Passeggiando con la storia
Il cielo artistico e pittorico della Basilica Cattedrale
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 2 aprile 2020
Prima di presentare questi ineguagliabili tesori d'arte pittorica è bene precisare che essi hanno avuto una storia piuttosto travagliata, almeno per quanto riguarda l'attribuzione dell'autore Dopo una serie di studi, di proposte, di indicazioni, che hanno oscillato tra Carlo Rosa, Francesco Guarino e Francesco Santulli, il famoso e compianto critico d'arte Michele D'Elia non ebbe dubbi nell'attribuire la paternità a Vitantonio De Filippis. Leggo e riporto dal testo di Samantha De Simone: Gli Orsini di Solofra e la pittura a Gravina tra il XVII e XVIII secolo, Adda Editore, Bari 2005,:"L'intuizione dello studioso è confermata da alcuni elementi stilistici che caratterizzano in maniera inconfondibile i dipinti dell'artista: i panneggi solcati da marcati chiaroscuri, le pose irrigidite ed i colori vivaci, che sfociano talvolta in delicate sfumature pastello".
Qualche breve nota biografica sul pittore. De Filippis nacque a Triggiano nella seconda metà del sec. XVII. Appresa la pittura presso la bottega di un anonimo pittore triggianese, del quale si ha notizia in un documento del 1667 ed. da Battista-Castellano (1979), divenne quindi allievo di Carlo Rosa e Nicola Gliri, ultimi esponenti in Puglia del postcaravaggismo napoletano. Alla luce della sua formazione artistica, gli Orsini, reclutando il De Filippis, confermarono il loro interesse per la pittura pugliese di scuola bitontina.
Assodata la paternità artistica, è giusto evidenziare il tempo di realizzazione e i soggetti rappresentati. Circa la realizzazione, come scrive Carmen Morra nell'opuscolo: Basilica Cattedrale Gravina in Puglia, Cielo della Basilica Cattedrale: "Le cinque grandi tele del soffitto furono realizzate nel 1686, per commessa dell'allora vescovo di Gravina Mons. Domenico Valvassorio (1686 – 1689). I cinque teloni rappresentano rispettivamente, iniziando dall'arco di trionfo: I santi protettori del Regno di Napoli, della provincia di Bari e della città di Gravina; la battaglia dell'Arcangelo Michele contro Lucifero e i suoi angeli; l'Assunzione della B.V. Maria (cui fra l'altro fu dedicata la chiesa allorchè fu riedificata); l'apparizione del tetto della Vallicella a S. Filippo Neri ed infine i diciannove santi di casa Orsini".
Tornando alla descrizione delle singole tele, è giusto partire dalla più grande: La Gloriosa Assunzione di Nostra Signora. Essa fu realizzata, secondo il parere dei critici d'arte, in ossequio alla dedicazione del massimo tempio cittadino, ma, anche, alla profonda devozione della famiglia committente verso la Vergine. Peraltro, molte cattedrali pugliesi, oltre ad essere dedicate all'Assunta conservano soffitti che ne riproducono l'immagine.
Le altre due tele, che sono ottagonali e di medio formato, rappresentano il tetto cadente della chiesa della Vallicella di Roma apparso a San Filippo Neri, copia semplificata dell'affresco di Pietro da Cortona eseguito sulla volta di S. Maria in Vallicella, probabilmente in omaggio al santo che protesse l'Orsini durante il terremoto di Benevento del 5 giugno 1688 e la Pugna di san Michele con gli angeli ribelli. I due santi, tra l'altro, Patrono minore della città, per volere dell'Orsini, e l'altro Patrono principale. Come detto, alle estremità del soffitto, da una parte, soprastante il presbiterio, i santi protettori del Regno di Napoli, tra i quali si distinguono S. Nicola. S. Orsola e, forse, S. Domenico e dall'altra i Diciannove Santi della famiglia Orsini, identificati, secondo il Lucatuorto, in S. Valeriano e S. Adalberto da Praga, il beato Giovanni dei Cluniacensi e Santa Batilde.
Il discorso non può dirsi concluso se non si fa riferimento alle strutture portanti, specificatamente ai lavori di completamento, sia di stuccatura, di indoratura che della intera sovrastruttura barocca A detta della Morra: "Nel 1690 per volere di Mons. Marcello de Cavalleriis (1690 – 1705) il cielo fu della cattedrale fu interamente stuccato ad opera di ottimi artigiani come Francesco Anzelone, con un finanziamento di circa 300 ducati. Nel 1692, mons. De Cavalleriis fece anche realizzare la grandiosa sovrastruttura barocca a forma di padiglione, che nobilmente ricopre l'originario arco di trionfo, per un costo di 237 ducati prelevati dalle rendite della sacrestia.
Nel 1706, il vescovo Luigi Capuano (1705 – 1708) finanziò l'indoratura del soffitto, che fu continuata ma non completata dopo il 1708 (data della morte di mons. Capuano) con la stessa eredità. Nel 1714, in seguito alla caduta di gran parte dello stucco del soffitto delle due navate laterali, il cardinale Vincenzo Maria Orsini ne fece abbattere il rimanente e a spese della sacrestia lo fece sostituire con delle volte a vela fatte di tufi. Nel 1718 mons. Cesare Francesco Lucino (1718 – 1725) commissionò il completamento dell'indoratura e coloritura del cielo della chiesa e del padiglione a stucco. Sempre sotto l'episcopato di mons. Lucino, i quadri del soffitto subirono un primo grande restauro ad opera di Francesco Antonio Santulli, artista gravinese".
Qualche breve nota biografica sul pittore. De Filippis nacque a Triggiano nella seconda metà del sec. XVII. Appresa la pittura presso la bottega di un anonimo pittore triggianese, del quale si ha notizia in un documento del 1667 ed. da Battista-Castellano (1979), divenne quindi allievo di Carlo Rosa e Nicola Gliri, ultimi esponenti in Puglia del postcaravaggismo napoletano. Alla luce della sua formazione artistica, gli Orsini, reclutando il De Filippis, confermarono il loro interesse per la pittura pugliese di scuola bitontina.
Assodata la paternità artistica, è giusto evidenziare il tempo di realizzazione e i soggetti rappresentati. Circa la realizzazione, come scrive Carmen Morra nell'opuscolo: Basilica Cattedrale Gravina in Puglia, Cielo della Basilica Cattedrale: "Le cinque grandi tele del soffitto furono realizzate nel 1686, per commessa dell'allora vescovo di Gravina Mons. Domenico Valvassorio (1686 – 1689). I cinque teloni rappresentano rispettivamente, iniziando dall'arco di trionfo: I santi protettori del Regno di Napoli, della provincia di Bari e della città di Gravina; la battaglia dell'Arcangelo Michele contro Lucifero e i suoi angeli; l'Assunzione della B.V. Maria (cui fra l'altro fu dedicata la chiesa allorchè fu riedificata); l'apparizione del tetto della Vallicella a S. Filippo Neri ed infine i diciannove santi di casa Orsini".
Tornando alla descrizione delle singole tele, è giusto partire dalla più grande: La Gloriosa Assunzione di Nostra Signora. Essa fu realizzata, secondo il parere dei critici d'arte, in ossequio alla dedicazione del massimo tempio cittadino, ma, anche, alla profonda devozione della famiglia committente verso la Vergine. Peraltro, molte cattedrali pugliesi, oltre ad essere dedicate all'Assunta conservano soffitti che ne riproducono l'immagine.
Le altre due tele, che sono ottagonali e di medio formato, rappresentano il tetto cadente della chiesa della Vallicella di Roma apparso a San Filippo Neri, copia semplificata dell'affresco di Pietro da Cortona eseguito sulla volta di S. Maria in Vallicella, probabilmente in omaggio al santo che protesse l'Orsini durante il terremoto di Benevento del 5 giugno 1688 e la Pugna di san Michele con gli angeli ribelli. I due santi, tra l'altro, Patrono minore della città, per volere dell'Orsini, e l'altro Patrono principale. Come detto, alle estremità del soffitto, da una parte, soprastante il presbiterio, i santi protettori del Regno di Napoli, tra i quali si distinguono S. Nicola. S. Orsola e, forse, S. Domenico e dall'altra i Diciannove Santi della famiglia Orsini, identificati, secondo il Lucatuorto, in S. Valeriano e S. Adalberto da Praga, il beato Giovanni dei Cluniacensi e Santa Batilde.
Il discorso non può dirsi concluso se non si fa riferimento alle strutture portanti, specificatamente ai lavori di completamento, sia di stuccatura, di indoratura che della intera sovrastruttura barocca A detta della Morra: "Nel 1690 per volere di Mons. Marcello de Cavalleriis (1690 – 1705) il cielo fu della cattedrale fu interamente stuccato ad opera di ottimi artigiani come Francesco Anzelone, con un finanziamento di circa 300 ducati. Nel 1692, mons. De Cavalleriis fece anche realizzare la grandiosa sovrastruttura barocca a forma di padiglione, che nobilmente ricopre l'originario arco di trionfo, per un costo di 237 ducati prelevati dalle rendite della sacrestia.
Nel 1706, il vescovo Luigi Capuano (1705 – 1708) finanziò l'indoratura del soffitto, che fu continuata ma non completata dopo il 1708 (data della morte di mons. Capuano) con la stessa eredità. Nel 1714, in seguito alla caduta di gran parte dello stucco del soffitto delle due navate laterali, il cardinale Vincenzo Maria Orsini ne fece abbattere il rimanente e a spese della sacrestia lo fece sostituire con delle volte a vela fatte di tufi. Nel 1718 mons. Cesare Francesco Lucino (1718 – 1725) commissionò il completamento dell'indoratura e coloritura del cielo della chiesa e del padiglione a stucco. Sempre sotto l'episcopato di mons. Lucino, i quadri del soffitto subirono un primo grande restauro ad opera di Francesco Antonio Santulli, artista gravinese".