Passeggiando con la storia
Piazza Sant’Ignazio Papa Benedetto XIII e Filippo Raguzzini a Roma
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 25 luglio 2024
Per stilare la presente scheda, collegata sempre, in certo qual modo, alla storia della nostra città e con il riferimento al nostro Papa Benedetto XIII, ci siamo avvalsi del contributo di Claudia Viggiani, Storico dell'arte, con laurea in storia dell'arte moderna, diploma di specializzazione post laurea in storia dell'arte medievale e moderna, entrambi rilasciati dall'Università La Sapienza di Roma. Il monumento o le costruzioni in oggetto sono riferiti al rifacimento di piazza Sant'Ignazio a Roma, diventata, grazie al Raguzzini, un esempio originale e brioso di rococò romano.
"Se non fosse stato per l'ingegnoso progetto di Filippo Raguzzini, architetto di fiducia di Papa Benedetto XIII, attuato tra il 1726 e il 1728, durante gli anni del su menzionato pontefice, la piazza di Sant'Ignazio presenterebbe ancora oggi l'aspetto che tutti i contestatori dell'epoca avrebbero voluto che si mantenesse. Per fortuna però le cose andarono diversamente e contro il popolo che voleva impedire la distruzione del vecchio per fare posto al nuovo tessuto urbano ed edilizio, intervenne anche il pontefice Benedetto XIII che aveva ritenuto "disdicevole che una chiesa e una facciata così insigne" si affacciassero su di un'indecorosa e scomoda piazzetta, occupata da immobili in precario stato di conservazione e dalla scadente qualità energetica.
Così le case furono distrutte per volontà dei Gesuiti che secondo Francesco Valesio (Diario di Roma, 1729-42), "posero mano al cavare de' fondamenti della fabbrica che fanno avanti la chiesa di S. Ignazio con pochissima piazza, contro l'aspettazione di tutti, onde hanno udite delle maldicenze loro dette sul viso da persone che in coppia vanno a vedere quel diroccare di case". I nuovi edifici di Raguzzini, progettati per essere affittati al ceto medio, presentano ancora oggi un elegante disegno curvilineo, derivato da uno schema geometrico basato su tre ovali tangenti e scandito da un'intelaiatura lineare con un accentuato sviluppo verticale.
I cantonali smussati ammorbidiscono le linee architettoniche limitando, come in un morbido abbraccio di berniniana memoria, lo spazio della corte, strettamente collegato al tessuto urbano circostante. Le linee concave movimentano le superfici e donano ai prospetti l'ideale compito di proteggere lo spazio compreso tra gli edifici e la chiesa. E pensare che, quando la piazza fu ultimata, Francesco Milizia, autore de La vita dei più celebri architetti (1768), in uno dei suoi caustici commenti critici nei confronti delle opere degli architetti romani degli ultimi due secoli, tra i quali Francesco Borromini, affermò che era stata "deturpata da quelle ridicole case a foggia di canterani".
Per fortuna, però, i giudizi negativi sortiscono quasi sempre un effetto opposto su chi la vita la guarda con i propri occhi: piazza Sant'Ignazio e le architetture di Raguzzini sono oggi tra le più amate e ammirate di tutta Roma".
Dallo scritto dell'architetto Anselmo Santilli di ZED Progetti Srl, traiamo un altro spunto, soprattutto progettuale sull'opera e sul suo progettista. "Dopo aver esaminato, in una precedente puntata della rubrica, un edificio di utilità pubblica come l'Ospedale di San Gallicano, si considera ora un argomento di edilizia civile: i canterani (le cassettiere) di Piazza S.Ignazio a Roma (realizzata tra 1727 ed il 1728). Papa Benedetto XIII voleva creare qui un nuovo polo di attrazione nella città, di fronte alla chiesa di S. Ignazio, con la costruzione di moderni palazzetti per abitazioni e uffici, in luogo di vecchie baracche da demolire.
L'architetto Raguzzini, incaricato dell'opera, risolve qui il difficile dialogo tra le nuove costruzioni e la monumentale facciata della chiesa, accostando tra loro sulla piazza, come schema planivolumetrico, tre ovali vicini. Viene così a crearsi, di fronte alla gigantesca mole in travertino della chiesa, un fondale scenografico, costituito dalle facciate mosse e ricurve dei palazzi, come fossero quinte piene di sorprese e increspature. L'architetto riesce quindi nell'intento di proporre quindi un prodotto funzionale, realizzato in economia costruttiva e, allo stesso tempo, decoroso e integrato in modo equilibrato nel contesto"
Da Mattia Loret: "L'architetto Raguzzini e il Rococò in Roma", pubblicato sul Bollettino d'Arte, a cura del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, è tratto questo ulteriore contributo. "La personalità del Raguzzini si rivela ancor più originale in un'opera, dove l'architettura è strettamente legata ad un intricato problema di sistemazione stradale. Attigua alla piazza di S. Ignazio si trova la piccola chiesa di S. Macuto, che dal 1539 apparteneva alla confraternita dei bergamaschi. Nel 1726 la chiesetta d'ordine del Papa passò ai Padri Gesuiti, i quali ne avevano bisogno per uso del vicino Seminario Romano. Contemporaneamente il Papa affidò al Raguzzini la sistemazione della piazza e questi d'accordo con i Padri fece demolire le tre piccole case che ingombravano la piazza stessa, essendo necessario ingrandirla per poter innalzare le attuali costruzioni. Nei primi di luglio 1727 si cominciò a scavare le fondamenta, e già nel luglio 1728 il Papa potè vedere la piazza e le belle fabriche".
Procedendo secondo le esigenze di una sistemazione barocca, si sarebbe dovuto creare un largo, nel quale sboccasse in linea retta alla Chiesa una strada, in modo da metterne in evidenza la bella facciata. Così pesò anche il Milizia' che lodando l'architetto della chiesa, criticò la soluzione attuale della piazza "che è stata deturpata da quelle ridicole case a foggia di canterani". Senonchè egli dimenticava, che a una simile soluzione si sarebbe opposta non solo l'irregolarità dell'area, ma anche il fatto che i Padri Gesuiti volevano utilizzarla per nuove costruzioni. Il problema che si presentava al nostro architetto era quindi di costruire sull'area delle case demolite altre con minima spesa, e far apparire la piazza più grande possibile.
Questa illusione si poteva ottenere solo col prospetto caro al Borromini, cioè di una facciata concava. E non si creda che la cosa passasse inosservata e senza commenti. Tutt'altro. L'opinione pubblica se ne interessò moltissimo e appunto perchè i Padri avevano sacrificato l'ampiezza dell'area in favore delle case per loro più redditizie, furono aspramente criticati e la piazza finì con 1'essere ironicamente chiamata "piazzetta del guadagno". Dalla scala della chiesa di S. Ignazio si apre' dinnanzi a noi una vista tanto insolita quanto inaspettata: insolita nella Roma prevalentemente barocca, inaspettata per la sua intimità, che anche nel caldo e attraente ambiente romano non è facile incontrare.
Ci pare di trovarci in un teatrino con un delizioso palcoscenico dalle cui quinte possano in breve sbucare artisti e cantanti, talmente completa è l'illusione scenografica di una azione, di qualche cosa che si svolge e che si sposta dinnanzi ai nostri occhi, che spazi ano dolcemente tra le incurvature e gli aggetti delle palazzine, il cui numero non è facile di stabilire a prima vista. E inoltrandoci nel meandro di viuzze dietro le case il senso di disorientamento, di curiosità e di meraviglia aumenta ancora per la disordinata disposizione topo grafica e la stravagante forma delle case stesse. Eppure il prospetto principale è tutt'altro che confuso. Qui tutto tende simmetricamente a ottenere il senso di unità.
Le due case a destra e a sinistra della piazza a facciata rettilinea fiancheggiano il gruppo centrale, formato da altre due di cui una a triangolo l'altra a eptagono. Le concavità, le rientranze, gli arrotondamenti e i passaggi congiungono i due gruppi, fondendo l'insieme delle costruzioni in una unica visione di intimità e di semplicità, mentre l'eguale altezza dei fabbricati e il medesimo formulario decorativo accrescono l' organicità e l'unità architettonica di tutta la piazza. Il nuovo momento architettonico, che chiameremo borghese, nasce nella Roma solenne, religiosa nel 1728".
"Se non fosse stato per l'ingegnoso progetto di Filippo Raguzzini, architetto di fiducia di Papa Benedetto XIII, attuato tra il 1726 e il 1728, durante gli anni del su menzionato pontefice, la piazza di Sant'Ignazio presenterebbe ancora oggi l'aspetto che tutti i contestatori dell'epoca avrebbero voluto che si mantenesse. Per fortuna però le cose andarono diversamente e contro il popolo che voleva impedire la distruzione del vecchio per fare posto al nuovo tessuto urbano ed edilizio, intervenne anche il pontefice Benedetto XIII che aveva ritenuto "disdicevole che una chiesa e una facciata così insigne" si affacciassero su di un'indecorosa e scomoda piazzetta, occupata da immobili in precario stato di conservazione e dalla scadente qualità energetica.
Così le case furono distrutte per volontà dei Gesuiti che secondo Francesco Valesio (Diario di Roma, 1729-42), "posero mano al cavare de' fondamenti della fabbrica che fanno avanti la chiesa di S. Ignazio con pochissima piazza, contro l'aspettazione di tutti, onde hanno udite delle maldicenze loro dette sul viso da persone che in coppia vanno a vedere quel diroccare di case". I nuovi edifici di Raguzzini, progettati per essere affittati al ceto medio, presentano ancora oggi un elegante disegno curvilineo, derivato da uno schema geometrico basato su tre ovali tangenti e scandito da un'intelaiatura lineare con un accentuato sviluppo verticale.
I cantonali smussati ammorbidiscono le linee architettoniche limitando, come in un morbido abbraccio di berniniana memoria, lo spazio della corte, strettamente collegato al tessuto urbano circostante. Le linee concave movimentano le superfici e donano ai prospetti l'ideale compito di proteggere lo spazio compreso tra gli edifici e la chiesa. E pensare che, quando la piazza fu ultimata, Francesco Milizia, autore de La vita dei più celebri architetti (1768), in uno dei suoi caustici commenti critici nei confronti delle opere degli architetti romani degli ultimi due secoli, tra i quali Francesco Borromini, affermò che era stata "deturpata da quelle ridicole case a foggia di canterani".
Per fortuna, però, i giudizi negativi sortiscono quasi sempre un effetto opposto su chi la vita la guarda con i propri occhi: piazza Sant'Ignazio e le architetture di Raguzzini sono oggi tra le più amate e ammirate di tutta Roma".
Dallo scritto dell'architetto Anselmo Santilli di ZED Progetti Srl, traiamo un altro spunto, soprattutto progettuale sull'opera e sul suo progettista. "Dopo aver esaminato, in una precedente puntata della rubrica, un edificio di utilità pubblica come l'Ospedale di San Gallicano, si considera ora un argomento di edilizia civile: i canterani (le cassettiere) di Piazza S.Ignazio a Roma (realizzata tra 1727 ed il 1728). Papa Benedetto XIII voleva creare qui un nuovo polo di attrazione nella città, di fronte alla chiesa di S. Ignazio, con la costruzione di moderni palazzetti per abitazioni e uffici, in luogo di vecchie baracche da demolire.
L'architetto Raguzzini, incaricato dell'opera, risolve qui il difficile dialogo tra le nuove costruzioni e la monumentale facciata della chiesa, accostando tra loro sulla piazza, come schema planivolumetrico, tre ovali vicini. Viene così a crearsi, di fronte alla gigantesca mole in travertino della chiesa, un fondale scenografico, costituito dalle facciate mosse e ricurve dei palazzi, come fossero quinte piene di sorprese e increspature. L'architetto riesce quindi nell'intento di proporre quindi un prodotto funzionale, realizzato in economia costruttiva e, allo stesso tempo, decoroso e integrato in modo equilibrato nel contesto"
Da Mattia Loret: "L'architetto Raguzzini e il Rococò in Roma", pubblicato sul Bollettino d'Arte, a cura del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, è tratto questo ulteriore contributo. "La personalità del Raguzzini si rivela ancor più originale in un'opera, dove l'architettura è strettamente legata ad un intricato problema di sistemazione stradale. Attigua alla piazza di S. Ignazio si trova la piccola chiesa di S. Macuto, che dal 1539 apparteneva alla confraternita dei bergamaschi. Nel 1726 la chiesetta d'ordine del Papa passò ai Padri Gesuiti, i quali ne avevano bisogno per uso del vicino Seminario Romano. Contemporaneamente il Papa affidò al Raguzzini la sistemazione della piazza e questi d'accordo con i Padri fece demolire le tre piccole case che ingombravano la piazza stessa, essendo necessario ingrandirla per poter innalzare le attuali costruzioni. Nei primi di luglio 1727 si cominciò a scavare le fondamenta, e già nel luglio 1728 il Papa potè vedere la piazza e le belle fabriche".
Procedendo secondo le esigenze di una sistemazione barocca, si sarebbe dovuto creare un largo, nel quale sboccasse in linea retta alla Chiesa una strada, in modo da metterne in evidenza la bella facciata. Così pesò anche il Milizia' che lodando l'architetto della chiesa, criticò la soluzione attuale della piazza "che è stata deturpata da quelle ridicole case a foggia di canterani". Senonchè egli dimenticava, che a una simile soluzione si sarebbe opposta non solo l'irregolarità dell'area, ma anche il fatto che i Padri Gesuiti volevano utilizzarla per nuove costruzioni. Il problema che si presentava al nostro architetto era quindi di costruire sull'area delle case demolite altre con minima spesa, e far apparire la piazza più grande possibile.
Questa illusione si poteva ottenere solo col prospetto caro al Borromini, cioè di una facciata concava. E non si creda che la cosa passasse inosservata e senza commenti. Tutt'altro. L'opinione pubblica se ne interessò moltissimo e appunto perchè i Padri avevano sacrificato l'ampiezza dell'area in favore delle case per loro più redditizie, furono aspramente criticati e la piazza finì con 1'essere ironicamente chiamata "piazzetta del guadagno". Dalla scala della chiesa di S. Ignazio si apre' dinnanzi a noi una vista tanto insolita quanto inaspettata: insolita nella Roma prevalentemente barocca, inaspettata per la sua intimità, che anche nel caldo e attraente ambiente romano non è facile incontrare.
Ci pare di trovarci in un teatrino con un delizioso palcoscenico dalle cui quinte possano in breve sbucare artisti e cantanti, talmente completa è l'illusione scenografica di una azione, di qualche cosa che si svolge e che si sposta dinnanzi ai nostri occhi, che spazi ano dolcemente tra le incurvature e gli aggetti delle palazzine, il cui numero non è facile di stabilire a prima vista. E inoltrandoci nel meandro di viuzze dietro le case il senso di disorientamento, di curiosità e di meraviglia aumenta ancora per la disordinata disposizione topo grafica e la stravagante forma delle case stesse. Eppure il prospetto principale è tutt'altro che confuso. Qui tutto tende simmetricamente a ottenere il senso di unità.
Le due case a destra e a sinistra della piazza a facciata rettilinea fiancheggiano il gruppo centrale, formato da altre due di cui una a triangolo l'altra a eptagono. Le concavità, le rientranze, gli arrotondamenti e i passaggi congiungono i due gruppi, fondendo l'insieme delle costruzioni in una unica visione di intimità e di semplicità, mentre l'eguale altezza dei fabbricati e il medesimo formulario decorativo accrescono l' organicità e l'unità architettonica di tutta la piazza. Il nuovo momento architettonico, che chiameremo borghese, nasce nella Roma solenne, religiosa nel 1728".