Passeggiando con la storia
La rete idrica sotterranea di Gravina in Puglia
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 20 luglio 2023
"Considerazioni geo-archeologiche preliminari sugli acquedotti settecenteschi di Gravina in Puglia (Bari)" è il titolo di una ricerca ed anche titolo di una relazione svolta da Giovanni Bruno, del Dipartimento di Ingegneria Civile del Politecnico di Bari, all'interno del VI Convegno nazionale di Speleologia in cavità naturali, svoltosi a Napoli dal 30 maggio al 2 giugno 2008. Di questa relazione ci è piaciuto estrapolare la storia e la conformazioni geomorfologica relativa a tre sorgenti esistenti nella nostra città.
"La rete idrica sotterranea di Gravina in Puglia, sino ad oggi nota, ha uno sviluppo lineare complessivo di circa 8300 m e consta di tre acquedotti, che servivano l'abitato con decorso, rispettivamente, NW-SE (Acquedotto di S. Angelo-La Stella), NE-SW (Acquedotto di Pozzo Pateo) e SE-NW (Acquedotto della Signora).
Acquedotto di s. Angelo - la stella La costruzione dell'acquedotto, che si origina circa 3 km a NW del centro abitato, in contrada Lamacolma, venne iniziata nel 1743 e doveva convogliare l'acqua in due fontane, una situata prima del ponte viadotto, denominata Fontana La Stella da usare come abbeveratoio, e l'altra al termine dello stesso ponte e a ridosso della cinta muraria dell'abitato, che doveva essere usata come lavatoio. Il ponte viadotto fu costruito dall'ingegner Di Costanzo, il quale utilizzò la tecnica romana dell'opus quadratum, realizzando una doppia fila di archi poggianti su pilastri di forma quadrangolare, il tutto con conci squadrati di roccia calcarenitica cavata nell'area (D'AGOStINO & RAGuSO, 2003). Il ponte, attualmente percorribile , è lungo 120 m e presenta due parapetti di altezza differente (1,50 m quello settentrionale e 3,00 m quello meridionale). È proprio sulla sommità del parapetto più alto che venne impostata la condotta idrica lunga circa 130 m che conduceva l'acqua dalla Fontana la Stella al lavatoio.
La sorgente che alimenta l'acquedotto, ancora attiva, si presenta come una scaturigine diffusa dalle quali l'acqua fuoriesce con scarso carico idraulico. In prossimità della scaturigine si individuano due vasche di raccolta, nelle quali confluiscono ben 102 bocche di captazione e dalle quali si diparte una condotta idrica. un'ultima vasca di decantazione, infine, convoglia direttamente l'acqua nella conduttura dell'acquedotto che consta di due canalette, larghe 15 cm e con setto di separazione alto circa 10 cm. L'uso della doppia canaletta pare sia stato introdotto per una questione di maggior praticità durante i lavori di manutenzione, in modo tale che una canaletta poteva essere chiusa mentre l'altra veniva ripulita non privando così la popolazione dell'acqua durante i lavori. L'opera è in parte direttamente scavata nella roccia calcarenitica e in parte costruita con blocchi dello stesso materiale.
L'acqua viene trasportata per tutto il percorso interno alla struttura a pelo libero e convogliata in canalette per buona parte ancora perfettamente funzionanti. Solo il tratto di condotta idrica sovrastante il parapetto del ponte funzionava in pressione. Da dati ricavati da precedenti studi (BIxIO Et AL., 1999; PArISE et al., 2000; BIxIO et al. 2007), si evince che la lunghezza complessiva dell'acquedotto è di 3480 m con un dislivello di circa 7 m (quota presa 359 m s.l.m., quota partitore 352 m s.l.m.) con una pendenza media dello 0,2%. La struttura sotterranea che ospita le condotte idriche presenta pareti verticali e volta ad arco, che a tratti è scavata nella roccia in posto e a tratti realizzata con conci calcarenitici squadrati e cementati con malta.
Lungo tutto il percorso sono inoltre riconoscibili i pozzi di pulizia della struttura ed in corrispondenza di un ciascun pozzo sono ben evidenti le pedarole che erano usate per entrare ed uscire dai pozzi stessi. L'acquedotto, iniziato nel 1743 e terminato nel 1781, dette già da subito i primi problemi di funzionalità. Iniziarono, infatti, proprio nel 1781 i primi reiterati interventi di manutenzione e ripristino delle condutture che andarono avanti fino a quando, con l'entrata in vigore dell'Acquedotto Pugliese, l'acquedotto venne dismesso dall'uso idropotabile.
Acquedotto di Pozzo Pateo La sorgente che alimenta l'acquedotto di Pozzo Pateo si trova a circa 2 km dall'abitato in Contrada Serra delle Forche. L'opera presenta caratteristiche costruttive peculiari simili a quelle dell'acquedotto precedente. A differenza di quest'ultimo però, questo acquedotto non è stato ancora interamente studiato e rilevato a causa di difficoltà dettate dallo stato d'inagibilità di ampi tratti. Infatti, esso si presenta in più punti crollato e la porzione di circa 1,5 km di lunghezza, che attualmente si trova sotto la città, è del tutto inaccessibile se non per brevi tratti situati al di sotto di abitazioni private. Inizialmente l'acquedotto correva per circa 1,8 km fuori dalle mura della città che, essendosi ingrandita, lo ha inglobato, in parte distruggendolo e in parte semplicemente ostruendone l'accesso.
La costruzione dell'acquedotto, anch'esso finanziato dalla famiglia Orsini, venne iniziata nella seconda metà del XVIII secolo, per cercare di soddisfare le esigenze idriche della popolazione. Situato a NE del paese, andava a servire la popolazione situata in questa parte dell'abitato. La struttura che ospita le condotte è quasi interamente costruita con blocchi di calcarenite legati tra loro da malta e risulta in parte interrata ed in parte, per circa 80 cm, fuori terra. Essa ha in media una larghezza di circa 70 cm ed un'altezza di circa 150 cm. Il pavimento, rivestito di blocchi di calcarenite della varietà Cozzarolo, è per metà occupato da una banchina percorribile di larghezza di 35 cm mentre l'altra metà costituisce il canale dove l'acqua scorreva a pelo libero. Anche in quest'acquedotto è ben evidente la copertura con volta ad arco per tutta la lunghezza percorribile.
Solo il tratto terminale, in prossimità della Fontana Notar Domenico, presenta una copertura ad arco interrotto, probabilmente a causa dell'adattamento della struttura a costruzioni già presenti, oppure a causa di esigenze di natura idraulica della conduttura. È proprio in questo tratto, infatti, che le acque con un sistema di pompaggio venivano fatte scorrere nella canaletta presente nella parte alta a ridosso della parete. Non è ancora ben chiaro se ci fossero pozzi di ispezione disposti lungo il percorso della struttura poiché essi non risultano oggi visibili sul piano campagna, né tanto meno all'interno dell'acquedotto.
Acquedotto della signora La popolazione non era soddisfatta nemmeno con la costruzione del secondo acquedotto perché un settore della città non veniva fornito dalle precedenti opere (fig. 6). Pertanto nel 1888 si iniziò l'opera di costruzione di un terzo acquedotto in Contrada Guardialto (D'AGOStINO & RAGuSO, 2003). L'acquedotto, di recentissima scoperta, merita ancora ulteriori studi prima di poter essere appieno inserito nel contesto rurale dell'epoca. Infatti, i dati e le notizie su di esso sono ancora incerti e frammentari a seguito delle notevoli difficoltà di accesso che esso presenta.
Dalle fonti storiche (NARDONE, 1925; 1941), tuttavia, si evince che esso doveva avere una lunghezza di circa 1,5 km anche se attualmente sono percorribili soltanto 200 m, a seguito di lavori che ne hanno recentemente interrotto il corso. Dal punto di vista costruttivo si può dire che l'acquedotto presenta un'unica canaletta centrale per il convogliamento dell'acqua e che la struttura era stata prevista in muratura con un rivestimento del fondo in argilla per evitare perdite d'acqua.
Il territorio di Gravina in Puglia, come molte altre città della regione, presenta una situazione idrogeologica e geologica che lo rendono particolarmente soggetto al problema della carenza idrica di acqua superficiale. A questa situazione si è fatto fronte nel passato con la costruzione di ben tre acquedotti, che sfruttavano le diverse sorgenti presenti nel territorio circostante ed avevano come recapito finale tre distinte porzioni della città. Lo stato di uso e manutenzione di queste opere idrauliche, a causa delle scadenti caratteristiche tecniche dei materiali utilizzati e dell'elevato potere incrostante delle acque in esse circolanti, è stato da sempre un punto dolente.
Per quanto concerne l'acquedotto di Pozzo Pateo, in particolare, bisogna dire che l'ignoranza e la non curanza della popolazione ha per buona parte distrutto l'opera poiché proprio in prossimità e sopra la volta di esso (che come detto è fuori terra), si sono avvicendate nel tempo le pratiche agricole creando ovviamente seri problemi alla struttura, come testimoniato dagli evidenti collassi avvenuti ed incipienti. Si rende necessario, quindi, un approfondito studio multidisciplinare che miri pertanto oltre che alla conoscenza, fine a se stessa, del patrimonio sotterraneo di Gravina in Puglia, anche e soprattutto ad una sua valorizzazione al fine di preservare per il futuro queste opere, non solo come ricordi del passato, ma soprattutto come esempi tangibili di importanti opere idrauliche".
"La rete idrica sotterranea di Gravina in Puglia, sino ad oggi nota, ha uno sviluppo lineare complessivo di circa 8300 m e consta di tre acquedotti, che servivano l'abitato con decorso, rispettivamente, NW-SE (Acquedotto di S. Angelo-La Stella), NE-SW (Acquedotto di Pozzo Pateo) e SE-NW (Acquedotto della Signora).
Acquedotto di s. Angelo - la stella La costruzione dell'acquedotto, che si origina circa 3 km a NW del centro abitato, in contrada Lamacolma, venne iniziata nel 1743 e doveva convogliare l'acqua in due fontane, una situata prima del ponte viadotto, denominata Fontana La Stella da usare come abbeveratoio, e l'altra al termine dello stesso ponte e a ridosso della cinta muraria dell'abitato, che doveva essere usata come lavatoio. Il ponte viadotto fu costruito dall'ingegner Di Costanzo, il quale utilizzò la tecnica romana dell'opus quadratum, realizzando una doppia fila di archi poggianti su pilastri di forma quadrangolare, il tutto con conci squadrati di roccia calcarenitica cavata nell'area (D'AGOStINO & RAGuSO, 2003). Il ponte, attualmente percorribile , è lungo 120 m e presenta due parapetti di altezza differente (1,50 m quello settentrionale e 3,00 m quello meridionale). È proprio sulla sommità del parapetto più alto che venne impostata la condotta idrica lunga circa 130 m che conduceva l'acqua dalla Fontana la Stella al lavatoio.
La sorgente che alimenta l'acquedotto, ancora attiva, si presenta come una scaturigine diffusa dalle quali l'acqua fuoriesce con scarso carico idraulico. In prossimità della scaturigine si individuano due vasche di raccolta, nelle quali confluiscono ben 102 bocche di captazione e dalle quali si diparte una condotta idrica. un'ultima vasca di decantazione, infine, convoglia direttamente l'acqua nella conduttura dell'acquedotto che consta di due canalette, larghe 15 cm e con setto di separazione alto circa 10 cm. L'uso della doppia canaletta pare sia stato introdotto per una questione di maggior praticità durante i lavori di manutenzione, in modo tale che una canaletta poteva essere chiusa mentre l'altra veniva ripulita non privando così la popolazione dell'acqua durante i lavori. L'opera è in parte direttamente scavata nella roccia calcarenitica e in parte costruita con blocchi dello stesso materiale.
L'acqua viene trasportata per tutto il percorso interno alla struttura a pelo libero e convogliata in canalette per buona parte ancora perfettamente funzionanti. Solo il tratto di condotta idrica sovrastante il parapetto del ponte funzionava in pressione. Da dati ricavati da precedenti studi (BIxIO Et AL., 1999; PArISE et al., 2000; BIxIO et al. 2007), si evince che la lunghezza complessiva dell'acquedotto è di 3480 m con un dislivello di circa 7 m (quota presa 359 m s.l.m., quota partitore 352 m s.l.m.) con una pendenza media dello 0,2%. La struttura sotterranea che ospita le condotte idriche presenta pareti verticali e volta ad arco, che a tratti è scavata nella roccia in posto e a tratti realizzata con conci calcarenitici squadrati e cementati con malta.
Lungo tutto il percorso sono inoltre riconoscibili i pozzi di pulizia della struttura ed in corrispondenza di un ciascun pozzo sono ben evidenti le pedarole che erano usate per entrare ed uscire dai pozzi stessi. L'acquedotto, iniziato nel 1743 e terminato nel 1781, dette già da subito i primi problemi di funzionalità. Iniziarono, infatti, proprio nel 1781 i primi reiterati interventi di manutenzione e ripristino delle condutture che andarono avanti fino a quando, con l'entrata in vigore dell'Acquedotto Pugliese, l'acquedotto venne dismesso dall'uso idropotabile.
Acquedotto di Pozzo Pateo La sorgente che alimenta l'acquedotto di Pozzo Pateo si trova a circa 2 km dall'abitato in Contrada Serra delle Forche. L'opera presenta caratteristiche costruttive peculiari simili a quelle dell'acquedotto precedente. A differenza di quest'ultimo però, questo acquedotto non è stato ancora interamente studiato e rilevato a causa di difficoltà dettate dallo stato d'inagibilità di ampi tratti. Infatti, esso si presenta in più punti crollato e la porzione di circa 1,5 km di lunghezza, che attualmente si trova sotto la città, è del tutto inaccessibile se non per brevi tratti situati al di sotto di abitazioni private. Inizialmente l'acquedotto correva per circa 1,8 km fuori dalle mura della città che, essendosi ingrandita, lo ha inglobato, in parte distruggendolo e in parte semplicemente ostruendone l'accesso.
La costruzione dell'acquedotto, anch'esso finanziato dalla famiglia Orsini, venne iniziata nella seconda metà del XVIII secolo, per cercare di soddisfare le esigenze idriche della popolazione. Situato a NE del paese, andava a servire la popolazione situata in questa parte dell'abitato. La struttura che ospita le condotte è quasi interamente costruita con blocchi di calcarenite legati tra loro da malta e risulta in parte interrata ed in parte, per circa 80 cm, fuori terra. Essa ha in media una larghezza di circa 70 cm ed un'altezza di circa 150 cm. Il pavimento, rivestito di blocchi di calcarenite della varietà Cozzarolo, è per metà occupato da una banchina percorribile di larghezza di 35 cm mentre l'altra metà costituisce il canale dove l'acqua scorreva a pelo libero. Anche in quest'acquedotto è ben evidente la copertura con volta ad arco per tutta la lunghezza percorribile.
Solo il tratto terminale, in prossimità della Fontana Notar Domenico, presenta una copertura ad arco interrotto, probabilmente a causa dell'adattamento della struttura a costruzioni già presenti, oppure a causa di esigenze di natura idraulica della conduttura. È proprio in questo tratto, infatti, che le acque con un sistema di pompaggio venivano fatte scorrere nella canaletta presente nella parte alta a ridosso della parete. Non è ancora ben chiaro se ci fossero pozzi di ispezione disposti lungo il percorso della struttura poiché essi non risultano oggi visibili sul piano campagna, né tanto meno all'interno dell'acquedotto.
Acquedotto della signora La popolazione non era soddisfatta nemmeno con la costruzione del secondo acquedotto perché un settore della città non veniva fornito dalle precedenti opere (fig. 6). Pertanto nel 1888 si iniziò l'opera di costruzione di un terzo acquedotto in Contrada Guardialto (D'AGOStINO & RAGuSO, 2003). L'acquedotto, di recentissima scoperta, merita ancora ulteriori studi prima di poter essere appieno inserito nel contesto rurale dell'epoca. Infatti, i dati e le notizie su di esso sono ancora incerti e frammentari a seguito delle notevoli difficoltà di accesso che esso presenta.
Dalle fonti storiche (NARDONE, 1925; 1941), tuttavia, si evince che esso doveva avere una lunghezza di circa 1,5 km anche se attualmente sono percorribili soltanto 200 m, a seguito di lavori che ne hanno recentemente interrotto il corso. Dal punto di vista costruttivo si può dire che l'acquedotto presenta un'unica canaletta centrale per il convogliamento dell'acqua e che la struttura era stata prevista in muratura con un rivestimento del fondo in argilla per evitare perdite d'acqua.
Il territorio di Gravina in Puglia, come molte altre città della regione, presenta una situazione idrogeologica e geologica che lo rendono particolarmente soggetto al problema della carenza idrica di acqua superficiale. A questa situazione si è fatto fronte nel passato con la costruzione di ben tre acquedotti, che sfruttavano le diverse sorgenti presenti nel territorio circostante ed avevano come recapito finale tre distinte porzioni della città. Lo stato di uso e manutenzione di queste opere idrauliche, a causa delle scadenti caratteristiche tecniche dei materiali utilizzati e dell'elevato potere incrostante delle acque in esse circolanti, è stato da sempre un punto dolente.
Per quanto concerne l'acquedotto di Pozzo Pateo, in particolare, bisogna dire che l'ignoranza e la non curanza della popolazione ha per buona parte distrutto l'opera poiché proprio in prossimità e sopra la volta di esso (che come detto è fuori terra), si sono avvicendate nel tempo le pratiche agricole creando ovviamente seri problemi alla struttura, come testimoniato dagli evidenti collassi avvenuti ed incipienti. Si rende necessario, quindi, un approfondito studio multidisciplinare che miri pertanto oltre che alla conoscenza, fine a se stessa, del patrimonio sotterraneo di Gravina in Puglia, anche e soprattutto ad una sua valorizzazione al fine di preservare per il futuro queste opere, non solo come ricordi del passato, ma soprattutto come esempi tangibili di importanti opere idrauliche".