiere ci è stato tramandato in varie forme: Fundovito, Fondovito, Fondovico. Si è pensato, nella vulgata, come è avvenuto per il Piaggio, al termine vicus/vico, villaggio. Per avvicinarsi ad una corretta interpretazione si deve sempre ricorrere alla dizione dialettale che è finevite. Di conseguenza, la prima parte del termine dialettale fine non può essere di fondo. La parola italiana fondo designa: 1) appezzamento di terreno, podere, fondo, appunto; 2) la parte terminale inferiore di un recipiente o di una cavità; 3) l'aggettivo profondo.

Il dialetto gravinese per definire l'appezzamento di un terreno usa u fonde; per la parte inferiore di un recipiente, u funne; per l'aggettivo profondo affunne. Pertanto questi tre termini sono inconciliabili con il termine dialettale fine che deriva inequivocabilmente dal latino finis, cioè fine, termine. La seconda parte del termine, cioè vite è l'esito in dialetto del termine italiano vita. Il termine, quindi, finevite significa semplicemente finevita da finis vitae.

L'espressione finis vitae designa nell'assetto urbanistico delle città, in modo diffuso e generalizzato nel corso della storia, la zona cimiteriale. E tutta la zona del santuario di San Michele in Finevite è segnata da presenze cimiteriali. L'attuale cimitero, non a caso, si è sviluppato in contiguità e continuità con tutta la zona del San Michele.
La tradizione ci ha consegnato testimonianze sugli scontri tra Gravinesi e Saraceni, i cui resti ossei sono stati oggetto della pietà popolare per secoli. Ma al di là della tradizione, è evidente che la particolare zona di Finevite che cadeva nelle pertinenze rupestri del grande santuario di San Michele e delle grotte che fungevano da vestibolo allo stesso, era destinata ad ossario collettivo della comunità, dove si raccoglievano e si conservavano i resti dei defunti esumati dopo il prefissato tempo della sepoltura.
Tradizioni e pratiche funerarie si fondono – è proprio il nostro caso - nella terra di Finis vitae, di Finevite. Molto probabilmente con il trattato di Saint Cloud, in concomitanza del regno del Sud Italia di Gioacchino Murat, questa pratica venne meno, perché ormai si realizzava il cimitero attuale. Testimonianza che avvalora il fatto che la zona del Santuario di S. Michele fungesse da cimitero, e, quindi, da ossario riscontriamo nella Visita apostolica della città di Gravina del Cardinale V. M. Orsini (1714): "Sotto la Chiesa (Cattedrale), siccome fu notato nell'antedetta nostra visita, vi è la Confessione, o vogliam dire un'altra Chiesa sotterranea […].


Il pavimento era pieno da 70 sepolture, parte sfondate, parte con mezze lapidi, e tutte sconciosamente distribuite, e piene fino alla sommità di cadaveri: ora dopo lo spurgo generale di esse, e trasporto delle ossa e ceneri nel cimitero situato in S. Michele per ordine del Vescovo Cavalieri, le abbiamo ridotte a 12 cioè 7 nella minore e 4 altre nella nave minore destra […]". Inequivocabile risulta pertanto la funzione cimiteriale del Santuario di S. Michele.

E la denominazione Fondovito data al rione di origine altomedievale, come si spiega? Ci soccorre la Platea del Capitolo Cattedrale del 1617. A pagina 62 sono elencati i censi e le processioni al rione di origine altomedievale. A Fundo Vito. E Fundo Vito qui deve intendersi necessariamente Fondo cioè patrimonio di San Vito. E San Vito ancora nel Settecento definiva la parrocchia dell'attuale S. Agostino.

Nella denominazione della chiesa, pertanto, molto probabilmente il Titolo di S. Vito è stato sostituito da quello di S. Agostino: santo, certamente, più conosciuto presso i fedeli. E cospicuo, come dalla Platea si evince è il Fondo, ovvero il patrimonio di S. Vito nel rione. L'autore di questa nota ha potuto ammirare in Vico S. Bartolomeo, incassata sulla fronte di una casa-grotta la pregevolissima formella in ceramica che rappresenta S. Vito Martire in paludamenti regali.

Egli regge nella mano sinistra una palama, nella destra la croce, ai suoi piedi 2cani accucciati, ai lati 2 arborescenze, molto probabilmente spighe di grano di cui S. Vito è protettore. A Gravina, sia detto per incidens, formelle che contrassegnano le proprietà di chiese, di enti ecclesiastici, di monasteri sono frequentissime. Stemmi o formelle denotanti l'arma del Capitolo Cattedrale, del Monte dei Morti, del Monastero delle Clarisse, dell'ordine dei Francescani, di Santa Maria delle Domenicane ecc… sono diffusissimi.
A conclusione della nostra indagine, che cosa possiamo dire delle fantasiose definizioni di Pagus e Vicus, per Piaggio e Fondovito? Esse si rivelano un orpello filologico di cattivo conio e, destituite di ogni fondamento, falsificano la storia dei nostri quartieri medievali. Per esempio si tramanda anche la dizione Fondo Vico, quasi a significare un vico situato nel fondo valle. Una tipica ricostruzione fantasiosa e "dotta".

In conclusione si può dire che il quartiere era definito nei documenti scritti Fundovito o Fondovito per specificare le proprietà afferenti al Titolo di San Vito; nella trasmissione orale la dizione finevite evocava, invece, la zona cimiteriale presente nel quartiere. In molte città, di fatti, sono presenti zone definite Finevita per specificare i cimiteri".
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  • Giuseppe Massari
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