Passeggiando con la storia
La chiesa scrigno d’arte Santa Maria del Suffragio detta del Purgatorio
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 10 novembre 2022
Una delle fonti di cui mi sono avvalso, per la stesura della presente scheda storica, è stata la relazione svolta dalla professoressa Mimma Pasculli Ferrara: La Ducal chiesa del Purgatorio a Gravina e la committenza degli Orsini, nel corso del convegno sui Solimena, svoltosi a Nocera Inferiore 17-18 novembre 1990, in Angelo e Francesco Solimena due culture a confronto, a cura di Vega de Martini e Antonio Braca, Casa editrice Fausto Fiorentino. La chiesa detta del Purgatorio fu costruita fra il 1649 e il 1654 per volere del Duca Ferdinando III Orsini e della moglie Giovanna Frangipane della Tolfa.
"Al 10 aprile 1649 risale l'assenso e il beneplacito di Domenico Cennini, vescovo di Gravina, alla richiesta presentata dai duchi per la fondazione nel paese di un Monte di suffragio delle anime del Purgatorio. Dai Voti capitolari, continua la Pasculli Ferrara, invece della Cattedrale, in data 11 e 12 gennaio 1650, risulta che i duchi richiedono al capitolo di vendere loro alcuni possedimenti "nel luogo si dice il piano di messer Gualtiero per poter ivi le dette Ecc.ze fabbricarvi la nuova Chiesa".
"E infine nel libro dei Voti capitolari del Monte dei Morti in data 2 novembre 1654, il Vescovo Cennini concede lo jus seppellendi,(il diritto a seppellire) ai Governatori che glielo avevano richiesto, essendo "già compita la Chiesa per d. Monte, fatta fabbricare dagli Ecc.mi Signori Duca e Duchessa di Gravina". Dunque nel 1654 è terminata la fabbrica della chiesa, così come si può leggere sul cartiglio posto sopra la porta d'ingresso. La chiesa fu consacrata dal vescovo Cennini nel 1659. In seguito a successivi lavori di ampliamento, fu riconsacrata nel 1700 dal vescovo mons. Marcello Cavalieri.
Non stupisce, visto che i suoi committenti erano nientemeno che gli Orsini, che l'intero edificio, le cui decorazioni al suo interno non risalgono allo stesso periodo, sia uno scrigno prezioso di opere in tufo, marmo, legno, come per esempio, il pulpito ligneo e la cantoria con il monumentale organo costruito nel 1790 dal campano Benedetto De Rosa o il pregevole altare, opera di Cosimo Fanzago, con marmi policromi, lapislazzuli e madreperla. Per non parlare dei dipinti di ottima fattura del Guarini, pittore molto caro alla famiglia.
In particolare la sua pala d'altare, Santa Maria del Suffragio,databile tra il 1649 e il 1651, é da annoverare tra i dipinti più belli del barocco napoletano. I cinque quadretti (San Pietro, San Paolo, San Giovanni Evangelista, San Michele e la Natività) furono commissionati nel 1735 ad Andrea Miglionico. All'interno l'unica navata termina con un cappellone ottagonale; in quattro angoli si aprono altrettante nicchie che ospitano quattro statue dei santi Gregorio Magno, Clemente Papa, Biagio ed Agostino, attribuite alla scuola di Andrea Falcone.
Sui lati si aprono sei cappelle, tre per lati. Di rilevante interesse artistico la Cappella dell'Annunciazione con il mausoleo di Ferdinando III Orsini attribuito ad Andrea Falcone e Dionisio Lazzari; l'altare in marmo bianco con intarsi in nero fa da cornice al mirabile dipinto dell'Annunciazione, opera di Francesco Guarini. Cappella di S. Giuseppe da cui si accede al sottostante cimitero con una interessante stanza maiolicata. Cappella di S. Gregorio il cui altare fu commissionato il 1742 al marmoraro Filippo Raguzzini. La pala é firmata e datata Angelo Solimena 1667.
Quella che si apre su Piazza Notar Domenico è un'elegante facciata bianca che ci racconta molto della chiesa. La prima cosa che si nota, però, è il portale, in contrasto con le altre forme: più scuro ed elaborato e sormontato da ben due scheletri comodamente sdraiati su un fianco e con lo sguardo rivolto verso l'alto, frequenti in Puglia, ma anche in Calabria e Sicilia, e legate al culto dei defunti. Intorno e sopra ad esso, delle lesene percorrono la facciata fino in alto, dove il suo profilo a capanna si altera in una serie di graziose volute, quasi delle nuvole.
In realtà, c'è qualche particolare in più da cogliere sull'iconografia dell'ingresso: la porta è incorniciata da due pilastri costituiti da tre fasci di torri sovrapposte, simbolo della famiglia Frangipane della Tolfa. I pilastri sono sostenuti da tre orsi (in riferimento agli Orsini). Sopra di essi, un timpano viene spezzato da un cartiglio e due scheletri. Leggendolo in chiave simbolica, è subito chiaro come gli Orsini si presentino a sostegno della Chiesa e della comunità, facendosi carico di intercedere, con le loro opere, per la redenzione delle anime del Purgatorio.
Ancor più sorprendente, al di sopra del cartiglio è lo stemma del casato, uno scudo sormontato dalla corona ducale. Non quello classico, non quello tradizionale, con la sola rosa canina, anguilla e barre trasversali. Una insegna tutta da decifrare, visto che oltre agli orsi, le rose, le anguille, le bande laterali, sono incastonati altri segni, orizzontali e verticali, altri simboli che potrebbero condurre ad altri stemmi di famiglie con le quali gli Orsini si imparentarono.
Qui, mi permetto fare delle ipotesi. In ordine, partendo dall'alto, a sinistra, vi è l'aquila bicipite, stemma degli Skanderberg, la famiglia cui appartenne Angela Castriota Skanderberg, che andò in isposa a Ferdinando I° Orsini. A seguire, sempre sullo stesso lato, bande orizzontali, appartenenti all'araldica di Carlo Carafa, duca di Andria, che sposò Costanza Orsini dei principi di Gravina. Più sotto, invece, la Croce di Malta, simbolo dei Cavalieri dell'Ordine, a cui la famiglia era ascritta. Sul lato destro, invece, le bande verticali dovrebbero essere le insegne degli Aragona; i gigli d'oro, riferiti ai legami con il regno di Francia antica o d'Anjou. Vi è, inoltre, in basso a destra, la Croce di Gerusalemme potenziata da altre quattro piccole croci, simbolo del regno di Gerusalemme.
"Al 10 aprile 1649 risale l'assenso e il beneplacito di Domenico Cennini, vescovo di Gravina, alla richiesta presentata dai duchi per la fondazione nel paese di un Monte di suffragio delle anime del Purgatorio. Dai Voti capitolari, continua la Pasculli Ferrara, invece della Cattedrale, in data 11 e 12 gennaio 1650, risulta che i duchi richiedono al capitolo di vendere loro alcuni possedimenti "nel luogo si dice il piano di messer Gualtiero per poter ivi le dette Ecc.ze fabbricarvi la nuova Chiesa".
"E infine nel libro dei Voti capitolari del Monte dei Morti in data 2 novembre 1654, il Vescovo Cennini concede lo jus seppellendi,(il diritto a seppellire) ai Governatori che glielo avevano richiesto, essendo "già compita la Chiesa per d. Monte, fatta fabbricare dagli Ecc.mi Signori Duca e Duchessa di Gravina". Dunque nel 1654 è terminata la fabbrica della chiesa, così come si può leggere sul cartiglio posto sopra la porta d'ingresso. La chiesa fu consacrata dal vescovo Cennini nel 1659. In seguito a successivi lavori di ampliamento, fu riconsacrata nel 1700 dal vescovo mons. Marcello Cavalieri.
Non stupisce, visto che i suoi committenti erano nientemeno che gli Orsini, che l'intero edificio, le cui decorazioni al suo interno non risalgono allo stesso periodo, sia uno scrigno prezioso di opere in tufo, marmo, legno, come per esempio, il pulpito ligneo e la cantoria con il monumentale organo costruito nel 1790 dal campano Benedetto De Rosa o il pregevole altare, opera di Cosimo Fanzago, con marmi policromi, lapislazzuli e madreperla. Per non parlare dei dipinti di ottima fattura del Guarini, pittore molto caro alla famiglia.
In particolare la sua pala d'altare, Santa Maria del Suffragio,databile tra il 1649 e il 1651, é da annoverare tra i dipinti più belli del barocco napoletano. I cinque quadretti (San Pietro, San Paolo, San Giovanni Evangelista, San Michele e la Natività) furono commissionati nel 1735 ad Andrea Miglionico. All'interno l'unica navata termina con un cappellone ottagonale; in quattro angoli si aprono altrettante nicchie che ospitano quattro statue dei santi Gregorio Magno, Clemente Papa, Biagio ed Agostino, attribuite alla scuola di Andrea Falcone.
Sui lati si aprono sei cappelle, tre per lati. Di rilevante interesse artistico la Cappella dell'Annunciazione con il mausoleo di Ferdinando III Orsini attribuito ad Andrea Falcone e Dionisio Lazzari; l'altare in marmo bianco con intarsi in nero fa da cornice al mirabile dipinto dell'Annunciazione, opera di Francesco Guarini. Cappella di S. Giuseppe da cui si accede al sottostante cimitero con una interessante stanza maiolicata. Cappella di S. Gregorio il cui altare fu commissionato il 1742 al marmoraro Filippo Raguzzini. La pala é firmata e datata Angelo Solimena 1667.
Quella che si apre su Piazza Notar Domenico è un'elegante facciata bianca che ci racconta molto della chiesa. La prima cosa che si nota, però, è il portale, in contrasto con le altre forme: più scuro ed elaborato e sormontato da ben due scheletri comodamente sdraiati su un fianco e con lo sguardo rivolto verso l'alto, frequenti in Puglia, ma anche in Calabria e Sicilia, e legate al culto dei defunti. Intorno e sopra ad esso, delle lesene percorrono la facciata fino in alto, dove il suo profilo a capanna si altera in una serie di graziose volute, quasi delle nuvole.
In realtà, c'è qualche particolare in più da cogliere sull'iconografia dell'ingresso: la porta è incorniciata da due pilastri costituiti da tre fasci di torri sovrapposte, simbolo della famiglia Frangipane della Tolfa. I pilastri sono sostenuti da tre orsi (in riferimento agli Orsini). Sopra di essi, un timpano viene spezzato da un cartiglio e due scheletri. Leggendolo in chiave simbolica, è subito chiaro come gli Orsini si presentino a sostegno della Chiesa e della comunità, facendosi carico di intercedere, con le loro opere, per la redenzione delle anime del Purgatorio.
Ancor più sorprendente, al di sopra del cartiglio è lo stemma del casato, uno scudo sormontato dalla corona ducale. Non quello classico, non quello tradizionale, con la sola rosa canina, anguilla e barre trasversali. Una insegna tutta da decifrare, visto che oltre agli orsi, le rose, le anguille, le bande laterali, sono incastonati altri segni, orizzontali e verticali, altri simboli che potrebbero condurre ad altri stemmi di famiglie con le quali gli Orsini si imparentarono.
Qui, mi permetto fare delle ipotesi. In ordine, partendo dall'alto, a sinistra, vi è l'aquila bicipite, stemma degli Skanderberg, la famiglia cui appartenne Angela Castriota Skanderberg, che andò in isposa a Ferdinando I° Orsini. A seguire, sempre sullo stesso lato, bande orizzontali, appartenenti all'araldica di Carlo Carafa, duca di Andria, che sposò Costanza Orsini dei principi di Gravina. Più sotto, invece, la Croce di Malta, simbolo dei Cavalieri dell'Ordine, a cui la famiglia era ascritta. Sul lato destro, invece, le bande verticali dovrebbero essere le insegne degli Aragona; i gigli d'oro, riferiti ai legami con il regno di Francia antica o d'Anjou. Vi è, inoltre, in basso a destra, la Croce di Gerusalemme potenziata da altre quattro piccole croci, simbolo del regno di Gerusalemme.