Il ciborio nel Cappellone del Santissimo della Cattedrale di Gravina
Il ciborio nel Cappellone del Santissimo della Cattedrale di Gravina
Passeggiando con la storia

Il ciborio nel Cappellone del Santissimo della Cattedrale di Gravina è opera di Bartolomeo Mori

Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari

Un testo, una collettanea: "Viridarium Novum" Studi di Storia dell'Arte in onore di Mimma Pasculli Ferrara, a cura di Cosimo Damiano Fonseca e Isabella Di Liddo, sponsorizzato dal Ministero dell'Università e la Ricerca, dall'Università degli Studi Aldo Moro di Bari, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, dal Centro Ricerche di Storia Religiosa in Puglia, dal Consiglio Regionale della Regione Puglia, De Luca Editore d'Arte, 2020, in cui vi sono due contributi degli studiosi gravinesi: Giuseppe Schinco con un suo saggio: Gravina al tempo del vicereame spagnolo. Paesaggio urbano e società civile; e Carmen Morra, con il suo contributo, corredato dalle foto di Mauro Barnaba: Un'opera di Bartolomeo Mori nella Cattedrale di Gravina in Puglia: il Ciborio della cappella del SS.mo Sacramento. Ed è proprio questo l'argomento della puntata odierna.

Prendendo spunto dalla ricerca della Morra, dei suoi studi e dei suoi approfondimenti, ho ritenuto di portare in luce il frutto del suo lavoro con la sorpresa ed inedita scoperta circa l'autore del ciborio posizionato al di sopra dell'altare presente all'interno del Cappellone del Santissimo Sacramento, così come viene chiamata quella parte riservata alla conservazione custodia delle Particole consacrate.

La studiosa gravinese parte da una consolidata conferma, relativa alla realizzazione dell'intero ambiente in cui si trova il manufatto. La conferma che la Cappella del Sacramento fu voluta da Mons. Arcasio Ricci, vescovo di Gravina dal 1630 al 1636, anche se, attraverso opere di restauro e innovazioni, i lavori proseguirono e furono portati a compimento da chi resse la Cattedra episcopale gravinese, cioè Mons. Domenico Cennini dei Salamandra, dal 1645 al 1684.
Se è vero che, finora, la realizzazione del ciborio è stata attribuita allo scultore Cosimo o Cosmo Fanzago, artista molto in voga, di successo negli anni in cui Napoli era la capitale del vicereame spagnolo, è altrettanto vero che, data la mole dei numerosi impegni a cui l'artista era sottoposto, per la fama che si andava sempre di più consolidando, il rinomato scultore, spesso, affidasse ai suoi allievi la stesura dei progetti e le realizzazioni dell'opere commissionate.
In questa ottica, in questo contesto, la Morra, dissipa tutti i dubbi, le incertezze, anche gli assunti precedenti e inserisce, a pieno titolo, Roberto Mori quale autore e realizzatore materiale del ciborio, soprattutto grazie, anche, alla presenza di documenti storici conservati nell'Archivio diocesano di Gravina, tipo le visite pastorali dei vescovi o i mandati di pagamento, ritrovati, riletti, venuti alla luce dopo anni di ulteriori, continue, laboriose e non sempre facili ricerche.
Roberto Mori, forse, scrive la studiosa gravinese, era nato a Massa Carrara. "Non è un caso che questo scultore/marmoraro provenisse proprio da lì. Carrara era già all'epoca importante per le sue cave di marmo, dove presto i giovani scultori imparavano ad apprezzare la pietra, che poi avrebbero imparato a plasmare a Roma o, per quanto concerne questo saggio, a Napoli dove, forse più facilmente, avrebbero offerte lavorative".

Un documento, come si scriveva prima, è proprio quello riferito al pagamento al Mori per l'opera portata a compimento. La stessa testimonianza cartacea, trascritta e riportata integralmente nel testo, è ricca di informazioni, non solo sulla Custodia, come viene, normalmente, chiamato il Tabernacolo, su alcuni mestieri dell'epoca e, soprattutto, sul viaggio percorso dal pezzo in consegna, dalla bottega dove era stato realizzato alla chiesa dove sarebbe stato consegnato.
"Di questo delizioso pezzo unico, per la raffinata attenzione per la scelta dei richiami e decori naturalistici e per l'accurato accostamento degli intarsi con lapislazzuli e madreperle dettagliatamente preziosi, si sa molto ma non abbastanza e, certamente non tutto", scrive la Morra. Infatti, continua: "E' chiaro, sin dai primi righi del documento, che la commessa parte vescovo Cennini". Non a caso il suo stemma di famiglia ed episcopale, una salamandra, è riportato sulla intera opera.
"Il primo ad essere pagato, è proprio Bartolomeo Mori, il quale riceve ben 475 ducati d'argento per il suo lavoro. Seguono i pagamenti effettuati a varie figure di mestieranti, quale "un lavorante" dello stesso Mori, certamente un giovane aiutante, che viene pagato con 30 carlini d'argento e, poi, "un Manipolo, probabilmente un altro collaboratore del Mori, pagato 50 carlini di rame; quindi, compaiono tanti altri lavoratori con mansioni di varia natura, tutte figure utili per comprendere le dinamiche e il grande lavoro e il coinvolgimento di persone che comportava la produzione di un'opera come quella studiata in questo saggio.

Compaiono, pertanto dei "Bastasi", ossia dei facchini spesso portuali, dei "doanieri" per le dogane dell'epoca incontrate durante il viaggio di consegna, un "corriero", altri manipoli e poi ancora operai vari presenti dietro termini come "caricatura", "conduttura", "cavalcature" e "serviture"; quindi, dei "mastri fabbricatori" e maestro Pietro Donato, artefice, quest'ultimo, della seconda "porticella" di rame indorato del tabernacolo, acquistata a Napoli, costa 25 ducati d'argento e, infine, il canonico Giacomo Molinari, che fa da tramite tra il procuratore della confraternita del SS.mo Sacramento don Francesco Ungaretto e don Sansone Mottola ed ancora il signor Carlo Ragni, rappresentante delegato della committenza per le prime firme messe sull'alberano stipulato a Napoli e, a conclusione del presente atto, Annibale Manzella, un notaio di Gravina".
3 foto Il ciborio nel Cappellone del Santissimo della Cattedrale di Gravina
Ciborio Foto
Ciborio Foto
Firma autografa di Bartolomeo Mori Foto
Firma autografa di Bartolomeo Mori Foto
Veduta dinsieme dello stesso Cappellone Foto
Veduta dinsieme dello stesso Cappellone Foto
  • Giuseppe Massari
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