Passeggiando con la storia
Il Libro Rosso di Gravina, un documento di estremo interesse storico
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 8 settembre 2022
Il Libro Rosso di Gravina fu trascritto, tradotto, commentato e pubblicato già dal professore Tobia Granieri, nelle Edizioni di Lingua e Storia in Puglia, XXXV – 1987. "Il manoscritto fa parte della raccolta di documenti che si conservano nell'Archivio della Biblioteca della Fondazione "Ettore Pomarici Santomasi" di Gravina in Puglia. Il codice pergamenaceo, che misura cm. 30x 21,5, si può far risalire alla metà del sec. XVI.
E' rilegato in cuoio biluminato a fregi dorati su entrambi i piatti, con al centro lo stemma della città di Gravina. Fino a questo momento risulta inedito, ma ne ha fatto menzione il Fiorillo (Incunaboli posseduti dalle biblioteche di Gravina, in "Iapigia", XI, 1938). Appare composto da diverse parti poi rilegate insieme. Il primo gruppo, intitolato "Capitulationi per l'Università di Gravina", comprende tre carte non numerate, e si tratta di un documento autenticato dal sigillo finale e dalla firma autografa del Magister actorum De Ligorio, con la data 1560.
La quarta carta è bianca, poi segue un secondo gruppo di carte non numerate (5-13) scritte da altra mano su due colonne per facciata, con miniature e maiuscole dorate: si tratta di copie di tredici decreti del sacro Regio Consiglio di Napoli, dal 1559 al 1576. Nella carta 13v. ad opera di mano diversa, è riportato un altro decreto, del 1637, e si tratta evidentemente di un'aggiunta successiva. Seguono le carte bianche 14 e 15. Le carte 16 e 17, scritte ancora su due colonne con la stessa grafia delle carte del secondo gruppo (5-13), riportano una tavola riassuntiva di tutti i decreti precedentemente trascritti, ad eccezione di quello del 1637.
Possiamo pertanto dedurre che tutta l'opera è stata redatta nel 1576, con un'aggiunta posteriore, di una sola carta, la 13v., la cui stesura è avvenuta nel 1637 su uno spazio bianco lasciato dall'amanuense precedente, forse con l'intendimento di completare il codice raccogliendovi altri decreti che in futuro fossero emessi sullo stesso argomento. I feudatari di Gravina citati nel manoscritto furono la duchessa Felicia di Sanseverino (1553-1570), reggente fino alla maggiore età del primogenito, e Ferdinando II Orsini (1570-1583)".
Nel 2016, la Fondazione Pomarici Santomasi, in collaborazione con l'Ente Parco Nazionale dell'Alta Murgia, provvide alla ristampa anastatica del prezioso ed interessante volume in copie limitate e numerate. In più un volumetto divulgativo e di complemento con traduzione a fronte dal latino volgare con una serie di contributi scientifici all'opera. Una iniziativa che ha saputo riportare alla luce e all'attenzione di molti un testo sconosciuto e, molto probabilmente, ignorato da molti gravinesi, tranne, ovviamente, gli studiosi, i ricercatori, i topi di biblioteche o di archivi.
Il volume originale presenta una veste grafica di tutto rispetto. In pergamena, rilegato in pelle rossa, estremamente sontuoso ed elegante nella sua veste, costituisce un patrimonio di informazioni su un periodo storico e raccoglieva le norme e le leggi della giurisprudenza di uso comune che, in seguito, in molti casi confluirono negli statuti comunali. Antichi privilegi, sentenze dei diversi Tribunali chiamati in causa dalla stessa Università per dirimere controversie con il feudatario di turno, il Regno di Napoli e con la stessa Corona spagnola. Atti e statuti, al fine di costituire un corpus unitario di documenti indispensabili per la tutela della legalità e dei diritti. Il libro Rosso risulta essere un testo ancora attuale e di grande importanza storica e culturale.
Il volume rappresenta una preziosa fonte storica delle consuetudini e delle regole, nonché della giurisprudenza, sviluppatasi nell'Universitas di Gravina in Puglia nel XVI secolo. Nel Libro Rosso sono raccolti gli esiti giudiziari di questi contenziosi ed anche le statuizioni civiche, le regole di convivenza che i rappresentanti popolari si erano dati, su approvazione della Corona napoletana e poi spagnola. Per dirne una, erano previste pene corporali, fino taglio delle mani, per chi trasformava il pascolo naturale!
E' rilegato in cuoio biluminato a fregi dorati su entrambi i piatti, con al centro lo stemma della città di Gravina. Fino a questo momento risulta inedito, ma ne ha fatto menzione il Fiorillo (Incunaboli posseduti dalle biblioteche di Gravina, in "Iapigia", XI, 1938). Appare composto da diverse parti poi rilegate insieme. Il primo gruppo, intitolato "Capitulationi per l'Università di Gravina", comprende tre carte non numerate, e si tratta di un documento autenticato dal sigillo finale e dalla firma autografa del Magister actorum De Ligorio, con la data 1560.
La quarta carta è bianca, poi segue un secondo gruppo di carte non numerate (5-13) scritte da altra mano su due colonne per facciata, con miniature e maiuscole dorate: si tratta di copie di tredici decreti del sacro Regio Consiglio di Napoli, dal 1559 al 1576. Nella carta 13v. ad opera di mano diversa, è riportato un altro decreto, del 1637, e si tratta evidentemente di un'aggiunta successiva. Seguono le carte bianche 14 e 15. Le carte 16 e 17, scritte ancora su due colonne con la stessa grafia delle carte del secondo gruppo (5-13), riportano una tavola riassuntiva di tutti i decreti precedentemente trascritti, ad eccezione di quello del 1637.
Possiamo pertanto dedurre che tutta l'opera è stata redatta nel 1576, con un'aggiunta posteriore, di una sola carta, la 13v., la cui stesura è avvenuta nel 1637 su uno spazio bianco lasciato dall'amanuense precedente, forse con l'intendimento di completare il codice raccogliendovi altri decreti che in futuro fossero emessi sullo stesso argomento. I feudatari di Gravina citati nel manoscritto furono la duchessa Felicia di Sanseverino (1553-1570), reggente fino alla maggiore età del primogenito, e Ferdinando II Orsini (1570-1583)".
Nel 2016, la Fondazione Pomarici Santomasi, in collaborazione con l'Ente Parco Nazionale dell'Alta Murgia, provvide alla ristampa anastatica del prezioso ed interessante volume in copie limitate e numerate. In più un volumetto divulgativo e di complemento con traduzione a fronte dal latino volgare con una serie di contributi scientifici all'opera. Una iniziativa che ha saputo riportare alla luce e all'attenzione di molti un testo sconosciuto e, molto probabilmente, ignorato da molti gravinesi, tranne, ovviamente, gli studiosi, i ricercatori, i topi di biblioteche o di archivi.
Il volume originale presenta una veste grafica di tutto rispetto. In pergamena, rilegato in pelle rossa, estremamente sontuoso ed elegante nella sua veste, costituisce un patrimonio di informazioni su un periodo storico e raccoglieva le norme e le leggi della giurisprudenza di uso comune che, in seguito, in molti casi confluirono negli statuti comunali. Antichi privilegi, sentenze dei diversi Tribunali chiamati in causa dalla stessa Università per dirimere controversie con il feudatario di turno, il Regno di Napoli e con la stessa Corona spagnola. Atti e statuti, al fine di costituire un corpus unitario di documenti indispensabili per la tutela della legalità e dei diritti. Il libro Rosso risulta essere un testo ancora attuale e di grande importanza storica e culturale.
Il volume rappresenta una preziosa fonte storica delle consuetudini e delle regole, nonché della giurisprudenza, sviluppatasi nell'Universitas di Gravina in Puglia nel XVI secolo. Nel Libro Rosso sono raccolti gli esiti giudiziari di questi contenziosi ed anche le statuizioni civiche, le regole di convivenza che i rappresentanti popolari si erano dati, su approvazione della Corona napoletana e poi spagnola. Per dirne una, erano previste pene corporali, fino taglio delle mani, per chi trasformava il pascolo naturale!