Passeggiando con la storia
Il Cenacolo di San Sebastiano è opera di fra' Giuseppe da Gravina?
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 1 aprile 2021
12.15
So bene che questa non è una rubrica religiosa, pertanto, non ha la pretesa di presentare l'evento odierno, cioè l'istituzione dell'Eucarestia, con il rito dell'Ultima Cena, consumato da Cristo con i suoi discepoli, prima di salire il colle della sofferenza, della morte, sotto l'aspetto teologico, liturgico-ecclesiatico, ma da un punto di vista storico ed artistico, giusto per non tradire lo spirito di questa rubrica promossa dalla testata.
Gravina ha il privilegio di conservare e custodire una rievocazione artistica dell'Ultima Cena; una rappresentazione quasi scenica del Cenacolo. Su una parete, all'interno di uno degli ambienti del chiostro di San Sebastiano insiste questo affresco poco conosciuto, perché nascosto, in una specie di camera d'aria, e che non fa parte dell' armamentario pittorico che abbellisce l'intero complesso architettonico. E' una pittura muraria che poteva far parte dell'intera struttura conventuale quale poteva essere il refettorio. Di solito, un Cenacolo, un'Ultima Cena, raffigurati artisticamente, sono stati o dipinti o ritrovati nelle sale adibite alla consumazione dei pasti delle varie comunità monastiche o religiose. Quindi, c'è da supporre che, anche questa opera potesse rientrare in questa logica.
Al di là di questo, però, è difficile, purtroppo, risalire all'autore. E' una pittura che potrebbe risalire al XVII secolo. Potrebbe essere accomunata o attribuita a frà Giuseppe da Gravina, l'affrescante dell'intero chiostro e della tela del San Sebastiano. Solo ipotesi, ricostruzioni deducibili, che potrebbero,anche, essere logiche e razionali, ma, finora, senza fondamento o senza riscontri attendibili. Peraltro, il pregevole volume di Maria Antonietta Bochicchio Altieri: "Il poema francescano negli affreschi di frà Giuseppe. Convento e chiostro di San Sebastiano Gravina in Puglia", il Grillo Editore, 2015, non ne fa menzione, a parte quello, con il suo contributo, inserito all'interno dell'opera, dell'artista locale Pino Navedoro.
Navedoro, infatti, chiarendo la tesi sopra esposta, sulla possibilità che l'opera possa essere stata realizzata per decorare una parete del refettorio, scrive: "Risale a qualche anno la scoperta, nell'intercapedine tra due muri, di un affresco seicentesco rappresentante l'Ultima Cena in cui chiara appare l'ispirazione di matrice leonardesca. Non risulta affatto fuori luogo, infine, immaginare che quella sulla quale è dipinto fosse una delle pareti interne dell'antico refettorio". In un refettorio di una comunità monastica, il richiamo all'Ultima cena, con un dipinto murale o con un quadro è quanto di più pertinente possa esserci. Volendo immaginare, pertanto, se non altro tenendo presente il contesto architettonico in cui la maestria artistica di frà Giuseppe da Gravina si è espressa e accreditarne, con tutti i benefici d'inventario la paternità, l'occasione è propizia per inoltrarci nella biografia di questo umile frate francescanononchè gloria gravinese.
Scrive Maria Antonietta Bochicchio Altieri, nel citato testo:"Frater Joseph a Gravina pingebat 1678. Nella chiesa attigua al nostro chiostro, c'è una tela dedicata a San Sebastiano. Dalla firma apposta dal pittore si ricavano il suo nome, dove è nato e dove per un certo periodo è vissuto e l'anno in cui la tela è stata dipinta. Ha lavorato instancabilmente come frescante ( a Lecce, a Francavilla Fontana, secondo alcuni biografi del frate n.d.r), a Nardò, a Galatina e in altri conventi della provincia. Nessuna fonte scritta ci parla di lui, ma possiamo attribuirgli anche gli affreschi del nostro chiostro se li confrontiamo con quelli del convento di Galatina, che hanno molto in comune e che non hanno perduto la data (1696) e la sua firma".
L'autrice del testo, nell'inquadrare meglio la figura del pittore gravinese, così scrive: "Tra gli emblemi araldici fra Giuseppe inserì quello di Vincenzo Maria Orsini, vescovo dal 1675 al 1724. Questo ci consente di individuare la data di un possibile inizio dei lavori, il 1675. Possiamo considerare il 1696 una possibile data di chiusura perché le soluzioni stilistiche più raffinate di Galatina ci fanno pensare che gli affreschi siano successivi.
A Galatina i frati riformati, che verso il 1657 avevano innalzato il nuovo convento, nell'ultimo decennio del XVII secolo, affidarono al confratello Giuseppe da Gravina la decorazione degli ambulacri superiori e del quadriportico della Basilica Santa Caterina d'Alessandria. Il pittore appose sulle superfici parietali istoriate del chiostro la scritta «Frater Ioseph a Gravina Reformatus pingebat Anno Domini 1696».
A Nardò nel chiostro di Sant'Antonio esiste un ciclo pittorico di almeno 27 raffigurazioni.Si tratta di opere di frà Giuseppe da Gravina (su uno degli affreschi compare la firma e l'indicazione dell'anno, il 1662), uno dei pittori pugliesi più importanti del XVII secolo. Un frate che si aggregò al manipolo di artisti che contribuirono a diffondere l'ideale estetico tipico della corrente francescana.
Il 7 aprile 2004, la Repubblica Bari pubblica un articolo, a firma R.C. : "Frà Giuseppe e le sette tele", in cui tra l'altro, si legge: "Ci sono voluti quasi cinque secoli perché potessero rivedere la luce. Si tratta di sette dipinti, parte di un ciclo sulla Passione di Cristo, risalenti al 1686 circa e ritrovati per puro caso, lo scorso anno, nella chiesa del Crocifisso dell' ex convento Sant' Antonio a Gioia del Colle. La scoperta fu effettuata durante i lavori di restauro che hanno interessato l' antico complesso architettonico: per ragioni rimaste tuttora sconosciute, le tele erano state murate dietro l' abside centrale della chiesa. E finalmente potranno ora farsi rivedere: a partire da domani negli spazi del Palazzo comunale.
Ma non sarà che una collocazione del tutto temporanea, individuata per consentirne un' immediata e quanto più ampia possibile fruizione. D' accordo con la Soprintendenza ai beni architettonici della Puglia, il ciclo dei dipinti sarà poi ricollocato nella sua collocazione originaria, nella chiesa del Crocifisso. Quanto all' autore delle opere in questione, l' ipotesi più accreditata è che siano state realizzate da Giuseppe da Gravina, un frate minore proveniente dal leccese cui sono state attribuite, nel passato, alcune tele conservate nei conventi di San Sebastiano (a Galatina) e Santa Maria al Tempio (a Lecce). Rispetto alla datazione, invece, quella presunta del 1686 è venuta fuori durante i lavori di restauro dei dipinti, sull' angolo di una tela (gli interventi effettuati sulle opere sono stati di natura conservativa ed estetica)".
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Gravina ha il privilegio di conservare e custodire una rievocazione artistica dell'Ultima Cena; una rappresentazione quasi scenica del Cenacolo. Su una parete, all'interno di uno degli ambienti del chiostro di San Sebastiano insiste questo affresco poco conosciuto, perché nascosto, in una specie di camera d'aria, e che non fa parte dell' armamentario pittorico che abbellisce l'intero complesso architettonico. E' una pittura muraria che poteva far parte dell'intera struttura conventuale quale poteva essere il refettorio. Di solito, un Cenacolo, un'Ultima Cena, raffigurati artisticamente, sono stati o dipinti o ritrovati nelle sale adibite alla consumazione dei pasti delle varie comunità monastiche o religiose. Quindi, c'è da supporre che, anche questa opera potesse rientrare in questa logica.
Al di là di questo, però, è difficile, purtroppo, risalire all'autore. E' una pittura che potrebbe risalire al XVII secolo. Potrebbe essere accomunata o attribuita a frà Giuseppe da Gravina, l'affrescante dell'intero chiostro e della tela del San Sebastiano. Solo ipotesi, ricostruzioni deducibili, che potrebbero,anche, essere logiche e razionali, ma, finora, senza fondamento o senza riscontri attendibili. Peraltro, il pregevole volume di Maria Antonietta Bochicchio Altieri: "Il poema francescano negli affreschi di frà Giuseppe. Convento e chiostro di San Sebastiano Gravina in Puglia", il Grillo Editore, 2015, non ne fa menzione, a parte quello, con il suo contributo, inserito all'interno dell'opera, dell'artista locale Pino Navedoro.
Navedoro, infatti, chiarendo la tesi sopra esposta, sulla possibilità che l'opera possa essere stata realizzata per decorare una parete del refettorio, scrive: "Risale a qualche anno la scoperta, nell'intercapedine tra due muri, di un affresco seicentesco rappresentante l'Ultima Cena in cui chiara appare l'ispirazione di matrice leonardesca. Non risulta affatto fuori luogo, infine, immaginare che quella sulla quale è dipinto fosse una delle pareti interne dell'antico refettorio". In un refettorio di una comunità monastica, il richiamo all'Ultima cena, con un dipinto murale o con un quadro è quanto di più pertinente possa esserci. Volendo immaginare, pertanto, se non altro tenendo presente il contesto architettonico in cui la maestria artistica di frà Giuseppe da Gravina si è espressa e accreditarne, con tutti i benefici d'inventario la paternità, l'occasione è propizia per inoltrarci nella biografia di questo umile frate francescanononchè gloria gravinese.
Scrive Maria Antonietta Bochicchio Altieri, nel citato testo:"Frater Joseph a Gravina pingebat 1678. Nella chiesa attigua al nostro chiostro, c'è una tela dedicata a San Sebastiano. Dalla firma apposta dal pittore si ricavano il suo nome, dove è nato e dove per un certo periodo è vissuto e l'anno in cui la tela è stata dipinta. Ha lavorato instancabilmente come frescante ( a Lecce, a Francavilla Fontana, secondo alcuni biografi del frate n.d.r), a Nardò, a Galatina e in altri conventi della provincia. Nessuna fonte scritta ci parla di lui, ma possiamo attribuirgli anche gli affreschi del nostro chiostro se li confrontiamo con quelli del convento di Galatina, che hanno molto in comune e che non hanno perduto la data (1696) e la sua firma".
L'autrice del testo, nell'inquadrare meglio la figura del pittore gravinese, così scrive: "Tra gli emblemi araldici fra Giuseppe inserì quello di Vincenzo Maria Orsini, vescovo dal 1675 al 1724. Questo ci consente di individuare la data di un possibile inizio dei lavori, il 1675. Possiamo considerare il 1696 una possibile data di chiusura perché le soluzioni stilistiche più raffinate di Galatina ci fanno pensare che gli affreschi siano successivi.
A Galatina i frati riformati, che verso il 1657 avevano innalzato il nuovo convento, nell'ultimo decennio del XVII secolo, affidarono al confratello Giuseppe da Gravina la decorazione degli ambulacri superiori e del quadriportico della Basilica Santa Caterina d'Alessandria. Il pittore appose sulle superfici parietali istoriate del chiostro la scritta «Frater Ioseph a Gravina Reformatus pingebat Anno Domini 1696».
A Nardò nel chiostro di Sant'Antonio esiste un ciclo pittorico di almeno 27 raffigurazioni.Si tratta di opere di frà Giuseppe da Gravina (su uno degli affreschi compare la firma e l'indicazione dell'anno, il 1662), uno dei pittori pugliesi più importanti del XVII secolo. Un frate che si aggregò al manipolo di artisti che contribuirono a diffondere l'ideale estetico tipico della corrente francescana.
Il 7 aprile 2004, la Repubblica Bari pubblica un articolo, a firma R.C. : "Frà Giuseppe e le sette tele", in cui tra l'altro, si legge: "Ci sono voluti quasi cinque secoli perché potessero rivedere la luce. Si tratta di sette dipinti, parte di un ciclo sulla Passione di Cristo, risalenti al 1686 circa e ritrovati per puro caso, lo scorso anno, nella chiesa del Crocifisso dell' ex convento Sant' Antonio a Gioia del Colle. La scoperta fu effettuata durante i lavori di restauro che hanno interessato l' antico complesso architettonico: per ragioni rimaste tuttora sconosciute, le tele erano state murate dietro l' abside centrale della chiesa. E finalmente potranno ora farsi rivedere: a partire da domani negli spazi del Palazzo comunale.
Ma non sarà che una collocazione del tutto temporanea, individuata per consentirne un' immediata e quanto più ampia possibile fruizione. D' accordo con la Soprintendenza ai beni architettonici della Puglia, il ciclo dei dipinti sarà poi ricollocato nella sua collocazione originaria, nella chiesa del Crocifisso. Quanto all' autore delle opere in questione, l' ipotesi più accreditata è che siano state realizzate da Giuseppe da Gravina, un frate minore proveniente dal leccese cui sono state attribuite, nel passato, alcune tele conservate nei conventi di San Sebastiano (a Galatina) e Santa Maria al Tempio (a Lecce). Rispetto alla datazione, invece, quella presunta del 1686 è venuta fuori durante i lavori di restauro dei dipinti, sull' angolo di una tela (gli interventi effettuati sulle opere sono stati di natura conservativa ed estetica)".
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