Passeggiando con la storia
Stemma e gonfalone, l'identità di Gravina
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 4 marzo 2021
Tra i tanti argomenti storici affrontati, mi sono reso conto di aver trascurato, riservato scarsa, se non nessuna attenzione alla bandiera simbolo della nostra città; al simbolo che racchiude tutta la nostra identità storica, umana, politica. Pertanto, mi sono deciso, per ovviare alla lacuna, ad una ricostruzione attraverso la sua evoluzione, attraverso le varie forme, stili, colori e materiali usati. Una testimonianza fotografica attraverso le immagini. Un dato che dovrebbe essere acquisito è che lo stemma è accompagnato da un distico in latino. Gli studiosi d'araldica lo fanno risalire al periodo svevo, quando Fedeico II di Svevia, innamorato della nostra città, la definì: Grana dat et vina, Urbs Opulenta Gravina, ovvero città del grano e del vino, città ricca. Anzi, il professor Fedele Raguso, nel volume In Gravina per le vie, stradario toponomastico – guida, sostiene, con certezza e convinzione, che sia stato proprio Federico II a coniarne la forma ed il tutto, fondendo vecchio e nuovo, colori e forma, economia e potere.
Nell'ambito del citato studio, Raguso, confuta, con ogni probabilità, che lo stemma sia stato coniato da Gilberto d'Aigle, conte di gravina, il quale rivestì una carica di prestigio alla corte di Sicilia e quindi tenuto a presentarsi con bandiera distintiva del suo feudo. In realtà non vi sono documenti che attestino la sua origine, ma i colori e la forma consentono di congetturare con buona approssimazione storica che il gonfalone sia nato durante la dominazione sveva.
Il dato storico certo, comunque, secondo lo storico gravinese, è rappresentato dall'esemplare più antico, esistente in città, esattamente presso la Fondazione Santomasi e che risale al 1541 e si presenta a scudo sannitico, cioè a punta nella parte inferiore. Altre testimonianze iconografiche, dipinti, su pergamene, sono state rinvenute tra i documenti dell'Archivio capitolare di Gravina. Anzi, bisogna aggiungere, che tale simbolo, cioè con il grappolo d'uva e le spighe di grano, è stato usato anche come stemma episcopale da parte di alcuni vescovi.
Ma procediamo con ordine nella descrizione. Esso è bipartito in due campi: a sinistra di colore azzurro sul quale sono sovrapposte delle spighe di grano; a destra di colore giallo con la sovrapposizione di un tralcio di vite verde. E' chiuso da un lato da fogli di alloro e dall'altro da un ramoscello d'albero d'ulivo. "La forma a coda di rondine, continua Raguso nel suo racconto, evidenzia che la città fu fedele ghibellina, e poiché già capoluogo di contea, l'imperatore la volle sede della Curia generale per la Puglia, la Basilicata e la Capitanata, cioè sede dell'organo giudiziario che trattava le cause riguardanti le ingiurie e i danni commessi dai suoi rappresentanti ufficiali".(Capito quanto era importante la nostra città e tale la rese il Puer Apuliae?!).
Con la morte di Federico II e di suo figlio Manfredi, la contea divenne demaniale, gestita direttamente dal re, tramite suoi delegati e rappresentanti. Successivamente, fu di nuovo feudo contea, ducato con gli Orsini; città demaniale e feudale sino al 1816 con l'ultimo duca Orsini. Naturalmente, questi passaggi di potere, di dominio, hanno significati, anche, per lo stemma cambiare i suoi "connotati", soprattutto per quanto riguardava i fregi decorativi superiori, rappresentati da corone, diverse, a seconda da chi la città era rappresentata.
Dal 1816 e fino al 1907, il nostro, fu comune retto da sindaci e giunte municipali, sotto il controllo del prefetto e vice prefetto regio. Dal 1927 al 1943, la gestione passò nelle mani del podestà. Durante il periodo fascista lo stemma e il gonfalone subirono delle modifiche, con regolare decreto emesso da Mussolini. Nella parte superiore interna fu apposto il simbolo del fascio littorio. Simbolo che, a volte accompagnava o si univa allo stendardo originale.
Lo stemma, oggi, è presente su alcuni edifici pubblici e di culto. All'interno dell'androne della Scuola Media Santomasi, su quello che, un tempo, era l'ingresso principale dell' istituto scolastico; nella parte posteriore della fontana pubblica di piazza Notar Domenico; all'interno della Basilica cattedrale, tra il soffitto ligneo e l'arco di trionfo posto al di sopra del presbiterio sotto lo stemma del cardinale Orsini; sul prospetto esterno Ovest del massimo tempio cittadino e sulla torre di destra, per chi guada, della facciata della chiesa Madonna delle Grazie. E' riprodotto anche sulla base in legno della statua del Santo Patrono ubicata in piazza Scacchi.
Nell'ambito del citato studio, Raguso, confuta, con ogni probabilità, che lo stemma sia stato coniato da Gilberto d'Aigle, conte di gravina, il quale rivestì una carica di prestigio alla corte di Sicilia e quindi tenuto a presentarsi con bandiera distintiva del suo feudo. In realtà non vi sono documenti che attestino la sua origine, ma i colori e la forma consentono di congetturare con buona approssimazione storica che il gonfalone sia nato durante la dominazione sveva.
Il dato storico certo, comunque, secondo lo storico gravinese, è rappresentato dall'esemplare più antico, esistente in città, esattamente presso la Fondazione Santomasi e che risale al 1541 e si presenta a scudo sannitico, cioè a punta nella parte inferiore. Altre testimonianze iconografiche, dipinti, su pergamene, sono state rinvenute tra i documenti dell'Archivio capitolare di Gravina. Anzi, bisogna aggiungere, che tale simbolo, cioè con il grappolo d'uva e le spighe di grano, è stato usato anche come stemma episcopale da parte di alcuni vescovi.
Ma procediamo con ordine nella descrizione. Esso è bipartito in due campi: a sinistra di colore azzurro sul quale sono sovrapposte delle spighe di grano; a destra di colore giallo con la sovrapposizione di un tralcio di vite verde. E' chiuso da un lato da fogli di alloro e dall'altro da un ramoscello d'albero d'ulivo. "La forma a coda di rondine, continua Raguso nel suo racconto, evidenzia che la città fu fedele ghibellina, e poiché già capoluogo di contea, l'imperatore la volle sede della Curia generale per la Puglia, la Basilicata e la Capitanata, cioè sede dell'organo giudiziario che trattava le cause riguardanti le ingiurie e i danni commessi dai suoi rappresentanti ufficiali".(Capito quanto era importante la nostra città e tale la rese il Puer Apuliae?!).
Con la morte di Federico II e di suo figlio Manfredi, la contea divenne demaniale, gestita direttamente dal re, tramite suoi delegati e rappresentanti. Successivamente, fu di nuovo feudo contea, ducato con gli Orsini; città demaniale e feudale sino al 1816 con l'ultimo duca Orsini. Naturalmente, questi passaggi di potere, di dominio, hanno significati, anche, per lo stemma cambiare i suoi "connotati", soprattutto per quanto riguardava i fregi decorativi superiori, rappresentati da corone, diverse, a seconda da chi la città era rappresentata.
Dal 1816 e fino al 1907, il nostro, fu comune retto da sindaci e giunte municipali, sotto il controllo del prefetto e vice prefetto regio. Dal 1927 al 1943, la gestione passò nelle mani del podestà. Durante il periodo fascista lo stemma e il gonfalone subirono delle modifiche, con regolare decreto emesso da Mussolini. Nella parte superiore interna fu apposto il simbolo del fascio littorio. Simbolo che, a volte accompagnava o si univa allo stendardo originale.
Lo stemma, oggi, è presente su alcuni edifici pubblici e di culto. All'interno dell'androne della Scuola Media Santomasi, su quello che, un tempo, era l'ingresso principale dell' istituto scolastico; nella parte posteriore della fontana pubblica di piazza Notar Domenico; all'interno della Basilica cattedrale, tra il soffitto ligneo e l'arco di trionfo posto al di sopra del presbiterio sotto lo stemma del cardinale Orsini; sul prospetto esterno Ovest del massimo tempio cittadino e sulla torre di destra, per chi guada, della facciata della chiesa Madonna delle Grazie. E' riprodotto anche sulla base in legno della statua del Santo Patrono ubicata in piazza Scacchi.