Passeggiando con la storia
La cappella del Carmine nella chiesa di San Sebastiano
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 8 luglio 2021
L'unica storia ricostruita sull'arte lignea a Gravina è quella riportata nel volume Il "Bancone" nella sagrestia della cattedrale di Gravina, curato nelle schede d'archivio dai professori Marisa D'Agostino e Fedele Raguso. In questo lavoro di ricerca, a firma di Raguso, sia pure monografico e monotematico, si fa riferimento a molti ebanisti, intagliatori. I manufatti lignei, datati e databili dal XV secolo, mai studiati a dovere, soprattutto dagli addetti ai lavori, possono dirsi inediti e sconosciuti.
Il riferimento è al bancone presente nella sagrestia della cattedrale; al coro, posto dietro l'altare maggiore dello stesso luogo; al pulpito presente nella chiesa di Santa Maria del Suffragio o a quello scomparso e, trasformato in ambone liturgico; all'altare della cappella della Madonna del Carmine nella chiesa di San Sebastiano.
Su questo gioiello artistico e storico, lasciato ancora marcire, (le foto allegate sono eloquenti), come solo certe menti marce sono state capaci, proprio perché versa in condizioni irreversibili, oggi voglio fermare la mia attenzione, confidando nella sensibilità, non solo dei lettori, ma di tutti quelli che dovrebbero avere a cuore la tutela e la salvaguardia di un patrimonio di valore. Mi riferisco a quegli enti religiosi e civili che non possono continuare a tenere la testa sotto la sabbia come lo struzzo.
Enti che se non ci fossero sarebbe meglio, ma visto che ci sono è bene chiamarli in causa, anche se fanno sempre e solo orecchi da mercante, quindi, come se non esistessero e di fatti non esistono sul piano pratico ed operativo, altrimenti non si spiegherebbero le derive iconoclastiche di un intero patrimonio culturale lasciato al destino ignobile del tempo e degli uomini; di chi a quel destino appartiene o si è conformato per indole, forma mentis e deformazione professione.
Veniamo alla storia di questo pregevole manufatto, tra l'altro, arricchito da una bellissima tela di Frà Giacomo da S. Vito dei Normanni, raffigurante la Vergine del Carmine.. Il canonico Tobia Stamelluti di Gravina, il 1871 scrisse nelle sue "Opinioni sull'origine di Gravina" che in città operarono: gli intagliatori fratelli Ricciardelli, autori dell'altare della Madonna del Carmine in San Sebastiano.
Lo Stammelluti, nel citato testo, il cui manoscritto originale è parte dell'Archivio della Fondazione Pomarici Santomasi, scrive testualmente: "è da ammirarsi pure l'altare della Vergine del Carmine nella cappella degli Orsini intagliato in tiglio dai fratelli Ricciardelli". L'altare si trova nella chiesa di san Sebastiano, nella prima cappella della navata sinistra per chi entra.
Su questa versione del canonico Stammelluti, il Raguso ha colto una contraddizione. Citando un altro testo, quello di Benigno Francesco Perrone, Storia della serafica riforma di S. Nicolò in Puglia, costui attribuisce il "dossale del cappellone della Madonna del Carmine della chiesa di S. Sebastinao a Gravina in Puglia a frà Giuseppe da Soleto, autore di altri ornamenti d'altari molto simili. Il professor Raguso, tra l'altro, concorda con il Perrone nel ritenere l'opera di fra Giuseppe, perché era raro il caso che in un convento entrassero artigiani o artisti laici e, a maggior ragione, quando il convento o l'ordine aveva artisti nel suo interno.
Pur tuttavia, lo storico locale non ritiene improbabile la manifattura attribuita ai fratelli Ricciardelli, perché questi avevano già lavorato per gli Orsini nella chiesa del Purgatorio. Tra l'altro, modestamente ritengo, ed è questa la mia tesi, la cappella di cui ci stiamo occupando fu eretta per volere degli Orsini e fu ulteriormente arricchita per interessamento della duchessa Giovanna Frangipane della Tolfa, madre del futuro pontefice Benedetto XIII.
Quindi, non si può escludere che loro abbiano imposto un loro mastro. Ne fanno fede non solo lo stemma araldico del casato posto come cimasa sulla parte superiore dell'intero complesso ligneo, ma, anche lo stesso stemma e, ancora, per fortuna, visibile, riprodotto sul paliotto in marmo dell'altare. La conferma di ciò arriva direttamente dal figlio della duchessa, il cardinale Orsini, in occasione della sua Visita Apostolica alla Chiesa di Gravina, avvenuta nel 1714.
https://www.europacristiana.com/la-grande-bellezza-sintesi-creatrice-tra-arte-che-si-fa-storia-e-arte-che-si-fa-mostra/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=copia-di-bozza-da-utlizzare_3Nel descrivere le cappelle laterali "alla nave minore destra sono erette due Cappelle, la prima delle quali ad onore del Santissimo Crocifisso, lunga palmi 28 e mezzo larga palmi 2o, la 2 di consimile grandezza fù eretta dalla s. m. di Nostra Madre ad onore di Nostra Signora del Carmine, la di cui arme si vede nel frontespizio dell'ornamento dell'Altare".
Prima di concludere questa breve storia, avvolta ad uno sfortunato destino, come di tanti, di molti e di troppi altri capolavori lasciati morire nella polvere dell'inerzia e sotto la coltre dell'oblio, mi viene di precisare e puntualizzare meglio l'assunto di Raguso, quello riguardante la impossibilità che artisti esterni o laici potessero entrare nelle comunità dove già c'erano confratelli artisti. In realtà, è probabile che costoro hanno realizzato i mobili in legno, gli armadi che arredano la sagrestia della chiesa, oppure le stesse statue lignee che fanno parte dell'intero patrimonio artistico della chiesa, così come si evince da alcune foto a corredo. Per la cappella voluta dagli Orsini, questi, e mi sembra giusto, si servirono di maestranze di loro fiducia. Agli Orsini, committenti, poi, nulla era vietato o quasi tutto era consentito. Pecunia non olet, i soldi non puzzano.
Il riferimento è al bancone presente nella sagrestia della cattedrale; al coro, posto dietro l'altare maggiore dello stesso luogo; al pulpito presente nella chiesa di Santa Maria del Suffragio o a quello scomparso e, trasformato in ambone liturgico; all'altare della cappella della Madonna del Carmine nella chiesa di San Sebastiano.
Su questo gioiello artistico e storico, lasciato ancora marcire, (le foto allegate sono eloquenti), come solo certe menti marce sono state capaci, proprio perché versa in condizioni irreversibili, oggi voglio fermare la mia attenzione, confidando nella sensibilità, non solo dei lettori, ma di tutti quelli che dovrebbero avere a cuore la tutela e la salvaguardia di un patrimonio di valore. Mi riferisco a quegli enti religiosi e civili che non possono continuare a tenere la testa sotto la sabbia come lo struzzo.
Enti che se non ci fossero sarebbe meglio, ma visto che ci sono è bene chiamarli in causa, anche se fanno sempre e solo orecchi da mercante, quindi, come se non esistessero e di fatti non esistono sul piano pratico ed operativo, altrimenti non si spiegherebbero le derive iconoclastiche di un intero patrimonio culturale lasciato al destino ignobile del tempo e degli uomini; di chi a quel destino appartiene o si è conformato per indole, forma mentis e deformazione professione.
Veniamo alla storia di questo pregevole manufatto, tra l'altro, arricchito da una bellissima tela di Frà Giacomo da S. Vito dei Normanni, raffigurante la Vergine del Carmine.. Il canonico Tobia Stamelluti di Gravina, il 1871 scrisse nelle sue "Opinioni sull'origine di Gravina" che in città operarono: gli intagliatori fratelli Ricciardelli, autori dell'altare della Madonna del Carmine in San Sebastiano.
Lo Stammelluti, nel citato testo, il cui manoscritto originale è parte dell'Archivio della Fondazione Pomarici Santomasi, scrive testualmente: "è da ammirarsi pure l'altare della Vergine del Carmine nella cappella degli Orsini intagliato in tiglio dai fratelli Ricciardelli". L'altare si trova nella chiesa di san Sebastiano, nella prima cappella della navata sinistra per chi entra.
Su questa versione del canonico Stammelluti, il Raguso ha colto una contraddizione. Citando un altro testo, quello di Benigno Francesco Perrone, Storia della serafica riforma di S. Nicolò in Puglia, costui attribuisce il "dossale del cappellone della Madonna del Carmine della chiesa di S. Sebastinao a Gravina in Puglia a frà Giuseppe da Soleto, autore di altri ornamenti d'altari molto simili. Il professor Raguso, tra l'altro, concorda con il Perrone nel ritenere l'opera di fra Giuseppe, perché era raro il caso che in un convento entrassero artigiani o artisti laici e, a maggior ragione, quando il convento o l'ordine aveva artisti nel suo interno.
Pur tuttavia, lo storico locale non ritiene improbabile la manifattura attribuita ai fratelli Ricciardelli, perché questi avevano già lavorato per gli Orsini nella chiesa del Purgatorio. Tra l'altro, modestamente ritengo, ed è questa la mia tesi, la cappella di cui ci stiamo occupando fu eretta per volere degli Orsini e fu ulteriormente arricchita per interessamento della duchessa Giovanna Frangipane della Tolfa, madre del futuro pontefice Benedetto XIII.
Quindi, non si può escludere che loro abbiano imposto un loro mastro. Ne fanno fede non solo lo stemma araldico del casato posto come cimasa sulla parte superiore dell'intero complesso ligneo, ma, anche lo stesso stemma e, ancora, per fortuna, visibile, riprodotto sul paliotto in marmo dell'altare. La conferma di ciò arriva direttamente dal figlio della duchessa, il cardinale Orsini, in occasione della sua Visita Apostolica alla Chiesa di Gravina, avvenuta nel 1714.
https://www.europacristiana.com/la-grande-bellezza-sintesi-creatrice-tra-arte-che-si-fa-storia-e-arte-che-si-fa-mostra/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=copia-di-bozza-da-utlizzare_3Nel descrivere le cappelle laterali "alla nave minore destra sono erette due Cappelle, la prima delle quali ad onore del Santissimo Crocifisso, lunga palmi 28 e mezzo larga palmi 2o, la 2 di consimile grandezza fù eretta dalla s. m. di Nostra Madre ad onore di Nostra Signora del Carmine, la di cui arme si vede nel frontespizio dell'ornamento dell'Altare".
Prima di concludere questa breve storia, avvolta ad uno sfortunato destino, come di tanti, di molti e di troppi altri capolavori lasciati morire nella polvere dell'inerzia e sotto la coltre dell'oblio, mi viene di precisare e puntualizzare meglio l'assunto di Raguso, quello riguardante la impossibilità che artisti esterni o laici potessero entrare nelle comunità dove già c'erano confratelli artisti. In realtà, è probabile che costoro hanno realizzato i mobili in legno, gli armadi che arredano la sagrestia della chiesa, oppure le stesse statue lignee che fanno parte dell'intero patrimonio artistico della chiesa, così come si evince da alcune foto a corredo. Per la cappella voluta dagli Orsini, questi, e mi sembra giusto, si servirono di maestranze di loro fiducia. Agli Orsini, committenti, poi, nulla era vietato o quasi tutto era consentito. Pecunia non olet, i soldi non puzzano.