Passeggiando con la storia
Il Cristo Deposto della Chiesa di San Sebastiano
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 28 luglio 2022
Ci occupiamo oggi di un'opera d'arte a tanti e a molti sconosciuta, se non anche, oscuramente ed improvvidamente, rimaneggiata e snaturata, nel sua fattura e fattezza originale. Forse, perché nascosta, non visibile a quanti, pur frequentando la suddetta chiesa, non hanno mai avuto modo di poterla apprezzare, non solo perché ubicata al di sotto di un altare di una cappella secondaria, mentre, purtroppo, versava in condizioni di degrado quasi irreversibile.
A sostegno di questo nostro assunto, con il rischio, come egli scrive: "di aver ceduto troppo alla fantasia", ci viene incontro Giuseppe Navedoro, con il suo contributo: La chiesa e il convento di San Sebastiano, all'interno del volume di Maria Antonietta Bochicchio Altieri: Il poema francescano negli affreschi di fra Giuseppe. Convento e chiostro di San Sebastiano Gravina in Puglia, Il Grillo Editore, 2015. Scrive, infatti, Navedoro: " Mai citato, se non vagamente dalla storiografia locale e bisognoso di un intervento di restauro che gli donerebbe la giusta dignità, un Cristo deposto in terracotta, da sempre considerato, troppo sbrigativamente, in cartapesta.
Un esame diretto e ravvicinato, invece, ha rivelato quanto l'opera sia stata rimaneggiata nel corso del tempo, fino a essere stata quasi completamente ricoperta da uno strato, in alcuni punti amorfo, di materiali eterogenei quali stoffa ingessata e cartapesta, appunto. In alcune zone, tuttavia, soprattutto laddove gli strati posticci si sono scrostati o la materia originaria è stata solo più volte ridipinta, è risultato possibile notare particolari anatomici la cui natura ha fatto pensare a una scultura di importante rilevanza artistica".
Questa scultura, "modellata in terracotta mista ed argilla presumibilmente cruda", di recente restaurata, a marzo 2022, trova la sua ragion d'essere e di esistere sin dai tempi lontani e remoti, riportati in luce all'interno della pubblicazione di Benigno F. Perrone: "I Conventi della Serafica Riforma di S. Nicolò in Puglia (1590 – 1835), Capitolo quattordicesimo Gravina di Puglia (Bari) – S. Sebastiano,Volume Secondo, Congedo Editore, Gennaio 1981".
"Nella seconda cappella si destra, sotto l'altare, notiamo la statua in pietra policrorma di Cristo deposto. Solo p. da Lama indirettamente rammenta la scultura, segnalando in chiesa "la cappella del Sepolcro" e " il Sepolcro" con l'altare privilegiato concesso da Gregorio XIII con la bolla procurata da p. Paolo da Gravina nel 1577. Benchè non sia ricordato dagli studiosi municipali, il Cristo giacente per la serenità maestosa del volto, per le modellature delle mani e delle gambe e per le inesistenti sinuosità gotiche del perizoma, sembra ricollegarsi all'arte di Stefano da Putignano. Sulla scorta di documenti ora ricordati, la sua datazione dovrebbe essere collocata nella prima metà del XVI secolo".
Purtroppo, queste ultime notizie e descrizioni non trovano riscontro in altri documenti consultati. Se il simulacro risponde ad una fattura artistica, risalente ala prima metà del XVI secolo, perché non è citato o riportato nella Visita Apostolica alla città di Gravina del Cardinale Orsini del 1714? Il cardinale visitatore è stato distratto nel non rilevare la presenza di questa opera d'arte? Non ci pare, considerato il suo zelo, la sua metodica e consolidata puntigliosità.
Per quanto riguarda, poi, la possibile attribuzione a Stefano da Putignano, c'è da rilevare che se non è certa, non la si può, neanche escludere, sempre che vengano effettuati e affidati studi cognitivi e suppletivi a quanto è stato dichiarato o affermato, finora, solo sulla base di ipotesi, a persone competenti, a studiosi della statura di Clara Gelao, già autrice di pubblicazioni approfondite e scientifiche sull'operato artistico di Stefano da Putignano, soprattutto riguardanti la nostra città, con il San Michele in pietra, racchiuso nella nicchia di un altare della nostra Basilica Cattedrale e l'altare della Presentazione, presente all'interno dello stesso sacro e massimo tempio cittadino .
A prescindere da tutto ciò e nonostante ciò, l'opera scultorea, col passare degli anni, ha subito il processo di decomposizione, di alterazione, e di degrado, presentando lesioni o danni anche o forse da caduta accidentale, secondo il parere, la descrizione e la relazione redatta dai restauratori Lorenzo Durante, Giuseppe Digennaro e Caterina Guerrieri, nel momento in cui è stato decisa, affrontata ed effettuata l'opera di recupero, cioè del necessario restauro, grazie, anche, al mecenatismo di privati cittadini, alla Confraternita e a ogni singolo componente della comunità parrocchiale SS. Crocifisso per i generosi contributi con cui hanno sostenuto il sogno di riportare all'originale bellezza la preziosa arte scultorea del Cristo; al sostegno economico dell'Ufficio Beni culturali della Diocesi, derivante dall'8X1.000.
Sulla base della scheda anagrafica dell'opera e della descrizione, i restauratori, comunque, e al di là di tutto, hanno avuto modo di sostenere le seguenti ipotesi. "L'iconografia di riferimento per l'opera in terracotta della Chiesa di San Sebastiano di Gravina in Puglia, è quella del compianto sul Cristo morto, che prevedeva la presenza dei "dolenti" riuniti attorno al corpo che veniva preparato per la sepoltura.
Il Cristo deposto acquisisce particolare valenza votiva se si lega l'opera alla "Festa del SS. Crocifisso che si tiene a cavallo tra la fine di Maggio e i primi di Giugno nei pressi della medesima Parrocchia. Il Cristo si presenta come di consueto sdraiato sulla pietra dell'unzione, semicoperta dal sudario, con il capo cesellato nella barba, leggermente inclinato a sinistra e poggiato sul cuscino".
A sostegno di questo nostro assunto, con il rischio, come egli scrive: "di aver ceduto troppo alla fantasia", ci viene incontro Giuseppe Navedoro, con il suo contributo: La chiesa e il convento di San Sebastiano, all'interno del volume di Maria Antonietta Bochicchio Altieri: Il poema francescano negli affreschi di fra Giuseppe. Convento e chiostro di San Sebastiano Gravina in Puglia, Il Grillo Editore, 2015. Scrive, infatti, Navedoro: " Mai citato, se non vagamente dalla storiografia locale e bisognoso di un intervento di restauro che gli donerebbe la giusta dignità, un Cristo deposto in terracotta, da sempre considerato, troppo sbrigativamente, in cartapesta.
Un esame diretto e ravvicinato, invece, ha rivelato quanto l'opera sia stata rimaneggiata nel corso del tempo, fino a essere stata quasi completamente ricoperta da uno strato, in alcuni punti amorfo, di materiali eterogenei quali stoffa ingessata e cartapesta, appunto. In alcune zone, tuttavia, soprattutto laddove gli strati posticci si sono scrostati o la materia originaria è stata solo più volte ridipinta, è risultato possibile notare particolari anatomici la cui natura ha fatto pensare a una scultura di importante rilevanza artistica".
Questa scultura, "modellata in terracotta mista ed argilla presumibilmente cruda", di recente restaurata, a marzo 2022, trova la sua ragion d'essere e di esistere sin dai tempi lontani e remoti, riportati in luce all'interno della pubblicazione di Benigno F. Perrone: "I Conventi della Serafica Riforma di S. Nicolò in Puglia (1590 – 1835), Capitolo quattordicesimo Gravina di Puglia (Bari) – S. Sebastiano,Volume Secondo, Congedo Editore, Gennaio 1981".
"Nella seconda cappella si destra, sotto l'altare, notiamo la statua in pietra policrorma di Cristo deposto. Solo p. da Lama indirettamente rammenta la scultura, segnalando in chiesa "la cappella del Sepolcro" e " il Sepolcro" con l'altare privilegiato concesso da Gregorio XIII con la bolla procurata da p. Paolo da Gravina nel 1577. Benchè non sia ricordato dagli studiosi municipali, il Cristo giacente per la serenità maestosa del volto, per le modellature delle mani e delle gambe e per le inesistenti sinuosità gotiche del perizoma, sembra ricollegarsi all'arte di Stefano da Putignano. Sulla scorta di documenti ora ricordati, la sua datazione dovrebbe essere collocata nella prima metà del XVI secolo".
Purtroppo, queste ultime notizie e descrizioni non trovano riscontro in altri documenti consultati. Se il simulacro risponde ad una fattura artistica, risalente ala prima metà del XVI secolo, perché non è citato o riportato nella Visita Apostolica alla città di Gravina del Cardinale Orsini del 1714? Il cardinale visitatore è stato distratto nel non rilevare la presenza di questa opera d'arte? Non ci pare, considerato il suo zelo, la sua metodica e consolidata puntigliosità.
Per quanto riguarda, poi, la possibile attribuzione a Stefano da Putignano, c'è da rilevare che se non è certa, non la si può, neanche escludere, sempre che vengano effettuati e affidati studi cognitivi e suppletivi a quanto è stato dichiarato o affermato, finora, solo sulla base di ipotesi, a persone competenti, a studiosi della statura di Clara Gelao, già autrice di pubblicazioni approfondite e scientifiche sull'operato artistico di Stefano da Putignano, soprattutto riguardanti la nostra città, con il San Michele in pietra, racchiuso nella nicchia di un altare della nostra Basilica Cattedrale e l'altare della Presentazione, presente all'interno dello stesso sacro e massimo tempio cittadino .
A prescindere da tutto ciò e nonostante ciò, l'opera scultorea, col passare degli anni, ha subito il processo di decomposizione, di alterazione, e di degrado, presentando lesioni o danni anche o forse da caduta accidentale, secondo il parere, la descrizione e la relazione redatta dai restauratori Lorenzo Durante, Giuseppe Digennaro e Caterina Guerrieri, nel momento in cui è stato decisa, affrontata ed effettuata l'opera di recupero, cioè del necessario restauro, grazie, anche, al mecenatismo di privati cittadini, alla Confraternita e a ogni singolo componente della comunità parrocchiale SS. Crocifisso per i generosi contributi con cui hanno sostenuto il sogno di riportare all'originale bellezza la preziosa arte scultorea del Cristo; al sostegno economico dell'Ufficio Beni culturali della Diocesi, derivante dall'8X1.000.
Sulla base della scheda anagrafica dell'opera e della descrizione, i restauratori, comunque, e al di là di tutto, hanno avuto modo di sostenere le seguenti ipotesi. "L'iconografia di riferimento per l'opera in terracotta della Chiesa di San Sebastiano di Gravina in Puglia, è quella del compianto sul Cristo morto, che prevedeva la presenza dei "dolenti" riuniti attorno al corpo che veniva preparato per la sepoltura.
Il Cristo deposto acquisisce particolare valenza votiva se si lega l'opera alla "Festa del SS. Crocifisso che si tiene a cavallo tra la fine di Maggio e i primi di Giugno nei pressi della medesima Parrocchia. Il Cristo si presenta come di consueto sdraiato sulla pietra dell'unzione, semicoperta dal sudario, con il capo cesellato nella barba, leggermente inclinato a sinistra e poggiato sul cuscino".