Passeggiando con la storia
La masseria Calderoni o già Lipinti un pezzo della nostra storia
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 31 ottobre 2024
Devo essere grato all'amico Antonio Mancini, autore della tesi di laurea, discussa presso l'Università di Basilicata, Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo:architettura, Ambiente, Patrimoni Culturali; avente ad oggetto: "L'architettura rurale e la mobilità sostenibile: un'ipotesi di riuso e valorizzazione della Masseria Calderoni in Gravina in Puglia", per aver attinto dalla sua ricerca le notizie utili e necessarie al fine di redigere la presente scheda storica. Questo importante complesso architettonico, con tutte le sue pertinenze, ha appartenuto alla storica e blasonata famiglia gravinese dei fratelli Michelangelo e Pasquale Calderoni Martini, successivamente, venduta a nuovi proprietari, intenti a ristrutturala e a destinarla, con molta probabilità, a struttura ricettiva.
"Il fabbricato oggetto di studio è situato sulla Strada Provinciale n° 230, a qualche chilometro da Gravina in Puglia, lungo la strada per Spinazzola. La superficie complessiva della proprietà è di circa 25 ettari, completamente recintata per proteggerla dai danni antropici. La masseria rispetto all'intera area è posta a Nord-Ovest. La zona che la circonda è ricca di flora e fauna. L'area in esame, orograficamente, è caratterizzata da una pendenza media del 10% con direzione Sud-Ovest, Nord-Est. Oltre ai corpi di fabbrica della masseria, che versano in uno stato di abbandono, la rappresentazione dello stato di fatto, della porzione di area di nostro interesse, attraverso una serie di coni ottici, mostra la situazione attuale. La Masseria Calderoni del territorio di Gravina in Puglia la ritroviamo nel catasto onciario di Gravina del 1754 e nel catasto provvisorio in contrada "li Pinti", da dove si evince che sono presenti in essa "5 soprani e 5 sottani"nello spazio presente della masseria Calderoni. In origine alla masseria viene attribuito il nome dei "Lipinti" risalente al 1643 circa, con i locali a piano terra "la corte".
Tralasciando per qualche attimo il racconto storico narrato nel corso di questa tesi di laurea, è giusto riprendere, a tal proposito, cosa scrive Pasquale Calderoni Martini nelle sue memorie storiche di famiglia, pubblicate grazie alla trascrizione voluta dal sottoscritto, con il consenso della famiglia e della Fondazione Pomarici Santomasi, nella persona dell'allora presidente, il dottor Mario Burdi, che ne curò, da un punto di vista economico e finanziario, la stampa. "La masseria Lipinti fu comperata da Antonio nel 1684, dal Monstero di S. Maddalena e di S. Giorgio di Salerno, mediante istrumento per Notar Giorgio La Manna (doc. di fam. fasc, VII n° 6). Il Dottor Nardone assicura aver trovato documenti sulla esistenza in Gravina nel XV e XVI secolo di una famiglia Pinti. Il Barone Giuseppe Giordano assicura che in Salerno è esistita un'antica e distinta famiglia denominata appunto Pinti o Lipinti. Questa famiglia derivi o no dalla omonima di Gravina deve aver posseduta la masseria ed averla ceduta poi al Monastero suddetto".
Con il possesso della famiglia Calderoni, l'edificio viene ampliato con buona probabilità agli inizi del 1800, da un piano terra e un primo piano che costituiscono la zona residenziale; successivamente viene ampliata, con lo jazzo omonimo annesso ad Ovest del fabbricato preesistente dei Calderoni. Infatti Michelangelo l'ingrandì. Attualmente alla corte di questa masseria è stata assegnata una funzione ben diversa da quella originaria, in quanto funge da giardino, mentre la annessa cappella è fruibile solo dall'esterno. L'edificio preminente, di forma rettangolare è congegnato con quattro torri quadrate, disposte ai vertici del poligono, e formanti, a livello delle coperture, dei posti di osservazione e di difesa.
La concezione progettuale ottocentesca si è manifestata in questo organismo architettonico, tramite delle notevoli simmetrie che si riscontrano sia nelle articolazioni planimetriche, sia nelle partiture dei prospetti, pertanto quasi tutti gli addenti hanno il proprio simmetrico nei confronti di un virtuale asse che, longitudinalmente, ripartisce il complesso. Con tale prerogativa acquisiscono importanza l'ampia scala, a doppia rampa, che consente di pervenire al primo piano dell'edificio e la corrispondente, ad unica rampa posizionata sulla facciata opposta che, detiene le caratteristiche delle scale insite nelle masserie del territorio di Monopoli-Fasano, conduce al secondo piano.
Anche gli spazi che compongono, al primo piano, l'abitazione del proprietario, sono scanditi consecutivamente in ragione di una simmetria e con maggiori ampiezze per le superfici prospicienti il retrostante spazio a verde, quasi a significare una estrapolazione della vita familiare del proprietario dalle incombenze operative che si svolgevano nella corte. Il lavoro agricolo della Masseria Calderoni convergeva prevalentemente sulla cerealicoltura di cereali e legumi prodotti sin dall'epoca della "Masseria Lipinti". Il relativo Jazzo Calderoni è ubicato ad Est , circa seicento metri di distanza, in conformità della prassi adottata dalle masserie di questo territorio. Lo spazio contiguo che si riscontra ad Ovest, in aderenza alla cappella, e fruito per l'allevamento del bestiame, deve ritenersi come soluzione realizzata in epoca successiva.
Del resto anche l'ubicazione del caseificio, costruito, anch'esso molto probabilmente durante il 1800, in prosieguo della cappella, dando l'impressione di essere una struttura spuria. In questo organismo architettonico acquisiscono preziosità la fattura degli elementi costruttivi, sia per la scelta dei materiali, sia per l'espressività del disegno che li conforma. Praticamente ritorniamo a prendere conoscenza dell'enorme fantasia dei nostri antichi artigiani, della loro sapienza costruttiva e soprattutto della particolarità che l'arte dei nostri avi ammetteva uno stretto vincolo con l'artigianato, anzi erano la medesima cosa".
"Il fabbricato oggetto di studio è situato sulla Strada Provinciale n° 230, a qualche chilometro da Gravina in Puglia, lungo la strada per Spinazzola. La superficie complessiva della proprietà è di circa 25 ettari, completamente recintata per proteggerla dai danni antropici. La masseria rispetto all'intera area è posta a Nord-Ovest. La zona che la circonda è ricca di flora e fauna. L'area in esame, orograficamente, è caratterizzata da una pendenza media del 10% con direzione Sud-Ovest, Nord-Est. Oltre ai corpi di fabbrica della masseria, che versano in uno stato di abbandono, la rappresentazione dello stato di fatto, della porzione di area di nostro interesse, attraverso una serie di coni ottici, mostra la situazione attuale. La Masseria Calderoni del territorio di Gravina in Puglia la ritroviamo nel catasto onciario di Gravina del 1754 e nel catasto provvisorio in contrada "li Pinti", da dove si evince che sono presenti in essa "5 soprani e 5 sottani"nello spazio presente della masseria Calderoni. In origine alla masseria viene attribuito il nome dei "Lipinti" risalente al 1643 circa, con i locali a piano terra "la corte".
Tralasciando per qualche attimo il racconto storico narrato nel corso di questa tesi di laurea, è giusto riprendere, a tal proposito, cosa scrive Pasquale Calderoni Martini nelle sue memorie storiche di famiglia, pubblicate grazie alla trascrizione voluta dal sottoscritto, con il consenso della famiglia e della Fondazione Pomarici Santomasi, nella persona dell'allora presidente, il dottor Mario Burdi, che ne curò, da un punto di vista economico e finanziario, la stampa. "La masseria Lipinti fu comperata da Antonio nel 1684, dal Monstero di S. Maddalena e di S. Giorgio di Salerno, mediante istrumento per Notar Giorgio La Manna (doc. di fam. fasc, VII n° 6). Il Dottor Nardone assicura aver trovato documenti sulla esistenza in Gravina nel XV e XVI secolo di una famiglia Pinti. Il Barone Giuseppe Giordano assicura che in Salerno è esistita un'antica e distinta famiglia denominata appunto Pinti o Lipinti. Questa famiglia derivi o no dalla omonima di Gravina deve aver posseduta la masseria ed averla ceduta poi al Monastero suddetto".
Con il possesso della famiglia Calderoni, l'edificio viene ampliato con buona probabilità agli inizi del 1800, da un piano terra e un primo piano che costituiscono la zona residenziale; successivamente viene ampliata, con lo jazzo omonimo annesso ad Ovest del fabbricato preesistente dei Calderoni. Infatti Michelangelo l'ingrandì. Attualmente alla corte di questa masseria è stata assegnata una funzione ben diversa da quella originaria, in quanto funge da giardino, mentre la annessa cappella è fruibile solo dall'esterno. L'edificio preminente, di forma rettangolare è congegnato con quattro torri quadrate, disposte ai vertici del poligono, e formanti, a livello delle coperture, dei posti di osservazione e di difesa.
La concezione progettuale ottocentesca si è manifestata in questo organismo architettonico, tramite delle notevoli simmetrie che si riscontrano sia nelle articolazioni planimetriche, sia nelle partiture dei prospetti, pertanto quasi tutti gli addenti hanno il proprio simmetrico nei confronti di un virtuale asse che, longitudinalmente, ripartisce il complesso. Con tale prerogativa acquisiscono importanza l'ampia scala, a doppia rampa, che consente di pervenire al primo piano dell'edificio e la corrispondente, ad unica rampa posizionata sulla facciata opposta che, detiene le caratteristiche delle scale insite nelle masserie del territorio di Monopoli-Fasano, conduce al secondo piano.
Anche gli spazi che compongono, al primo piano, l'abitazione del proprietario, sono scanditi consecutivamente in ragione di una simmetria e con maggiori ampiezze per le superfici prospicienti il retrostante spazio a verde, quasi a significare una estrapolazione della vita familiare del proprietario dalle incombenze operative che si svolgevano nella corte. Il lavoro agricolo della Masseria Calderoni convergeva prevalentemente sulla cerealicoltura di cereali e legumi prodotti sin dall'epoca della "Masseria Lipinti". Il relativo Jazzo Calderoni è ubicato ad Est , circa seicento metri di distanza, in conformità della prassi adottata dalle masserie di questo territorio. Lo spazio contiguo che si riscontra ad Ovest, in aderenza alla cappella, e fruito per l'allevamento del bestiame, deve ritenersi come soluzione realizzata in epoca successiva.
Del resto anche l'ubicazione del caseificio, costruito, anch'esso molto probabilmente durante il 1800, in prosieguo della cappella, dando l'impressione di essere una struttura spuria. In questo organismo architettonico acquisiscono preziosità la fattura degli elementi costruttivi, sia per la scelta dei materiali, sia per l'espressività del disegno che li conforma. Praticamente ritorniamo a prendere conoscenza dell'enorme fantasia dei nostri antichi artigiani, della loro sapienza costruttiva e soprattutto della particolarità che l'arte dei nostri avi ammetteva uno stretto vincolo con l'artigianato, anzi erano la medesima cosa".