Passeggiando con la storia
Le antiche porte fortificate di Gravina
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 6 agosto 2020
Gravina visse, a ridosso del 200 e la prima meta del 300 un periodo di tranquillità e benessere sotto la dominazione sveva prima e quella angioina dopo. Con l'avvento di Giovanna I regina angioina, sposata con Andrea d'Ungheria sopraggiunsero i guai quando costei fece assassinare lo stesso marito. Infatti , questa particolare vicenda, con tutto ciò che ne conseguì, è racchiusa nel "Chronicon Dominici de Gravina del nostro concittadino Notar Domenico, il quale afferma che "Gravina si divise in due fazioni: l'angioina e l'ungherese, come in tutto il Regno. Prevalse ora l'una ora l'altra e il tutto a discapito della cittadinanza".
"Ritornata Gravina sotto il dominio del Re d'Ungheria, il governatore Niccolò D'Angelo provvide a rafforzarla onde potesse fronteggiare e respingere eventuali assalti da parte delle minaccianti milizie angioine (...). In tale circostanza fu allargata la cerchia delle mura, munite di torrioni le porte, costruiti nuovi fortilizi nei punti più strategici e furono scavati dei camminamenti sotterranei che misero in comunicazione diretta la porta sud con la porta nord della Città. Ciò per una sollecita difesa in caso di attacco dall'una o dall'altra parte, ed anche per avere una via segreta di uscita in caso di pericolo". Questo è quanto riportato dal nostro storico locale Domenico Nardone.
Pertanto, sempre secondo la fonte nardoniana, le porte realizzate furono cinque, Porta s. Antonio (oggi detta s. Agostino), Porta san Tommaso (oggi porta s. Michele), Porta s. Pietro, "Porta s. Maria degli Angeli (oggi porta dell'Aquila) e Porta s. Cataldo , .le quali "con l'abolizione del dominio feudale furono demolite; oggi non resta più nulla delle antiche fortificazioni, se non uno sperone di muro ancora visibile scendendo per i gradoni di Fontana Santa Maria della Stella".
Stando, invece, a Virgilio De Marino, che stilò, nel 1608, "l'Apprezzo della città di Gravina", trascrizione e note a cura di Franco Amodio, pubblicato sotto il Patrocinio della Fondazione Ettore Pomarici Santomasi, 1979, le cosiddette porte erano quattro. E' il caso di riportare integralmente il testo. "Sono in detta città quattro porte, tre d'esse sono grandi una dalla parte de tramontana detta la porta di suso ( nota:anche porta di S. Maria della Porta, o di S. Maria degli Angeli, o Capuana, ed infine dell'Aquila, secondo la tradizione dell'aquila sul prospetto della chiesa Madonna delle Grazie. (nota: E' comunque interessante notare che una "ruga aquila" esisteva sin dal 1385. Cfr. F. Raguso, "L'Archivio capitolare di Gravina, Bari 1975, pag. 439), per la quale si esce per la puglia et terra di bari, unaltra dalla parte d'oriente detta la porta di santo thomaso, (nota: dalla chiesa omonima, odierna S. Domenico.
Anche porta regia, ed infine intitolata a S. Michele, in ricordo dell'episodio del 1799, quando il santo, secondo la leggenda, avrebbe evitato a gravina il sacco delle truppe sanfediste del Cardinale Ruffo. Cfr. D. Nardone, Notizie storiche sulla città di Gravina, Bari 1941, pag. 300), quale è bellissima con ponte per la quale si va a terra di otranto, matera, altamura et altri luochi convicini, La terza, ( nota: la porta era chiamata di "iuso" (abbasso), o di S. Antonio, o di Basilicata, per prendere infine il nome dell'omonima chiesa di S. Agostino), dalla parte di mezzo giorno anco bellissima, per la quale entra lo procaccio che viene per la strada di basilicata et per essa si esce per grottola, monte peloso et altri luochi convicini.
La quarta, è una portella piccola dalla parte de ponente posta in testa dello quartiero detto lo chiaio et per essa si cala dentro la valle della gravina dove sta lo molino et battendiero del duca, et si va ancora alla ecclesia di santa maria della stella edificata dal altra parte di detta valle et si va ancora a multe massarie et luochi convicini". Il racconto di De Marino viene chiuso da una nota del trascrittore. ( nota: Le stesse quattro porte sono citate da Domenico da Gravina. Gravina ebbe in epoche differenti altre porte S. Cataldo. S. Pietro, poi S. Cecilia, Porticella).
"Ritornata Gravina sotto il dominio del Re d'Ungheria, il governatore Niccolò D'Angelo provvide a rafforzarla onde potesse fronteggiare e respingere eventuali assalti da parte delle minaccianti milizie angioine (...). In tale circostanza fu allargata la cerchia delle mura, munite di torrioni le porte, costruiti nuovi fortilizi nei punti più strategici e furono scavati dei camminamenti sotterranei che misero in comunicazione diretta la porta sud con la porta nord della Città. Ciò per una sollecita difesa in caso di attacco dall'una o dall'altra parte, ed anche per avere una via segreta di uscita in caso di pericolo". Questo è quanto riportato dal nostro storico locale Domenico Nardone.
Pertanto, sempre secondo la fonte nardoniana, le porte realizzate furono cinque, Porta s. Antonio (oggi detta s. Agostino), Porta san Tommaso (oggi porta s. Michele), Porta s. Pietro, "Porta s. Maria degli Angeli (oggi porta dell'Aquila) e Porta s. Cataldo , .le quali "con l'abolizione del dominio feudale furono demolite; oggi non resta più nulla delle antiche fortificazioni, se non uno sperone di muro ancora visibile scendendo per i gradoni di Fontana Santa Maria della Stella".
Stando, invece, a Virgilio De Marino, che stilò, nel 1608, "l'Apprezzo della città di Gravina", trascrizione e note a cura di Franco Amodio, pubblicato sotto il Patrocinio della Fondazione Ettore Pomarici Santomasi, 1979, le cosiddette porte erano quattro. E' il caso di riportare integralmente il testo. "Sono in detta città quattro porte, tre d'esse sono grandi una dalla parte de tramontana detta la porta di suso ( nota:anche porta di S. Maria della Porta, o di S. Maria degli Angeli, o Capuana, ed infine dell'Aquila, secondo la tradizione dell'aquila sul prospetto della chiesa Madonna delle Grazie. (nota: E' comunque interessante notare che una "ruga aquila" esisteva sin dal 1385. Cfr. F. Raguso, "L'Archivio capitolare di Gravina, Bari 1975, pag. 439), per la quale si esce per la puglia et terra di bari, unaltra dalla parte d'oriente detta la porta di santo thomaso, (nota: dalla chiesa omonima, odierna S. Domenico.
Anche porta regia, ed infine intitolata a S. Michele, in ricordo dell'episodio del 1799, quando il santo, secondo la leggenda, avrebbe evitato a gravina il sacco delle truppe sanfediste del Cardinale Ruffo. Cfr. D. Nardone, Notizie storiche sulla città di Gravina, Bari 1941, pag. 300), quale è bellissima con ponte per la quale si va a terra di otranto, matera, altamura et altri luochi convicini, La terza, ( nota: la porta era chiamata di "iuso" (abbasso), o di S. Antonio, o di Basilicata, per prendere infine il nome dell'omonima chiesa di S. Agostino), dalla parte di mezzo giorno anco bellissima, per la quale entra lo procaccio che viene per la strada di basilicata et per essa si esce per grottola, monte peloso et altri luochi convicini.
La quarta, è una portella piccola dalla parte de ponente posta in testa dello quartiero detto lo chiaio et per essa si cala dentro la valle della gravina dove sta lo molino et battendiero del duca, et si va ancora alla ecclesia di santa maria della stella edificata dal altra parte di detta valle et si va ancora a multe massarie et luochi convicini". Il racconto di De Marino viene chiuso da una nota del trascrittore. ( nota: Le stesse quattro porte sono citate da Domenico da Gravina. Gravina ebbe in epoche differenti altre porte S. Cataldo. S. Pietro, poi S. Cecilia, Porticella).