passeggiando con la storia- Falò di San Giuseppe
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Passeggiando con la storia

Le nova nouve (i falò)

Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari

Voglio precisare subito che questo evento, tipicamente gravinese, è anche pugliese, non addirittura nazionale. Il racconto seguente parte da una fonte: Giuseppe Schinco, pubblicato nel 2016 da Schena editore, a cura del Centro Ricerche di Storia Religiosa in Puglia. Centro Studi della Civiltà Rurale ,"Iune, monde la lune Analisi comparata dei giochi prima del computer a Gravina e Poggiorsini".

"A Gravina, le prime feste primaverili sono caratterizzate dal fuoco: i falò, le nova nouve, di San Giuseppe e dell'Annunziata. Tutti sono impegnati già da alcuni giorni prima, specialmente per i falò di San Giuseppe, a preparare cataste di legna, trasportandola con i carrettini o a spalla dai campi al luogo prescelto per il fuoco. Ovviamente, i più impegnati sono i bambini che, girando per le vie della città e nelle vicine campagne, raccolgono, anche rubandoli, fasci di rami secchi.

Chi abita in un monolocale a piano terra, la cöse iesse e tröse, per motivi di spazio, è costretto a depositare all'esterno, in prossimità della porta d'ingresso, le fascine da utilizzare per cuocere i cibi; queste, se non debitamente sorvegliate, sono facile preda da parte dei bambini che fanno incetta di legna da ardere. Inoltre, è quasi un rito che ogni contadino, rientrando in paese, depositi sulla catasta del proprio quartiere i rami potati negli oliveti e nei vigneti.

Così ogni rione avrà il suo fuoco alimentando una sorta di gara a chi lo fa più alto, più grande e più durevole; ma tutti andranno ad illuminare le piazze e le vie della città nelle sere di San Giuseppe e della Annunziata secondo un rituale che si conserva dai tempi e nei tempi. quando poi a sera le fiamme del falò diventano basse, iniziano i girotondo delle bambine mentre alcuni bambini, i più coraggiosi, sotto l'occhio attento ma anche timoroso dei genitori, sfidano il fuoco saltandogli attraverso. nell'immaginario del rituale, che affonda le sue radici in epoche storiche lontanissime, tali salti hanno l'inconscio significato dell'uomo che sfida e domina le forze della natura. Un altro trastullo dei bambini è quello di prendere un legno acceso e farlo roteare formando delle O o delle S, fé l'aniedde.

I due falò, quello di S. Giuseppe e dell'Annunziata, che si consumano a meno di una settimana l'uno dall'altro avrebbero ragion d'essere solo se differiscono nelle motivazioni. Nella tradizione popolare, San Giuseppe è il santo protettore dei poveri e degli abbandonati. La stessa tiritera, che i bambini recitano attorno al falò, fa riferimento a un vecchietto incerto nel camminare che non si sa per quale motivo dovrebbe essere un sagrestano forse perché sono addetti al suono delle campanelle.

San Gesèppe u vecchiariedde,
vé sunanne u cambaniedde,
u vé sunanne chiöne chiöne,
San Geseppe u sagrestöne.


Ma, in termini più evidenti la motivazione del rito è espressa in un'altra tiritera:

San Gesèppe u vecchiariedde,
porte u fueche iend'o mandiedde,
u mantiedde na's'abbrusciaie,
e u Meninne se ngallesceaie.


È evidente il riferimento al peregrinare della coppia che si vide rifiutata la richiesta
di un riparo per il parto e al freddo che patì il Bambino insieme a San Giuseppe e Maria
nella grotta di Betlemme; e, per sopperire a questo bisogno, i contadini accendono il falò. Secondo la trazione locale il fuoco, avendo riscaldato il Bambino, diventa un elemento sacro, per cui ogni famiglia, in particolare le più povere, che ha partecipato all'allestimento del falò, porterà un po' di quella brace in casa ritenendola un valido strumento contro ogni maleficio.

La cenere, invece, sarà portata nei campi, in particolare nei vigneti, perché il contadino ben sa il potere fertilizzante di tale sostanza, e l'uso di questo fertilizzante gli è noto sin da quando nel neolitico incendiava le foreste Paleolitiche per ottenere un terreno produttivo e cedevole all'aratro. Attorno al fuoco i bambini mediante una tiritera raccontano una strana storia di San Giuseppe:

San Gesèppe iöre mèstedasce
sciaie facènne buffé e casce
le faciaie senza magagne
tutte nusce e vöre castagne.
Fateiaie u vecchiariedde
percé iöre paveriedde
p'accatté u pöne e u mmiere
pe la zuppe du meninne.
U meninne na'la vulaie
ca la vocche l'abbrusciaie;
pe chèdda vocche nge voule u mmöle
puertele tu Sande Mecöle
Ma l'Arcangele Mecöle na'sté ddò
ié sciute ngiele pe sunè u cambaniedde
pe festeggé u menenniedde.


È invece con il falò della Annunziata che si saluta definitivamente l'inverno e sicomincia a respirare il profumo della primavera.

La Caneloure,
u vierne ié foure;
responne la vecchi'arraggeöte
nan'è foure u viente cje nan vöne l'Annunziöte.
4 fotopasseggiando con la storia- Falò di San Giuseppe
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  • Giuseppe Massari
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