Passeggiando con la storia
Il nostro giovedì santo con l’Ultima Cena di Emanuele Mosca, pittore gravinese
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 9 aprile 2020
Con l'avvicinarsi della Pasqua, nel giorno del giovedì santo, il pensiero del sottoscritto, che è un credente , non ha potuto non soffermarmi sull'atto d'amore e di generosità che Cristo ebbe nei confronti dei suoi discepoli, prima di compiere il cruento sacrificio della Croce: l'Ultima Cena. Di questa agape fraterna, raccontata nei Vangeli, a Gravina, si conserva un dipinto, datato 1743, di Emanuele Mosca, pittore gravinese. Di questo artista si hanno scarne notizie biografiche. Più sul piano artistico, come si potrà leggere in seguito. Quello che è certo è che è nato a Gravina il 1717, senza sapere quando e dove è morto. Giuseppe Lucatuorto, nel sul libro: Gravina urbs opulenta, nel 1975 sosteneva che l'artista era nato a Gravina in Puglia nel 1717 e ci viveva, nel 1754 con la madre e le sorelle, in una casa di sua proprietà nella strada dei Santulli.
Da ulteriori studi e approfondimenti, la notizia del Lucatuorto ha trovato conferma. Infatti, dalla registrazione della famiglia nel Catasto Onciario di Gravina del 1754, Emanuele Mosca viene rubricato come "pittore d'anni 37". Nel documento, che si ritiene opportuno trascrivere, così si legge: "Emanuele Mosca pittore d'anni 37; Nunzia Liboria v.a in Catillis d'anni 62; Maria Giuseppa sorella in Catillis d'anni 15; Filippo fratello scolare d'anni 10; Carmina sorella maritata con Giuseppe Marchetti e separata dal medesimo di anni 28; Fedele nipote di anni 5; Lionarda d'Ecclesiis madre vedova d'anni 57 possiede una casa alla strada detta di Santulli". A ben leggere, si tratta di un nucleo familiare ben nutrito, sei bocche da sfamare, poggiato tutto e solo sull'attività pittorica dell'artista.
Ripercorrendo le tappe artistiche di questo pittore locale, non è stato difficile imbattersi in quello che ha scritto di lui e della sua maggiore opera, Samantha de Simone nel suo: Gli Orsini di Solofra e la pittura a Gravina fra il XVII e XVIII secolo, Fondazione E. Pomarici Santomasi, Mario Adda Editore, Bari 2005. "L'esistenza di un'efficiente bottega locale che faceva capo al Santulli è dimostrata dall'attività di Emanuele Mosca, allievo ed erede del maestro gravinese. Mosca operò nel ducato orsiniano almeno fino alla seconda metà degli anni Settanta.
Le sue tracce sembrano perdersi al di fuori di Gravina, ma non è escluso che l'artista abbia operato solo all'interno del ducato seguendo l'esempio del proprio maestro". Samantha De Simone, nel corso della sua scheda artistica, aggiunge un particolare che è una conferma rispetto all'abitazione del Mosca. "L'apprendistato dell'artista presso la bottega del Santulli dev'essere stato agevolato dalla vicinanza delle abitazioni dei due pittori".
Per tornare al tema del quadro da cui siamo partiti, è giusto evidenziare gli elementi che hanno portato i critici d'arte e gli studiosi ad accertare e confermare la paternità dell'opera: una E. e la immagine di una mosca in basso alla tela. Sul piano squisitamente tecnico-critico e descrittivo di questa pittura, un tempo conservata presso la sagrestia della chiesa del Purgatorio di Gravina, e che gli fu commissionata dalla famiglia ducale, è giusto dare la parola all'esperta, alla De Simone.
"Nell'Ultima Cena il Mosca allestisce una scena densa di emotività. Nonostante l'apparente naturalezza comunicata dalle espressioni e dagli atteggiamenti dei personaggi, la composizione è ingabbiata in una simmetria quasi perfetta, poiché ad ogni figura di destra corrisponde, in genere, una figura di sinistra nella stessa posa. Solo la disposizione dei personaggi in primo piano sbilancia l'immagine, conferendo drammaticità al momento rappresentato. I volti, i gesti, le pose e le espressioni dei personaggi sono restituiti nella maniera naturale ed umana possibile, ma la generale concitazione che anima la scena trascende in un'enfasi tutta barocca".
Da ulteriori studi e approfondimenti, la notizia del Lucatuorto ha trovato conferma. Infatti, dalla registrazione della famiglia nel Catasto Onciario di Gravina del 1754, Emanuele Mosca viene rubricato come "pittore d'anni 37". Nel documento, che si ritiene opportuno trascrivere, così si legge: "Emanuele Mosca pittore d'anni 37; Nunzia Liboria v.a in Catillis d'anni 62; Maria Giuseppa sorella in Catillis d'anni 15; Filippo fratello scolare d'anni 10; Carmina sorella maritata con Giuseppe Marchetti e separata dal medesimo di anni 28; Fedele nipote di anni 5; Lionarda d'Ecclesiis madre vedova d'anni 57 possiede una casa alla strada detta di Santulli". A ben leggere, si tratta di un nucleo familiare ben nutrito, sei bocche da sfamare, poggiato tutto e solo sull'attività pittorica dell'artista.
Ripercorrendo le tappe artistiche di questo pittore locale, non è stato difficile imbattersi in quello che ha scritto di lui e della sua maggiore opera, Samantha de Simone nel suo: Gli Orsini di Solofra e la pittura a Gravina fra il XVII e XVIII secolo, Fondazione E. Pomarici Santomasi, Mario Adda Editore, Bari 2005. "L'esistenza di un'efficiente bottega locale che faceva capo al Santulli è dimostrata dall'attività di Emanuele Mosca, allievo ed erede del maestro gravinese. Mosca operò nel ducato orsiniano almeno fino alla seconda metà degli anni Settanta.
Le sue tracce sembrano perdersi al di fuori di Gravina, ma non è escluso che l'artista abbia operato solo all'interno del ducato seguendo l'esempio del proprio maestro". Samantha De Simone, nel corso della sua scheda artistica, aggiunge un particolare che è una conferma rispetto all'abitazione del Mosca. "L'apprendistato dell'artista presso la bottega del Santulli dev'essere stato agevolato dalla vicinanza delle abitazioni dei due pittori".
Per tornare al tema del quadro da cui siamo partiti, è giusto evidenziare gli elementi che hanno portato i critici d'arte e gli studiosi ad accertare e confermare la paternità dell'opera: una E. e la immagine di una mosca in basso alla tela. Sul piano squisitamente tecnico-critico e descrittivo di questa pittura, un tempo conservata presso la sagrestia della chiesa del Purgatorio di Gravina, e che gli fu commissionata dalla famiglia ducale, è giusto dare la parola all'esperta, alla De Simone.
"Nell'Ultima Cena il Mosca allestisce una scena densa di emotività. Nonostante l'apparente naturalezza comunicata dalle espressioni e dagli atteggiamenti dei personaggi, la composizione è ingabbiata in una simmetria quasi perfetta, poiché ad ogni figura di destra corrisponde, in genere, una figura di sinistra nella stessa posa. Solo la disposizione dei personaggi in primo piano sbilancia l'immagine, conferendo drammaticità al momento rappresentato. I volti, i gesti, le pose e le espressioni dei personaggi sono restituiti nella maniera naturale ed umana possibile, ma la generale concitazione che anima la scena trascende in un'enfasi tutta barocca".