Passeggiando con la storia
La Banca Cooperativa Agraria, “la banca noste”, storia, ricordi e memorie. Nasceva il 1° gennaio 1883
Rubrica “passeggiando con la storia” di Giuseppe Massari
martedì 31 dicembre 2019
18.30
Il 1° gennaio del 1883, centotrentasette anni fa, per volere di Michelangelo Calderoni Martini, con atto del notaio Giuseppe Montemurro, padre del futuro medico Eustachio, nonché futuro sacerdote e fondatore delle Suore Missionarie del Sacro Costato e di Maria Santissima Addolorata, presso la sala del Ginnaio, in piazza dell'orologio, oggi piazza Notar Domenico, dove per lungo tempo è stato ospitato il seminario vescovile diocesano e, attualmente, sede del Museo civico, veniva fondata la Banca Cooperativa Agraria.
Una creatura che il fondatore, nato a Gravina da Francesco Antonio e da Eleonora Sabini l'8 maggio 1848, purtroppo, non ebbe la gioia di vedere crescere, perché cinque anni dopo, il 28 maggio 1888, all'età di 40 anni, lasciò questa terra. Non potette seguire le alterne vicende che si susseguirono tra beghe, intrighi, gelosie, invidie e maldicenze. Nonostante la sua morte inaspettata e precoce, l'Istituto andò avanti. Le responsabilità gestionali e l'eredità morale furono assunte prima dal Barone Ettore Pomarici Santomasi e poi dal fratello di quegli, Pasquale Calderoni Martini.
Una istituzione così giovane non poteva morire. Una intuizione così interessante e dalle finalità nobili, nata grazie anche all'amicizia che intercorse tra Michelangelo e Giuseppe Lazzati, Fondatore delle Banche Popolari, non poteva diventare luogo di dileggio. Luogo in cui manovre di potere non mancarono. Tutto ciò fu scongiurato grazie alla saldezza dei successori alla guida della benemerita istituzione, che potè continuare il suo cammino e il suo servizio solo secondo le finalità statutarie, evitando, tra l'altro, lo scotto di un fallimento già avvenuto in precedenza con la costituzione di una Banca Agraria pensata, ideata ed istituita da Giuseppe Gramegna fu Giovanni.
Chi sia stato Michelangelo Calderoni Martini non spetta a me dirlo, magari con parole incongruenti. Lascio spazio ai giudizi di chi lo ha conosciuto personalmente. Uno fra questi è stato l'onorevole meridionalista Giustino Fortunato, il quale più volte, in pubblico e in privato, ripeteva a Pasquale Calderoni Martini, fratello del nostro: "Michelangelo era migliore di me" . Il filosofo e professore Giuseppe Tarantino, tessendo l'elogio funebre, pronunciò, nel giorno della sepoltura, le seguenti parole: "Nato in una casa di cospicuo censo, fornito a dovizia di tutti quei mezzi che invitano al riposo ed al godimento, nonché alla soddisfazione di tutti i capricci, pur vivendo in una città, in cui, a cominciare dall'incantevole bellezza del cielo (Napoli), tutto affascina e trascina alla mollezza e alla distrazione, egli menò vita illibata e tutta consacrata allo studio… Cuore nobile e retto, sentì bene che vani sono i titoli di nobiltà, senza la nobiltà vera dell'animo e perniciose le ricchezze le ricchezze, senza la cultura dello Spirito".
Questi fu l'uomo, il mecenate, il rappresentante del popolo nelle istituzioni pubbliche, il fondatore di quella che noi gravinesi, per un senso filiale di appartenenza abbiamo imparato a chiamare sempre e ancora la "banca noste". Non si può parlare di questo istituto, fino ai nostri giorni, attraverso i traghettamenti delle fusioni, delle incorporazioni, che l'hanno reso grande, anche se ne è stata snaturata la natura costitutiva, sopraffatta dalle leggi di mercato, dalle espansioni e dalle concorrenze, se non facciamo riferimento ad un altro grande personaggio gravinese, illustre nella sua semplicità e modestia: Emanuele D'Ecclesiis.
Continuatore dell'opera del fondatore, già vice presidente dell'istituto di credito ai tempi in cui si andava realizzando la costituzione in Gravina di una Società per l'Esercizio di Magazzini Generali, finalizzata alla raccolta del grano in quella costruzione che è stato il Silos granario, e successivamente, dall'11 marzo 1934, e per 34 anni, presidente fino al giorno della sua morte che lo colse, nella sua abitazione, la sera del 12 marzo 1967.
Alla sua morte le parole non si sprecarono da parte di coloro che erano stati i suoi più stretti collaboratori, Giuseppe Marchetti, vice presidente e Giuseppe Lonero, direttore generale, tanto da far dire a quest'ultimo: "Se Michelangelo Calderoni Martini fu il fondatore, se Ettore Pomarici Santomasi e Pasquale Calderoni Martini furono i salvatori, Emanuele D'Ecclesiis è da considerarsi il consolidatore e il difensore per averne rinsaldato ed accresciuto il valore morale e patrimoniale". Durante la presidenza D'Ecclesiis fu costruita la nuova sede, quella in piazza Cavour, inaugurata il 13 maggio 1956; fu ristrutturata la filiale di Irsina; aperta una filiale a Poggiorsini. Forse, senza volerlo, si andavano delineando le forme e le sostanze di quella che sarebbe diventata la Banca Popolare della Murgia prima e della Banca Popolare di Puglia e Basilicata dopo.
(Le foto sono tratte dall'Archivio delle Famiglie Calderoni Martini Fraggiacomo, dall'Archivio della Fondazione Santomasi e da quello della già Banca Cooperativa Agraria, oggi BPPB).
Una creatura che il fondatore, nato a Gravina da Francesco Antonio e da Eleonora Sabini l'8 maggio 1848, purtroppo, non ebbe la gioia di vedere crescere, perché cinque anni dopo, il 28 maggio 1888, all'età di 40 anni, lasciò questa terra. Non potette seguire le alterne vicende che si susseguirono tra beghe, intrighi, gelosie, invidie e maldicenze. Nonostante la sua morte inaspettata e precoce, l'Istituto andò avanti. Le responsabilità gestionali e l'eredità morale furono assunte prima dal Barone Ettore Pomarici Santomasi e poi dal fratello di quegli, Pasquale Calderoni Martini.
Una istituzione così giovane non poteva morire. Una intuizione così interessante e dalle finalità nobili, nata grazie anche all'amicizia che intercorse tra Michelangelo e Giuseppe Lazzati, Fondatore delle Banche Popolari, non poteva diventare luogo di dileggio. Luogo in cui manovre di potere non mancarono. Tutto ciò fu scongiurato grazie alla saldezza dei successori alla guida della benemerita istituzione, che potè continuare il suo cammino e il suo servizio solo secondo le finalità statutarie, evitando, tra l'altro, lo scotto di un fallimento già avvenuto in precedenza con la costituzione di una Banca Agraria pensata, ideata ed istituita da Giuseppe Gramegna fu Giovanni.
Chi sia stato Michelangelo Calderoni Martini non spetta a me dirlo, magari con parole incongruenti. Lascio spazio ai giudizi di chi lo ha conosciuto personalmente. Uno fra questi è stato l'onorevole meridionalista Giustino Fortunato, il quale più volte, in pubblico e in privato, ripeteva a Pasquale Calderoni Martini, fratello del nostro: "Michelangelo era migliore di me" . Il filosofo e professore Giuseppe Tarantino, tessendo l'elogio funebre, pronunciò, nel giorno della sepoltura, le seguenti parole: "Nato in una casa di cospicuo censo, fornito a dovizia di tutti quei mezzi che invitano al riposo ed al godimento, nonché alla soddisfazione di tutti i capricci, pur vivendo in una città, in cui, a cominciare dall'incantevole bellezza del cielo (Napoli), tutto affascina e trascina alla mollezza e alla distrazione, egli menò vita illibata e tutta consacrata allo studio… Cuore nobile e retto, sentì bene che vani sono i titoli di nobiltà, senza la nobiltà vera dell'animo e perniciose le ricchezze le ricchezze, senza la cultura dello Spirito".
Questi fu l'uomo, il mecenate, il rappresentante del popolo nelle istituzioni pubbliche, il fondatore di quella che noi gravinesi, per un senso filiale di appartenenza abbiamo imparato a chiamare sempre e ancora la "banca noste". Non si può parlare di questo istituto, fino ai nostri giorni, attraverso i traghettamenti delle fusioni, delle incorporazioni, che l'hanno reso grande, anche se ne è stata snaturata la natura costitutiva, sopraffatta dalle leggi di mercato, dalle espansioni e dalle concorrenze, se non facciamo riferimento ad un altro grande personaggio gravinese, illustre nella sua semplicità e modestia: Emanuele D'Ecclesiis.
Continuatore dell'opera del fondatore, già vice presidente dell'istituto di credito ai tempi in cui si andava realizzando la costituzione in Gravina di una Società per l'Esercizio di Magazzini Generali, finalizzata alla raccolta del grano in quella costruzione che è stato il Silos granario, e successivamente, dall'11 marzo 1934, e per 34 anni, presidente fino al giorno della sua morte che lo colse, nella sua abitazione, la sera del 12 marzo 1967.
Alla sua morte le parole non si sprecarono da parte di coloro che erano stati i suoi più stretti collaboratori, Giuseppe Marchetti, vice presidente e Giuseppe Lonero, direttore generale, tanto da far dire a quest'ultimo: "Se Michelangelo Calderoni Martini fu il fondatore, se Ettore Pomarici Santomasi e Pasquale Calderoni Martini furono i salvatori, Emanuele D'Ecclesiis è da considerarsi il consolidatore e il difensore per averne rinsaldato ed accresciuto il valore morale e patrimoniale". Durante la presidenza D'Ecclesiis fu costruita la nuova sede, quella in piazza Cavour, inaugurata il 13 maggio 1956; fu ristrutturata la filiale di Irsina; aperta una filiale a Poggiorsini. Forse, senza volerlo, si andavano delineando le forme e le sostanze di quella che sarebbe diventata la Banca Popolare della Murgia prima e della Banca Popolare di Puglia e Basilicata dopo.
(Le foto sono tratte dall'Archivio delle Famiglie Calderoni Martini Fraggiacomo, dall'Archivio della Fondazione Santomasi e da quello della già Banca Cooperativa Agraria, oggi BPPB).