Passeggiando con la storia
La chiesa di San Giovanni Battista nel rione Fondovito
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 22 luglio 2021
12.40
In una delle puntate precedenti della rubrica, riferita al mese scorso, l'argomento trattato ha riguardato la storia della chiesa di Sant'Agostino. Oggi, invece, ci occupiamo di quella sottostante, intitolata a San Giovanni Battista, da cui prende il nome la parrocchia, situata all'interno del rione Fondovito, al termine della lunga scalinata che, da piazza Pellicciari, immette nell'antico rione. Per una migliore e più completa descrizione della chiesa, sono partito dalla Visita apostolica compiuta, da gennaio a giugno del 1714, dal nostro concittadino, il cardinale Frà Vincenzo Maria Orsini. Dal resoconto orsiniano si hanno alcune conferme e, anche, alla luce di stravolgimenti successivi, di modifiche apportate. "Questa Chiesa lunga palmi 40, larga palmi 53 è divisa in tre navi, o volti, che sono sostenuti da pilastri quadrati. Ha due porte, una nella nave principale, e l'altra nella destra laterale: il tetto senza grondaie, e con coppi nella maggior parte scomposti. A capo delle due navi minori sono dipinte nel muro due Immagini tutte sparute, ed inverdite dalla umidità: il pavimento lavorato di tufi presso il battistero, è malamente scavato, e cosi anche sotto le dette due Immagini. Ha la sua Sagrestia cavata nel tufo, situata dietro l'altare, a lato del quale sono eretti sopra colonnette di tufi due pulpitelli assai infelici di pietra. L'unico altare è situato sotto il primo arco della nave principale, sostenuto da medaglioni con mensa tutta di un pezzo di trofino, e sopra tre sottogradi di detta pietra"
Uno degli storici più accreditati della città, Domenico Nardone, la fa risalire, con ogni probabilità, al XII secolo. Nella Sua visita pastorale del 1727 il vescovo Vincenzo Ferrero colloca la costruzione della Chiesa a opera dei benedettini. Fu fatta costruire dai monaci benedettini, in segno di gratitudine, dopo la conseguita vittoria sui saraceni, le loro incursioni e vessazioni. In sostituzione della chiesa di San Michele delle Grotte e di San Marco, prime cattedrali della città, ne prese il posto. Oggi, e da molti anni, purtroppo, è chiusa al culto, il che ha comportato un degrado continuo e costante, tanto che alcune testimonianze e parti delle pareti affrescate necessitano di restauri. Ma questa è storia ricorrente e che riguarda molte chiese di culto abbandonate, molti monumenti ed edifici storici od opere d'arte lasciate marcire nella più completa, incoscienza, insensibilità ed inettitudine da parte delle autorità preposte alla salvaguardia o dei rispetti proprietari.
Per tornare all'oggetto o all'argomento di cui ci stiamo occupando ed entrando nella descrizione storica più particolareggiata, iniziando dall'analisi della sua struttura architettonica, essa è suddivisa in tre navate. Sfogliando la guida bilingue di Giuseppe Navedoro su Gravina, l'autore, partendo "dalle tre partizioni della facciata si apre un portale (quelli laterali sono mirati) e, in asse con ognuno di essi, altrettanto grandi monofore strombate che illuminano le tre navate in cui la chiesa risulta articolata". Attingendo da altra fonte: "I luoghi del sacro e dello stupore. Guida ai complessi architettonici della fede di Gravina", leggiamo che "la chiesa internamente presenta due volte a crociera nella navata centrale con pietre centrali di congiunzione ottagonali: in una sono incise le lettere F H S e B B, interpretata dal Nardone con Fecerunt Hoc Struere Benedectini, (una conferma sulla origine e paternità dei costruttori), nell'altra un tralcio di uva e spighe di grano, stemma della città". Queste tracce e testimonianze sono, ormai, poco visibili o deteriorate, come quella situata nella navata di destra, dove in una cornice di tufo si riesce a leggere la scritta Zaccaria profeta; o altri affreschi, appena percettibili, situati sul fondo della navata di sinistra. Cosa fa, invece, bella mostra e la massiccia vasca del fonte battesimale realizzata, con ogni probabilità, con il mazzaro locale, sorretta su una base di fattura successiva.
Purtroppo, nel tempo, la chiesa ha subito dei rimaneggiamenti, delle manomissioni, delle modifiche, adattamenti e ampliamenti. Si trova traccia di tutto ciò nell'Archivio Capitolare di Gravina. "Al vescovo Palmerio (1283 – 1286) si può attribuire l'ampliamento della chiesa con la navata di sinistra (di impostazione diversa da quella centrale) per la presenza sul portale esterno di una palma, sua arma episcopale, da qualche anno resa poco leggibile". La conferma di quanto sopra esposto, ci viene da Navedoro, il quale, nel continuare la descrizione del sacro luogo, avanza ipotesi di rimaneggiamenti o quanto meno di interventi successivi, in particolar modo riferito alla navata centrale: "quella centrale è a due campate, divise da un arcone trasversale, individuate da volte a crociera; i massicci pilastri su cui sono impostate, chiara traccia di uno degli interventi successivi" che, comunque, non inficiano la data di costruzione, riconducibile, come già evidenziato precedentemente, al XII secolo.
Prima di concludere, un'ultima annotazione, da una delle foto allegate, (a proposto, il corredo fotografico è parte di quello inserito nella pagina Fb della Parrocchia San Giovanni Battista), quella relativa al presbiterio, dove è situato l'altare maggiore, si notano degli stalli di coro. La chiesa, originariamente e fino agli anni 70, quando furono avviati i lavori di restauro e ricostruzione della chiesa di Sant'Agostino, non ha mai posseduto un coro ligneo. Quello che si vede sistemato alle spalle dell'altare, è un esempio posticcio di arredo della chiesa, poiché quel corredo proviene dalla chiesa di Sant'Agostino.
Uno degli storici più accreditati della città, Domenico Nardone, la fa risalire, con ogni probabilità, al XII secolo. Nella Sua visita pastorale del 1727 il vescovo Vincenzo Ferrero colloca la costruzione della Chiesa a opera dei benedettini. Fu fatta costruire dai monaci benedettini, in segno di gratitudine, dopo la conseguita vittoria sui saraceni, le loro incursioni e vessazioni. In sostituzione della chiesa di San Michele delle Grotte e di San Marco, prime cattedrali della città, ne prese il posto. Oggi, e da molti anni, purtroppo, è chiusa al culto, il che ha comportato un degrado continuo e costante, tanto che alcune testimonianze e parti delle pareti affrescate necessitano di restauri. Ma questa è storia ricorrente e che riguarda molte chiese di culto abbandonate, molti monumenti ed edifici storici od opere d'arte lasciate marcire nella più completa, incoscienza, insensibilità ed inettitudine da parte delle autorità preposte alla salvaguardia o dei rispetti proprietari.
Per tornare all'oggetto o all'argomento di cui ci stiamo occupando ed entrando nella descrizione storica più particolareggiata, iniziando dall'analisi della sua struttura architettonica, essa è suddivisa in tre navate. Sfogliando la guida bilingue di Giuseppe Navedoro su Gravina, l'autore, partendo "dalle tre partizioni della facciata si apre un portale (quelli laterali sono mirati) e, in asse con ognuno di essi, altrettanto grandi monofore strombate che illuminano le tre navate in cui la chiesa risulta articolata". Attingendo da altra fonte: "I luoghi del sacro e dello stupore. Guida ai complessi architettonici della fede di Gravina", leggiamo che "la chiesa internamente presenta due volte a crociera nella navata centrale con pietre centrali di congiunzione ottagonali: in una sono incise le lettere F H S e B B, interpretata dal Nardone con Fecerunt Hoc Struere Benedectini, (una conferma sulla origine e paternità dei costruttori), nell'altra un tralcio di uva e spighe di grano, stemma della città". Queste tracce e testimonianze sono, ormai, poco visibili o deteriorate, come quella situata nella navata di destra, dove in una cornice di tufo si riesce a leggere la scritta Zaccaria profeta; o altri affreschi, appena percettibili, situati sul fondo della navata di sinistra. Cosa fa, invece, bella mostra e la massiccia vasca del fonte battesimale realizzata, con ogni probabilità, con il mazzaro locale, sorretta su una base di fattura successiva.
Purtroppo, nel tempo, la chiesa ha subito dei rimaneggiamenti, delle manomissioni, delle modifiche, adattamenti e ampliamenti. Si trova traccia di tutto ciò nell'Archivio Capitolare di Gravina. "Al vescovo Palmerio (1283 – 1286) si può attribuire l'ampliamento della chiesa con la navata di sinistra (di impostazione diversa da quella centrale) per la presenza sul portale esterno di una palma, sua arma episcopale, da qualche anno resa poco leggibile". La conferma di quanto sopra esposto, ci viene da Navedoro, il quale, nel continuare la descrizione del sacro luogo, avanza ipotesi di rimaneggiamenti o quanto meno di interventi successivi, in particolar modo riferito alla navata centrale: "quella centrale è a due campate, divise da un arcone trasversale, individuate da volte a crociera; i massicci pilastri su cui sono impostate, chiara traccia di uno degli interventi successivi" che, comunque, non inficiano la data di costruzione, riconducibile, come già evidenziato precedentemente, al XII secolo.
Prima di concludere, un'ultima annotazione, da una delle foto allegate, (a proposto, il corredo fotografico è parte di quello inserito nella pagina Fb della Parrocchia San Giovanni Battista), quella relativa al presbiterio, dove è situato l'altare maggiore, si notano degli stalli di coro. La chiesa, originariamente e fino agli anni 70, quando furono avviati i lavori di restauro e ricostruzione della chiesa di Sant'Agostino, non ha mai posseduto un coro ligneo. Quello che si vede sistemato alle spalle dell'altare, è un esempio posticcio di arredo della chiesa, poiché quel corredo proviene dalla chiesa di Sant'Agostino.