Passeggiando con la storia
Il Bosco Difesa Grande: una storia da conoscere e raccontare
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 13 agosto 2020
Il bosco comunale Difesa Grande, che ha una ricca storia, come vedremo appresso, attualmente Sito di Interesse Comunitario, ha un'estensione di circa 2.000 ettari. Situato a circa 6 km dal centro abitato di Gravina, nel medio bacino idrografico del fiume Bradano, presenta una flora spontanea di querceto formata da roverella, cerro e farnetto. Oltre a numerose specie di acero e arbusti. Molto ricca la parte relativa al sottobosco con la presenza di pungitopo, lentisco, smilace.
Il complesso faunistico è molto ricco, sono presenti infatti il ramarro (Lacerta viridis), più grande sauro europeo, il colubro liscio (Coronella austriaca), la Tartaruga di hermann (Testudo hermanni), la lepre, la volpe. Imponente anche la presenza ornitica del bosco, sono presenti: il cuculo, il barbagianni, il nibbio reale e il nibbio bruno, la poiana, l'assiolo, l'upupa, il gufo comune, l'allocco, il merlo, la capinera, lo sparviero, la ghiandaia, la calandra, l'averla capirossa. Tra i mammiferi il cinghiale, la donnola, il tasso, la puzzola, l'istrice, la faina, ed il gatto selvatico.
Sin qui, sinteticamente, la presentazione del luogo con le sue caratteristiche floro-faunistiche. Entrando nel merito delle notizie storiche, sulla sua appartenenza al Comune di Gravina e di tutte le vicende legate alla sua gestione, dobbiamo affidarci a quanto riportato dal padre cappuccino Rosario Amico, al secolo Antonio, docente presso l'Istituto di Botanica dell'Università degli studi di Bari, autore, nel 1955, del testo: Fitostoria descrittiva della Provincia di Bari, pubblicato dalla Accademie Pugliese delle Scienze con il finanziamento del Centro per lo Studio della Flora e della Vegetazione Italiana.
Il dottor Amico, attingendo dalle notizie storiche del nostro concittadino Nardone e dall'Archivio Storico di Bari, scrive che il nostro Bosco fu acquistato dall'Universitas di Gravina, cioè il Comune, dal Vicereame nel scolo XVI. "Anticamente anche questo bosco andava sotto il nome di Selva e la chiesa che era al suo confine, coeva di S. Angelo del Frassineto, era detta di S. Donato della Selva. Il più antico documento che parla di questo bosco è del 1084. Nel 1600 tra i fondi da cui l'Università traeva i cespiti per la res pubblica è menzionato il Bosco (Difesa grande).
Nell'elenco di vincolo del 3 ottobre 1877 la Difesa è contrassegnata dal n. 1 con l'indicazione "Bosco di Quercia farnia, rovere, cerri e lentisco". Nel 1885 fu concesso il taglio della Macchia di Lentisco "da cui viene coverto il semiterzo Pantone" che, dopo il taglio, fu messo in Difesa. Nel 1908 fu concesso il taglio delle piante vecchie e deperite nelle zone comunali boscate denominate Costa Pampanuto ed Acqua Fredda (semiterzo Campanale) e della bassa frasca nella località Lamalunga (semitezo Viziello) per assegnarsi come combustibile alla popolazione. Già nel 1907 l'amministrazione forestale aveva emesso verbale di martellata per 1056 piante di querce e cerro nel semiterzo Viziello della Difesa.
Nel 1910 nel bosco si sviluppò un incendio per cui fu intensificata la vigilanza. Il Bosco Comunale fu salvato dalla furia disboscatrice del XIX secolo per l'accortezza dei dirigenti del Comune, i quali dimostrarono che non essendo tale bosco demanio, ma proprietà patrimoniale acquistata nel secolo XVI, non andava soggetto alle leggi di quotizzazione". A tal riguardo, è giusto fare entrare in campo il nostro Nardone, che così racconta il mancato oltraggio a quell'immenso patrimonio boschivo.
"Devesi ad un tempestivo ed energico intervento di zelanti cittadini se questo bosco potè sfuggire alla mania quotizzatrice e dissodatrice che, nella seconda metà del sec. XIX distrusse non poche estensioni private. Per la sua conservazione il Comune dovette sostenere una clamorosa lite, pretendendo i prefetti, quali commissari partitari, dichiararlo demanio, mentre fu dimostrato essere un bene patrimoniale. La vittoria del Comune ci ha salvato e conservato un patrimonio che è fonte di vita a tanta povera gente, che, specie d'inverno, va in questo bosco a legnare gratuitamente. Senza dire che per la sua estensione (Ha. 1898,89,20) per la bellezza dei suoi panorami per la selvaggina che in esso si rinviene e per la poca distanza dal centro abitato (6 Km.) rappresenta una magnifica meta turistica, specie in primavera e autunno. Tutto il fondo è diviso in 6 sezioni".
Rimettendo in campo il dottor Amico e per concludere la scheda descrittiva e conoscitiva del nostro polmone verde, riprendo il suo racconto. "Durante l'occupazione anglo-americana dell'ultima guerra, fu abbattuto gran quantità di alto fusto che servì di materiale combustibile all'esercito occupante. All'azione di struggitrice dei militari tenne compagnia quella di non pochi cittadini e così in breve tempo scomparve un patrimonio cui tanto s'era lottato per il passato. Se l'attuale alto fusto sarà curato il bosco potrà riprendersi".
Il complesso faunistico è molto ricco, sono presenti infatti il ramarro (Lacerta viridis), più grande sauro europeo, il colubro liscio (Coronella austriaca), la Tartaruga di hermann (Testudo hermanni), la lepre, la volpe. Imponente anche la presenza ornitica del bosco, sono presenti: il cuculo, il barbagianni, il nibbio reale e il nibbio bruno, la poiana, l'assiolo, l'upupa, il gufo comune, l'allocco, il merlo, la capinera, lo sparviero, la ghiandaia, la calandra, l'averla capirossa. Tra i mammiferi il cinghiale, la donnola, il tasso, la puzzola, l'istrice, la faina, ed il gatto selvatico.
Sin qui, sinteticamente, la presentazione del luogo con le sue caratteristiche floro-faunistiche. Entrando nel merito delle notizie storiche, sulla sua appartenenza al Comune di Gravina e di tutte le vicende legate alla sua gestione, dobbiamo affidarci a quanto riportato dal padre cappuccino Rosario Amico, al secolo Antonio, docente presso l'Istituto di Botanica dell'Università degli studi di Bari, autore, nel 1955, del testo: Fitostoria descrittiva della Provincia di Bari, pubblicato dalla Accademie Pugliese delle Scienze con il finanziamento del Centro per lo Studio della Flora e della Vegetazione Italiana.
Il dottor Amico, attingendo dalle notizie storiche del nostro concittadino Nardone e dall'Archivio Storico di Bari, scrive che il nostro Bosco fu acquistato dall'Universitas di Gravina, cioè il Comune, dal Vicereame nel scolo XVI. "Anticamente anche questo bosco andava sotto il nome di Selva e la chiesa che era al suo confine, coeva di S. Angelo del Frassineto, era detta di S. Donato della Selva. Il più antico documento che parla di questo bosco è del 1084. Nel 1600 tra i fondi da cui l'Università traeva i cespiti per la res pubblica è menzionato il Bosco (Difesa grande).
Nell'elenco di vincolo del 3 ottobre 1877 la Difesa è contrassegnata dal n. 1 con l'indicazione "Bosco di Quercia farnia, rovere, cerri e lentisco". Nel 1885 fu concesso il taglio della Macchia di Lentisco "da cui viene coverto il semiterzo Pantone" che, dopo il taglio, fu messo in Difesa. Nel 1908 fu concesso il taglio delle piante vecchie e deperite nelle zone comunali boscate denominate Costa Pampanuto ed Acqua Fredda (semiterzo Campanale) e della bassa frasca nella località Lamalunga (semitezo Viziello) per assegnarsi come combustibile alla popolazione. Già nel 1907 l'amministrazione forestale aveva emesso verbale di martellata per 1056 piante di querce e cerro nel semiterzo Viziello della Difesa.
Nel 1910 nel bosco si sviluppò un incendio per cui fu intensificata la vigilanza. Il Bosco Comunale fu salvato dalla furia disboscatrice del XIX secolo per l'accortezza dei dirigenti del Comune, i quali dimostrarono che non essendo tale bosco demanio, ma proprietà patrimoniale acquistata nel secolo XVI, non andava soggetto alle leggi di quotizzazione". A tal riguardo, è giusto fare entrare in campo il nostro Nardone, che così racconta il mancato oltraggio a quell'immenso patrimonio boschivo.
"Devesi ad un tempestivo ed energico intervento di zelanti cittadini se questo bosco potè sfuggire alla mania quotizzatrice e dissodatrice che, nella seconda metà del sec. XIX distrusse non poche estensioni private. Per la sua conservazione il Comune dovette sostenere una clamorosa lite, pretendendo i prefetti, quali commissari partitari, dichiararlo demanio, mentre fu dimostrato essere un bene patrimoniale. La vittoria del Comune ci ha salvato e conservato un patrimonio che è fonte di vita a tanta povera gente, che, specie d'inverno, va in questo bosco a legnare gratuitamente. Senza dire che per la sua estensione (Ha. 1898,89,20) per la bellezza dei suoi panorami per la selvaggina che in esso si rinviene e per la poca distanza dal centro abitato (6 Km.) rappresenta una magnifica meta turistica, specie in primavera e autunno. Tutto il fondo è diviso in 6 sezioni".
Rimettendo in campo il dottor Amico e per concludere la scheda descrittiva e conoscitiva del nostro polmone verde, riprendo il suo racconto. "Durante l'occupazione anglo-americana dell'ultima guerra, fu abbattuto gran quantità di alto fusto che servì di materiale combustibile all'esercito occupante. All'azione di struggitrice dei militari tenne compagnia quella di non pochi cittadini e così in breve tempo scomparve un patrimonio cui tanto s'era lottato per il passato. Se l'attuale alto fusto sarà curato il bosco potrà riprendersi".