Passeggiando con la storia
Il Crocifisso del “Soccorpo” della Basilica cattedrale
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 11 febbraio 2021
Con l'inizio della Quaresima, avvenuto ieri, mercoledì delle ceneri, ci è sembrato opportuno proseguire l'itinerario storico della rubrica, facendo riferimento o partendo da un Crocifisso ligneo, uno dei tanti che arredano le chiese della nostra città, di particolare fattura, se si considera che, la sua originalità consiste nella capigliatura realizzata con capelli veri. Si trova, sia pure staccato dal suo sito originario, perché un tempo era posizionato sull'altare maggiore, nella cripta della nostra Basilica cattedrale, comunemente chiamata Soccorpo o più esattamente in quella che si chiama chiesa di Santa Croce, sede dell'omonima confraternita. Una specie di chiesa funeraria, un cimitero riservato per la sepoltura di vescovi, ed, infatti, vi sono alcune tombe di vescovi diocesani morti nella nostra città durante l'esercizio del loro ministero episcopale. Altre tombe si riferiscono ai confratelli dell'omonima Confraternita e a persone degne, di altissimo rango sociale o benefattori.
Purtroppo, questa chiesa è da anni in disuso e risente dei malanni del tempo, della trascuratezza, dell'abbandono e dell'oblio. E' una di quelle numerose testimonianze lasciate al suo destino, o meglio, affidate all'incuria e all'incoscienza delle autorità preposte. Quelle, per intenderci, ministeriali e locali, finalizzate alla tutela, alla salvaguardia e alla conservazione Molti affreschi o pitture ad olio, come ad esempio un San Michele Arcangelo nell'atto di schiacciare la testa del diavolo, del pittore locale Emanuele Mosca o quelle dell'altro pittore locale, Francesco Antonio Santulli: l'Addolorata con Sant'Anna e l'Immacolata con le anime purganti che l'abbellivano, non godono ottima salute o, quanto meno, abbisognano di restauro. Così come, anche, i tre altari versano in condizioni di degrado irreversibile.
Passando ad una descrizione più dettagliata del nostro oggetto non si può prescindere dalle notizie storiche tratte da un articolo della studiosa gravinese Carmen Morra, inserito, quale contributo, all'interno di un opuscolo: Il culto del SS. Crocifisso a Gravina in Puglia, pubblicato a cura dell'Associazione Culturale SS. Crocifisso di Gravina in Puglia, nel maggio del 2018. Partendo da questo documento, sappiamo che, attualmente, la tela settecentesca, che faceva da sfondo, all'interno della nicchia dell'altare maggiore, dove troneggiava il maestoso Crocifisso, si trova conservata nella sacrestia della nostra Basilica cattedrale.
Scrive la studiosa, che il Crocifisso in questione sembra molto più antico del resto del corredo su cui poggiava; si potrebbe ipotizzare cinquecentesco, così come si evince da uno studio condotto dalla docente universitaria Mimma Pasculli Ferrara, o seicentesco, fatto realizzare per un atto votivo, probabilmente da qualche ricco devoto locale che ha voluto beneficiare la succitata confraternita. L'imponente scultura, come sostiene la Morra, subì un primo restauro nel 1772, ad opera dell'artista locale Emanuele Mosca.
Purtroppo, questa chiesa è da anni in disuso e risente dei malanni del tempo, della trascuratezza, dell'abbandono e dell'oblio. E' una di quelle numerose testimonianze lasciate al suo destino, o meglio, affidate all'incuria e all'incoscienza delle autorità preposte. Quelle, per intenderci, ministeriali e locali, finalizzate alla tutela, alla salvaguardia e alla conservazione Molti affreschi o pitture ad olio, come ad esempio un San Michele Arcangelo nell'atto di schiacciare la testa del diavolo, del pittore locale Emanuele Mosca o quelle dell'altro pittore locale, Francesco Antonio Santulli: l'Addolorata con Sant'Anna e l'Immacolata con le anime purganti che l'abbellivano, non godono ottima salute o, quanto meno, abbisognano di restauro. Così come, anche, i tre altari versano in condizioni di degrado irreversibile.
Passando ad una descrizione più dettagliata del nostro oggetto non si può prescindere dalle notizie storiche tratte da un articolo della studiosa gravinese Carmen Morra, inserito, quale contributo, all'interno di un opuscolo: Il culto del SS. Crocifisso a Gravina in Puglia, pubblicato a cura dell'Associazione Culturale SS. Crocifisso di Gravina in Puglia, nel maggio del 2018. Partendo da questo documento, sappiamo che, attualmente, la tela settecentesca, che faceva da sfondo, all'interno della nicchia dell'altare maggiore, dove troneggiava il maestoso Crocifisso, si trova conservata nella sacrestia della nostra Basilica cattedrale.
Scrive la studiosa, che il Crocifisso in questione sembra molto più antico del resto del corredo su cui poggiava; si potrebbe ipotizzare cinquecentesco, così come si evince da uno studio condotto dalla docente universitaria Mimma Pasculli Ferrara, o seicentesco, fatto realizzare per un atto votivo, probabilmente da qualche ricco devoto locale che ha voluto beneficiare la succitata confraternita. L'imponente scultura, come sostiene la Morra, subì un primo restauro nel 1772, ad opera dell'artista locale Emanuele Mosca.