Passeggiando con la Storia
Passeggiando con la Storia "giudizio storico su Carlo II"
Passeggiando con la storia

I giudizi storici su Carlo II d’Angiò artefice della nostra Fiera

Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari

Una premessa. Quello odierno è il primo di tre articoli sulla nostra storica campionaria. So e sappiamo molto bene, in virtù dell'attuale momento storico, che l'evento, anche quest'anno, con molta probabilità non sarà celebrato. Siccome, comunque, la manifestazione è parte vitale della nostra storia cittadina, del nostro glorioso passato, non ho voluto mancare l'appuntamento e trattarlo secondo aspetti sconosciuti, quasi inediti, anche nel corso delle altre due puntate successive.

Da una pubblicazione di Mario Gaglione: Converà ti que aptengas la flor. Profili di Sovrani Angioini, da Carlo I a Renato (1266 – 1442), edizione fuori commercio a cura di Lampi di Stampa, Milano 2009, ho estrapolato, dal capitolo I giudizi su Carlo II, quanto poteva riguardare, indirettamente la nostra storia, ma, soprattutto, la nostra Fiera, nella persona di Carlo II d'Angiò che la ripristinò E' un contributo che metto a disposizione dei lettori e degli studiosi per meglio conoscere un sovrano che ha contribuito, tra i suoi meriti, a fare grande la nostra città.

Certamente, la personalità di Carlo è tutt'oggi poco conosciuta. Il profilo politico e umano del secondo sovrano angioino è, infatti, come schiacciato tra le grandi figure di suo padre, Carlo I, e di suo figlio, Roberto. Federico Franconi, domenicano del convento di S. Domenico Maggiore a Napoli, instaurando un confronto proprio tra Carlo I, Carlo II e Roberto, paragonò significativamente il primo al sangue, il secondo allo spirito e il terzo, sapientissimo, all'acqua. E, dunque, Carlo II sarebbe stato un uomo spirituale, come Carlo I era stato un optimus proeliator, (un ottimo combattente) e Roberto sarebbe stato un principe sapiente.

Uomo spirituale, ma soprattutto uomo di pace, perché Carlo II, a differenza del padre, preferì la diplomazia alle azioni militari. Rivolto ai messinesi che chiedevano a viva voce la sua morte, avrebbe detto loro: "mai da me offesi, perche dunque invocate su di me indifeso la pena capitale? Le mie azioni non vi hanno arrecato mai alcun danno, anzi avete sempre conosciuto che i miei desideri erano rivolti alla pace e non certo alla guerra, ed erano invece indirizzati a sollevarvi dalle difficoltà, ne ho mai appreso cosa grave a voi capitata che non mi abbia profondamente rattristato".

Secondo Giovanni Villani il Sovrano fu: uno de' larghi e graziosi signori che al suo tempo vivesse, e nel suo regno fu chiamato il secondo Alessandro per la cortesia; ma per altre virtu fu di poco valore, e magagnato in sua vecchiezza disordinatamente in vizio carnale, e d'usare pulcelle, iscusandosi per certa malattia ch'avea di venire misello". Ancora a Franconi si deve un ampio elogio del Sovrano, soprattutto con riguardo alla sua liberalità: "in secondo luogo, occorre discorrere della sua generosità; secondo Aristotele nel libro IV dell'Etica, proprio della persona generosa e l'affrontare spese e l'effettuare donazioni soprattutto per quanto concerne gli affari religiosi e la costruzione dei templi; e cosi re Carlo si e comportato proprio come un generoso, e tanto ha speso e ha donato a cavalieri e conti, e soprattutto per gli affari religiosi e la costruzione di chiese; oh, davvero, quanto ha donato a chierici e religiosi! E quante chiese, monasteri e conventi ha edificato e dotato".

Giovanni Regina, anch'egli domenicano in S. Domenico Maggiore a Napoli, analogamente scrisse: "egli dimostra il suo amore per Dio e la sua carità con molte e grandi azioni, ma soprattutto con due di esse, conformemente ai due precetti della carità; infatti, su sua richiesta e sollecitazione il culto divino è stato molto praticato nelle sue residenze e nella sua cappella, e inoltre ha molto incrementato lo stesso culto nei suoi dominii costruendo e dotando chiese, monasteri e altre istituzioni religiose, e ciò per quanto riguarda il primo precetto della carità; quanto poi al secondo precetto ha elargito molte e cospicue elemosine ai poveri in nome di Dio, sicchè di lui può fondatamente affermarsi quanto dice il Vangelo di Giovanni: questa è la perfetta carità".

Altre fonti tributano al Sovrano qualche generica parola di elogio, come ad esempio la Cronaca di Partenope, che lo ricorda come «iusto e graziuso, liberale e benigno,…multo amato da li vassalli…fedelissimo cristiano…aumento lo culto divino e fece in suo tempo multe ecclesie et ospitali" e ancora il trovatore Guiraut Riquier e la tarda Cronaca di Notar Giacomo. Persino Dante Alighieri, antiangioino, nel canto XIX del Paradiso, dice la sua sul nostro personaggio, con i seguenti versi: "vedrassi al Ciotto di Ierusalemme segnata con un i la sua bontade, quando il contrario segnerà un emme", e cioè, lo Zoppo di Gerusalemme, ovvero Carlo II, che era appunto claudicante, il giorno del Giudizio vedrà misurata la sua bontà, e questa sarà pari a 1 (I), mentre la sua malvagità sarà certamente pari a 1.000 (M).

Relativamente alla malvagità, poi, del sovrano, esplicitata nei versi di una terzina del XX canto del Purgatorio: "l'altro, che già uscì preso di nave, veggio vender sua figlia e patteggiarne come fanno i corsar de l'altre schiave", il sommo poeta si riferisce alla vicenda matrimoniale di Beatrice d'Angiò. Il marchese di Ferrara Azzo VIII d'Este (1393-1308), probabilmente per coronare l'ambizione di sposare la figlia di un re, chiese in moglie la giovanissima principessa angioina. Pur di ottenerne la mano, contrariamente all'uso, versò di tasca propria la dote di 51.000 fiorini, 30.000 dei quali furono subito spesi per acquistarle alcuni feudi nel Regno, e cioè la contea di Andria, e la terra di Acquaviva, il castello di Monteselicola e Casalaspro, appartenuti al suo defunto fratello, il principe Raimondo Berengario d'Angiò. Le nozze furono celebrate nella primavera del 1305, e l'operazione valse a Carlo l'accusa di aver venduto la figlia come una schiava rapita da un corsaro, per riprendere il verso dantesco del re.
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