Passeggiando con la storia
La storia della Biblioteca capitolare Finia
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 29 giugno 2023
E' una delle più antiche biblioteche pubbliche della Puglia, e si potrebbe definire un vero e proprio "tempio laico" del sapere e della cultura. Giuseppe Maria Galanti nel testo: "Relazioni sulla Puglia del 700, edizione a cura di Enzo Panareo, Capone Editore, Cavallino di Lecce, 1984, scrive: "In Gravina soltanto si vede una biblioteca pubblica, senza alcuno studioso: si tiene aperta ogni giorno per la sola ventilazione". Il carattere di prima biblioteca in Puglia aperta al pubblico è confermato da Francesco Barbieri in Le attuali condizioni delle biblioteche pugliesi, in Japigia, XIII, 1942, fasc. I, pp. 27 – 42.
Fortemente voluta ed arricchita da illuminati rappresentanti dell'episcopato e del clero locale. La donazione più cospicua dal punto di vista del patrimonio librario e finanziario si deve al cardinale da cui prende il nome, Francesco Antonio Finy (1669-1743), stretto collaboratore del papa Benedetto XIII, che dispose l'assegnazione al Capitolo della Cattedrale della sua ricca biblioteca personale, comprendente volumi di elevatissimo pregio artistico e storico.
Prima della sua morte aveva inviato al Capitolo una somma di 600 ducati, perché avesse provveduto alla costruzione di una biblioteca nuova e alla relativa suppellettile. Con la rendita di 100 ducati si dovevano sostenere le spese per lo stipendio del bibliotecario e l'obbligo di una messa quotidiana per la sua anima, nella chiesa del convento di S. Teresa. Altri 20 ducati per le spese di manutenzione, pulizie e nuovi acquisti. Inoltre, obbligava i bibliotecari pro tempore a tenere aperta quotidianamente la biblioteca per due ore la mattina ed un'ora e mezza il pomeriggio.
Esecutore testamentario fu il cardinale Giuseppe Spinelli, arcivescovo di Napoli, il quale, dopo la morte del suo confratello, donò al capitolo cattedrale quanto deciso dal Finy, con atto del notaio Michelangelo della Nave, stipulato il 30 marzo del 1747. Successivamente, il 18 giugno dello stesso anno, venne nominato il primo bibliotecario, il canonico Maddalena.
Venne fondata ufficialmente nel 1686 per opera del cardinale Vincenzo Maria Orsini, allora arcivescovo di Benevento, asceso al soglio pontificio nel 1724 con il nome di Benedetto XIII, che agiva in qualità di esecutore testamentario delle ultime volontà del vescovo di Gravina Domenico Cennini dei Salamandra, reggitore della diocesi dal 1645 al 1684, il quale aveva lasciato un primo nucleo consistente dei suoi libri.
Le finalità della istituzione sono espresse in una epigrafe fatta collocare su di una parete della sacrestia della cattedrale, dove, inizialmente, la biblioteca ebbe la sua sede provvisoria e nell'altra, posta al centro della parete di fondo dell'attuale sede della biblioteca. I testi, tutti in latino, furono redatti da Pompeo Sarnelli, stretto collaboratore e consigliere dell'Orsini e futuro vescovo di Bisceglie.
Il fondo venne ulteriormente arricchito con le donazioni dell'arcidiacono Donato Angelo Lettieri (1700) e dal papa Benedetto XIII (1729). Secondo quanto sostiene il Fiorillo: "Incunabuli posseduti dalle Biblioteche di Gravina", in Japigia, Anno IX, fasc. 1, "oltre ai fondi librarii di sopra detti vanno segnalati i donativi fatti dal prof. Lettieri, dal notaio Domenico Scacchi e dal prof. Arcangelo Scacchi; donativi pregevoli, perché oltre a contenere opere storiche, non mancano delle buone edizioni, non mancano delle buone edizioni cinque centine, notevoli quelle Aldine e Giuntine, nonché buone edizioni francesi a figure della fine del 700 e primo 800 con rilegature del tempo in pelle e oro".
Nel 1740 la costruzione fu affidata all'architetto Donato Giannuzzi di Altamura e portata a termine nel 1743. L'edificio è costituito da un unico corpo di fabbrica a pianta quadrata. La facciata principale, a spigoli smussati, spartita da lesene, dal portale in asse con un'alta scalinata, è caratterizzata da elementi architettonici e decorativi che rimandano al prospetto di un edificio di culto, e tra gli elementi decorativi presenti su entrambi i prospetti si possono annoverare le colonne d'angolo, i motivi scultorei a conchiglia ed il frontone a volute, tipici delle architetture dal XVI al XVIII secolo.
Nella parte centrale, sul frontone al di sopra del portale, fa bella mostra di sé nell'edicoletta campanaria l'originalissimo orologio meccanico seicentesco nel cui quadrante sono stati inseriti successivamente i ritratti di Vittorio Emanuele II e di Giuseppe Garibaldi, che con il movimento degli occhi scandiscono il tempo. Una volta entrati ci avvolge lo stupore: è forte il richiamo agli elementi sacri di questo edificio pur destinato a usi profani.
L'elemento principale è infatti costituito dalla grande sala di consultazione, assimilabile alla singolare struttura di uno "scriptorium" medievale, tipico dei monasteri, caratterizzata dalla presenza di ampie vetrate perimetrali ubicate nella parte alta dell'ambiente per garantire un'illuminazione ottimale, sfruttando la luce naturale più a lungo possibile; delle finestre originarie, quattro per ogni lato lungo e tre su quelli corti, oggi risultano occluse quelle che si aprivano sulla parete di fondo. Le murature sono scandite da pilastri, che addossati alle pareti formano delle nicchie all'interno delle quali sono collocate le librerie.
Nei sotterranei, i resti degli ambienti un tempo adibiti a carceri dell'Università gravinese. La Biblioteca può vantare un patrimonio di oltre 20 mila volumi, di cui 12 incunaboli, circa 437 edizioni del XVI secolo e oltre 8000 del '600, '700 e dei primi trent'anni dell''800, un prezioso manoscritto miniato. Tra le altre opere conservate, periodici relativi alla fase della stampa tipografica manuale e un rilevante numero di spartiti di musica sacra e profana.
A proposito degli incunaboli, sarebbe il caso di aprire una parentesi dolorosa, anche se necessaria e doverosa. Purtroppo, come sostenuto da Luciano Carcereri e Rosa Martucci, in un loro saggio: Una Biblioteca cardinalizia sulla Murgia peuceta. La Biblioteca Capitolare Finia di Gravina in Puglia, pubblicato in Accademie e Biblioteche d'Italia, Trimestrale di cultura delle biblioteche e delle istituzioni culturali. 3 – 4 2012, Anno VII, nuova serie, luglio – dicembre, molte sono le opere andate perdute, se non trafugate, anche se alcune furono recuperate e restituite, il 2006, dal Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri.
I due autori fanno l'elenco dell'esistente e di quelli che loro chiamano perduti, ma che, forse, sarebbe meglio dire trafugati, sottratti dall'intero patrimonio librario e finiti nelle mani di commercianti d'opere d'arte, su quello che è il fiorente mercato clandestino. La scheda completa degli "scomparsi" incunaboli la si trova tra le foto allegate.
Quanta incuria, sarebbe il caso di affermare, nella gestione di questo importante e, forse, unico patrimonio bibliografico. E qui mi sovviene quanto ebbe a scrivere, tra l'altro, il cardinale Spinelli, esecutore testamentario delle volontà di Fini, in una missiva di risposta, tratta dall'Archivio della Famiglia Orsini, oggi parte dell'Archivio dell'Università di Los Angeles in California, risposta al Duca Domenico Orsini quando questi, perorò la causa di non far sostenere le spese di trasporto dei testi da Benevento a Gravina dal Capitolo Cattedrale della città beneficiaria.
"Che l'incassamento dei libri e il trasporto si faccia con tutta la maggior cautela per preservarli e che le spese occorrenti vadano a carico del capitolo, non dell'Eredità. Io per me non cambio idea; ma fui costretto a pensare diversamente della disposizione coll'E.V. già concertata, perché tengo positivi riscontri, che il Capitolo non si curi punto né poco di questa libreria; e mi permetta di dirle, che avendola, come l'avrà, prevedo molto bene che non sarà né custodita, né tenuta a pubblico servigio con quella diligenza e attenzione, che si richiederebbe". Più parole profetiche di queste, considerando e constatando la realtà, credo non potevano essere pronunciate.
Fortemente voluta ed arricchita da illuminati rappresentanti dell'episcopato e del clero locale. La donazione più cospicua dal punto di vista del patrimonio librario e finanziario si deve al cardinale da cui prende il nome, Francesco Antonio Finy (1669-1743), stretto collaboratore del papa Benedetto XIII, che dispose l'assegnazione al Capitolo della Cattedrale della sua ricca biblioteca personale, comprendente volumi di elevatissimo pregio artistico e storico.
Prima della sua morte aveva inviato al Capitolo una somma di 600 ducati, perché avesse provveduto alla costruzione di una biblioteca nuova e alla relativa suppellettile. Con la rendita di 100 ducati si dovevano sostenere le spese per lo stipendio del bibliotecario e l'obbligo di una messa quotidiana per la sua anima, nella chiesa del convento di S. Teresa. Altri 20 ducati per le spese di manutenzione, pulizie e nuovi acquisti. Inoltre, obbligava i bibliotecari pro tempore a tenere aperta quotidianamente la biblioteca per due ore la mattina ed un'ora e mezza il pomeriggio.
Esecutore testamentario fu il cardinale Giuseppe Spinelli, arcivescovo di Napoli, il quale, dopo la morte del suo confratello, donò al capitolo cattedrale quanto deciso dal Finy, con atto del notaio Michelangelo della Nave, stipulato il 30 marzo del 1747. Successivamente, il 18 giugno dello stesso anno, venne nominato il primo bibliotecario, il canonico Maddalena.
Venne fondata ufficialmente nel 1686 per opera del cardinale Vincenzo Maria Orsini, allora arcivescovo di Benevento, asceso al soglio pontificio nel 1724 con il nome di Benedetto XIII, che agiva in qualità di esecutore testamentario delle ultime volontà del vescovo di Gravina Domenico Cennini dei Salamandra, reggitore della diocesi dal 1645 al 1684, il quale aveva lasciato un primo nucleo consistente dei suoi libri.
Le finalità della istituzione sono espresse in una epigrafe fatta collocare su di una parete della sacrestia della cattedrale, dove, inizialmente, la biblioteca ebbe la sua sede provvisoria e nell'altra, posta al centro della parete di fondo dell'attuale sede della biblioteca. I testi, tutti in latino, furono redatti da Pompeo Sarnelli, stretto collaboratore e consigliere dell'Orsini e futuro vescovo di Bisceglie.
Il fondo venne ulteriormente arricchito con le donazioni dell'arcidiacono Donato Angelo Lettieri (1700) e dal papa Benedetto XIII (1729). Secondo quanto sostiene il Fiorillo: "Incunabuli posseduti dalle Biblioteche di Gravina", in Japigia, Anno IX, fasc. 1, "oltre ai fondi librarii di sopra detti vanno segnalati i donativi fatti dal prof. Lettieri, dal notaio Domenico Scacchi e dal prof. Arcangelo Scacchi; donativi pregevoli, perché oltre a contenere opere storiche, non mancano delle buone edizioni, non mancano delle buone edizioni cinque centine, notevoli quelle Aldine e Giuntine, nonché buone edizioni francesi a figure della fine del 700 e primo 800 con rilegature del tempo in pelle e oro".
Nel 1740 la costruzione fu affidata all'architetto Donato Giannuzzi di Altamura e portata a termine nel 1743. L'edificio è costituito da un unico corpo di fabbrica a pianta quadrata. La facciata principale, a spigoli smussati, spartita da lesene, dal portale in asse con un'alta scalinata, è caratterizzata da elementi architettonici e decorativi che rimandano al prospetto di un edificio di culto, e tra gli elementi decorativi presenti su entrambi i prospetti si possono annoverare le colonne d'angolo, i motivi scultorei a conchiglia ed il frontone a volute, tipici delle architetture dal XVI al XVIII secolo.
Nella parte centrale, sul frontone al di sopra del portale, fa bella mostra di sé nell'edicoletta campanaria l'originalissimo orologio meccanico seicentesco nel cui quadrante sono stati inseriti successivamente i ritratti di Vittorio Emanuele II e di Giuseppe Garibaldi, che con il movimento degli occhi scandiscono il tempo. Una volta entrati ci avvolge lo stupore: è forte il richiamo agli elementi sacri di questo edificio pur destinato a usi profani.
L'elemento principale è infatti costituito dalla grande sala di consultazione, assimilabile alla singolare struttura di uno "scriptorium" medievale, tipico dei monasteri, caratterizzata dalla presenza di ampie vetrate perimetrali ubicate nella parte alta dell'ambiente per garantire un'illuminazione ottimale, sfruttando la luce naturale più a lungo possibile; delle finestre originarie, quattro per ogni lato lungo e tre su quelli corti, oggi risultano occluse quelle che si aprivano sulla parete di fondo. Le murature sono scandite da pilastri, che addossati alle pareti formano delle nicchie all'interno delle quali sono collocate le librerie.
Nei sotterranei, i resti degli ambienti un tempo adibiti a carceri dell'Università gravinese. La Biblioteca può vantare un patrimonio di oltre 20 mila volumi, di cui 12 incunaboli, circa 437 edizioni del XVI secolo e oltre 8000 del '600, '700 e dei primi trent'anni dell''800, un prezioso manoscritto miniato. Tra le altre opere conservate, periodici relativi alla fase della stampa tipografica manuale e un rilevante numero di spartiti di musica sacra e profana.
A proposito degli incunaboli, sarebbe il caso di aprire una parentesi dolorosa, anche se necessaria e doverosa. Purtroppo, come sostenuto da Luciano Carcereri e Rosa Martucci, in un loro saggio: Una Biblioteca cardinalizia sulla Murgia peuceta. La Biblioteca Capitolare Finia di Gravina in Puglia, pubblicato in Accademie e Biblioteche d'Italia, Trimestrale di cultura delle biblioteche e delle istituzioni culturali. 3 – 4 2012, Anno VII, nuova serie, luglio – dicembre, molte sono le opere andate perdute, se non trafugate, anche se alcune furono recuperate e restituite, il 2006, dal Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri.
I due autori fanno l'elenco dell'esistente e di quelli che loro chiamano perduti, ma che, forse, sarebbe meglio dire trafugati, sottratti dall'intero patrimonio librario e finiti nelle mani di commercianti d'opere d'arte, su quello che è il fiorente mercato clandestino. La scheda completa degli "scomparsi" incunaboli la si trova tra le foto allegate.
Quanta incuria, sarebbe il caso di affermare, nella gestione di questo importante e, forse, unico patrimonio bibliografico. E qui mi sovviene quanto ebbe a scrivere, tra l'altro, il cardinale Spinelli, esecutore testamentario delle volontà di Fini, in una missiva di risposta, tratta dall'Archivio della Famiglia Orsini, oggi parte dell'Archivio dell'Università di Los Angeles in California, risposta al Duca Domenico Orsini quando questi, perorò la causa di non far sostenere le spese di trasporto dei testi da Benevento a Gravina dal Capitolo Cattedrale della città beneficiaria.
"Che l'incassamento dei libri e il trasporto si faccia con tutta la maggior cautela per preservarli e che le spese occorrenti vadano a carico del capitolo, non dell'Eredità. Io per me non cambio idea; ma fui costretto a pensare diversamente della disposizione coll'E.V. già concertata, perché tengo positivi riscontri, che il Capitolo non si curi punto né poco di questa libreria; e mi permetta di dirle, che avendola, come l'avrà, prevedo molto bene che non sarà né custodita, né tenuta a pubblico servigio con quella diligenza e attenzione, che si richiederebbe". Più parole profetiche di queste, considerando e constatando la realtà, credo non potevano essere pronunciate.