Passeggiando con la storia
Il monumento ai caduti tra storia, leggenda e poesia
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 12 novembre 2020
0.02
Monumento a cippo in bronzo, su basamento di pietra e corredato da marmi laterali ove sono riportati i nome dei caduti 317, suddivisi per ognuno degli anni della guerra: 37 nel 1915, 93 nel 1916; nel 1917 i caduti furono 88 e nel 1918 93. Inoltre vi sono altri nomi, pari ad un numero di 37morti successivamente, forse, a causa di ferite e malattie contratte durante il conflitto.
Sul prospetto centrale, invece, si legge la seguente: GRAVINA AI SUOI CADUTI NELLA GUERRA 1915- 1918. "Statua raffigurante l'allegoria della Patria come donna a cavallo reggente con la mano sinistra uno scudo mentre con la destra sorregge la bandiera. Indossa una corona turrita. Il cavallo è rappresentato al galoppo. Intorno al cavallo sono raffigurati tre soldati rispettivamente a partire dalla destra del gruppo un bersagliere, un fante con moschetto in posizione di attacco e un soldato reggente con la mano destra una spada e con la sinistra tesa in avanti chiusa a pugno.
Alle spalle di quest'ultimo, vi è una donna e un uomo con una catena spezzata attorno al polso della mano Destra" . Questa è la scheda storico-tecnica-descrittiva ufficiale, redatta dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Puglia, a cui è giusto aggiungere il significato allegorico della Patria rappresentata da una donna o dalla donna che sviluppa il tema dell'incitamento alla battaglia, visto che la figura femminile non è statica, ma nelle sue movenze sostiene una Bandiera e addirittura sormonta un cavallo al galoppo.
Al di là, però, di ciò che oggi è visibile, ho scoperto, spulciando tra alcune foto dell'epoca, probabilmente, risalenti ai primi anni della costruzione dell'imponente e maestoso monumento, che, alle spalle del prospetto principale, dovrebbe essere stata apposta una corona o di ferro o di bronzo, purtroppo, oggi scomparsa. Da una delle foto a corredo della scheda, l'oggetto è appena visibile, tenuto conto che la foto è stata scattata da una distanza non ravvicinata. Esattamente dall'abitazione posta al di sotto dell'orologio.
La maestosa opera bronzea gravinese è dello scultore milanese Angelo Galli, autore, tra l'altro, di quella che sembra una copia omologa del monumento ai caduti, che si trova a Cermobbio, in provincia di Como. Il nostro, secondo critici d'arte accreditati, studiosi e storici della Grande Guerra, rappresenta uno dei più bei monumenti del genere in Puglia. La paternità del manufatto, da qualcuno, purtroppo, molto erroneamente, è stata attribuita, tempo fa, allo scultore Leonardo Bistolfi, l'autore delle sculture bronzee dell'Altare della Patria.
Il disegno del basamento in pietra, invece, fu redatto dal Professore Angelo Amodio. A corredo di altre informazioni è interessante sapere che il Monumento ai Caduti è stato fuso, presso la Fonderia Faruffini & Ottolina di Milano, nel bronzo dei cannoni austriaci. Inoltre, altra curiosità di rilievo, è che l'opera risulta incompiuta e incompleta nella parte del basamento in pietra dove erano stati previsti dei fregi in bronzo , che non furono più realizzati, non avendo l'Artista ricevuto tutto il dovuto.
La costruzione del monumento risale al 1922. Fu voluta dal generale Francesco Paolo D'Agostino, nato a Gravina il 20 agosto 1874 e morto nella stessa città natale il 19 marzo 1949, sostenuto dall'Associazione Reduci e Combattenti, che costituì un apposito Comitato promotore. L'opera, posizionata dove è attualmente visibile, fu inaugurata il 4 novembre del 1922 Ma qui non c'è solo la storia, ma, anche, la cronaca e una poesia, in dialetto gravinese, che ne scaturì, scritta dal Dottore Donato Marvulli, autore di numerose poesia in lingua locale.
Ma andiamo con ordine. La cronaca. Soprattutto i giornali locali dell'epoca si divertirono e si sbizzarrirono a riportare la notizia secondo la quale il manufatto doveva essere posizionato sull'area dove, poi, fu realizzato l'Albergo Diurno. Voci diverse, pareri discordanti, evidentemente, facevano propendere per la soluzione e la sistemazione definitiva presso la villetta adiacente a quella che un tempo era piazza Benedetto XIII, l'attuale piazza della Repubblica. Neanche questa soluzione fu presa in considerazione e si optò per l'attuale sito, cioè all'interno della villa comunale.
La poesia. E qui, veniamo al componimento poetico, ispirato dall'evento e tradotto in versi dal poeta gravinese Donato Marvulli in : "STORIE DU MUNUMENTE". In questa poesia, drammatica, divertente ed ironica, al tempo stesso, parte della raccolta da me curata nel 2003, con il titolo GRAVINA MAIE",viene riassunta e descritta la vicenda, che assunse anche toni violenti e accesi, tra le diverse fazioni, le diverse opinioni e i diversi contendenti.
"La vecchia storie de quann'ere uagnone:
avaina fè a Gravine u munumente:
u poste? Se mannò na commissione
a parlè cu priore du cummente
e u priore du cummente dèesssce
(ci u sèpe peccé) nu puosticidde,
(dè proprie 'mmenze o llarghe, a dau mo stèesce
l'alberghe diurne, squallede e pavriedde.
Teraie chedda matine nu scerocche,
nu scerèquel stai pure 'nchèpe,
u padre avaie appena achiuse vocche
e dète l'acqua sante, ca ci u sèpe
cè succedì, chidde ca staiene 'nnanze
cu la fiamma niure e cu l'elmette,
aperte tra la gente na scaranze,
afferrète la peta benedette
la purtorne de corse a "piazza Orsini"
alluccanne cu l'occhiere e cu la vocche:
"O ddo, succede sanghe stamatine
Pe cudde figghie de zocchele ca la tocche!"
E nu uagnune zumpettianne appriesse
lassamme le piezze gruosse accamme… a fiesse…
Tanta coose po' dopp so sciute mèle.
Tanta coose po' dopp so stète brutte,
ma chedda iosce dè ii 'mmenze a tutte
me sentiebbe n'eroe nazionèle".
Sul prospetto centrale, invece, si legge la seguente: GRAVINA AI SUOI CADUTI NELLA GUERRA 1915- 1918. "Statua raffigurante l'allegoria della Patria come donna a cavallo reggente con la mano sinistra uno scudo mentre con la destra sorregge la bandiera. Indossa una corona turrita. Il cavallo è rappresentato al galoppo. Intorno al cavallo sono raffigurati tre soldati rispettivamente a partire dalla destra del gruppo un bersagliere, un fante con moschetto in posizione di attacco e un soldato reggente con la mano destra una spada e con la sinistra tesa in avanti chiusa a pugno.
Alle spalle di quest'ultimo, vi è una donna e un uomo con una catena spezzata attorno al polso della mano Destra" . Questa è la scheda storico-tecnica-descrittiva ufficiale, redatta dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Puglia, a cui è giusto aggiungere il significato allegorico della Patria rappresentata da una donna o dalla donna che sviluppa il tema dell'incitamento alla battaglia, visto che la figura femminile non è statica, ma nelle sue movenze sostiene una Bandiera e addirittura sormonta un cavallo al galoppo.
Al di là, però, di ciò che oggi è visibile, ho scoperto, spulciando tra alcune foto dell'epoca, probabilmente, risalenti ai primi anni della costruzione dell'imponente e maestoso monumento, che, alle spalle del prospetto principale, dovrebbe essere stata apposta una corona o di ferro o di bronzo, purtroppo, oggi scomparsa. Da una delle foto a corredo della scheda, l'oggetto è appena visibile, tenuto conto che la foto è stata scattata da una distanza non ravvicinata. Esattamente dall'abitazione posta al di sotto dell'orologio.
La maestosa opera bronzea gravinese è dello scultore milanese Angelo Galli, autore, tra l'altro, di quella che sembra una copia omologa del monumento ai caduti, che si trova a Cermobbio, in provincia di Como. Il nostro, secondo critici d'arte accreditati, studiosi e storici della Grande Guerra, rappresenta uno dei più bei monumenti del genere in Puglia. La paternità del manufatto, da qualcuno, purtroppo, molto erroneamente, è stata attribuita, tempo fa, allo scultore Leonardo Bistolfi, l'autore delle sculture bronzee dell'Altare della Patria.
Il disegno del basamento in pietra, invece, fu redatto dal Professore Angelo Amodio. A corredo di altre informazioni è interessante sapere che il Monumento ai Caduti è stato fuso, presso la Fonderia Faruffini & Ottolina di Milano, nel bronzo dei cannoni austriaci. Inoltre, altra curiosità di rilievo, è che l'opera risulta incompiuta e incompleta nella parte del basamento in pietra dove erano stati previsti dei fregi in bronzo , che non furono più realizzati, non avendo l'Artista ricevuto tutto il dovuto.
La costruzione del monumento risale al 1922. Fu voluta dal generale Francesco Paolo D'Agostino, nato a Gravina il 20 agosto 1874 e morto nella stessa città natale il 19 marzo 1949, sostenuto dall'Associazione Reduci e Combattenti, che costituì un apposito Comitato promotore. L'opera, posizionata dove è attualmente visibile, fu inaugurata il 4 novembre del 1922 Ma qui non c'è solo la storia, ma, anche, la cronaca e una poesia, in dialetto gravinese, che ne scaturì, scritta dal Dottore Donato Marvulli, autore di numerose poesia in lingua locale.
Ma andiamo con ordine. La cronaca. Soprattutto i giornali locali dell'epoca si divertirono e si sbizzarrirono a riportare la notizia secondo la quale il manufatto doveva essere posizionato sull'area dove, poi, fu realizzato l'Albergo Diurno. Voci diverse, pareri discordanti, evidentemente, facevano propendere per la soluzione e la sistemazione definitiva presso la villetta adiacente a quella che un tempo era piazza Benedetto XIII, l'attuale piazza della Repubblica. Neanche questa soluzione fu presa in considerazione e si optò per l'attuale sito, cioè all'interno della villa comunale.
La poesia. E qui, veniamo al componimento poetico, ispirato dall'evento e tradotto in versi dal poeta gravinese Donato Marvulli in : "STORIE DU MUNUMENTE". In questa poesia, drammatica, divertente ed ironica, al tempo stesso, parte della raccolta da me curata nel 2003, con il titolo GRAVINA MAIE",viene riassunta e descritta la vicenda, che assunse anche toni violenti e accesi, tra le diverse fazioni, le diverse opinioni e i diversi contendenti.
"La vecchia storie de quann'ere uagnone:
avaina fè a Gravine u munumente:
u poste? Se mannò na commissione
a parlè cu priore du cummente
e u priore du cummente dèesssce
(ci u sèpe peccé) nu puosticidde,
(dè proprie 'mmenze o llarghe, a dau mo stèesce
l'alberghe diurne, squallede e pavriedde.
Teraie chedda matine nu scerocche,
nu scerèquel stai pure 'nchèpe,
u padre avaie appena achiuse vocche
e dète l'acqua sante, ca ci u sèpe
cè succedì, chidde ca staiene 'nnanze
cu la fiamma niure e cu l'elmette,
aperte tra la gente na scaranze,
afferrète la peta benedette
la purtorne de corse a "piazza Orsini"
alluccanne cu l'occhiere e cu la vocche:
"O ddo, succede sanghe stamatine
Pe cudde figghie de zocchele ca la tocche!"
E nu uagnune zumpettianne appriesse
lassamme le piezze gruosse accamme… a fiesse…
Tanta coose po' dopp so sciute mèle.
Tanta coose po' dopp so stète brutte,
ma chedda iosce dè ii 'mmenze a tutte
me sentiebbe n'eroe nazionèle".