Passeggiando con la storia
San Michele: 1799 – 2019. Duecentoventi anni di storia
“Passeggiando con la storia”, rubrica a cura di Giuseppe Massari
giovedì 16 maggio 2019
10.28
Nella nostra città non si può parlare o scrivere sul santo Patrono se non si prende in considerazione il documento di base: la Bolla di papa Clemente X, del 10 marzo 1674, con la quale e grazie alla quale, durante l'episcopato di mons. Domenico Cennini, San Michele fu designato e proclamato protettore di Gravina. La Bolla pontificia fu emanata, a quanto si legge nel libro scritto a sei mani da Giorgio Otranto, Fedele Raguso e Marisa D'Agostino: S. Michele Arcangelo. Dal Gargano ai confini Apulo-Lucani", Pubblicità & Stampa, Modugno –BA- 1990, "dopo che il popolo e il clero di Gravina, essendo scampato al pericolo della peste del 1656, di altre epidemie e calamità, chiesero ed ottennero il riconoscimento di San Michele quale protettore e patrono principale della città per lo scampato pericolo della peste del 1656". Fatta questa doverosa premessa, il culto micaelico, nella nostra città, passa, anche, attraverso una presenza statuaria ed iconografica.
Quella in esame risale al 1799, e considerando che le giornate interessate furono quelle di maggio di quell'anno, e bene dire e ricordare che, d'allora ad oggi, sono trascorsi ben 220 anni. Possono essere troppi, tanti per dimenticare. Sono anche troppi, molti, assai, però, per non lasciare nell'oblio il sacrificio, fino alla morte, di coloro che si spesero per la nostra futura libertà. Sono trascorsi due secoli e venti anni, così come si legge dall'anno, 1799, inciso nella parte esterna della nicchia. Da questo riferimento storico bisogna partire per ricostruire un pezzo di storia sconosciuto e da scoprire. Una statua a protezione della città, posizionata al di fuori di un normale luogo di culto, ma all'interno del contesto urbano, all'ingresso in città, per accogliere chi entra, sia pure di passaggio, come forestiero o come figlio di questa terra. Il perché quella scultura fosse lì, ce lo siamo chiesti molte volte nel corso degli anni, senza mai darci, però, una spiegazione o una risposta.
Successivamente, sfogliando alcune pagine ingiallite e impolverate di storia, siamo riusciti a trovare ragioni e motivi di quella collocazione. Per inquadrare meglio questo periodo di turbolenza, va ricordato che Gravina, da un punto di vista politico, era nelle mani del duca Filippo Bernualdo Orsini; mentre sulla Cattedra episcopale sedeva Mons. Michele De Angelis, vescovo dal 1792 al 1806. Ecco come andarono quelle vicende, secondo una ricostruzione dello storico gravinese, Domenico Nardone, in "Notizie storiche sulla città di Gravina dalle sue origini all'unità italiana (455 – 1870).
V Edizione a cura della Fondazione Ettore Pomarici Santomasi. Adda editore, Maggio 2007. "Il 9 maggio 1799 giungono ad Altamura, provenienti da Matera, numerose orde di Sanfedisti, capitanate dal Cardinale Ruffo il quale, dopo la fuga del Re da Napoli, si era prefisso di ristabilire a qualunque costo la monarchia nel regno. L'arrivo dei Sanfedisti ad Altamura (ove pare si fossero raccolti i capi rivoluzionari della Provincia) dà luogo a un aspro combattimento che si conclude con la capitolazione della città, con l'eccidio di numerosi cittadini e con la conseguente rapina dei loro averi. Dopo la sconfitta dei rivoluzionari ad Altamura, si supplica vivamente il Cardinale di risparmiare la città di Gravina da ogni danno che le sue soldatesche avrebbero potuto arrecare entrando.
Così il Cardinale Ruffo passa da Gravina senza entrarvi. Nel frattempo numerosi gravinesi si ripararono nella chiesa grotta dedicata all'Arcangelo e nella quale, su alcune pareti e su
alcuni pilastri incisero la data 1799. Attribuendo lo scampato pericolo a un nuovo miracolo di San Michele, il popolo di Gravina pone una statua dell'Arcangelo Michele su Porta San Tommaso (perdove il porporato sarebbe entrato), scolpendovi sotto, a ricordo dell'evento, la memoranda data del 1799.
Con l'abolizione della porta, tale statua vedasi oggi riposta in una nicchia all'angolo della casa che da piazza Scacchi fiancheggia via dell'Impero". Nel citato volume di Otranto – Raguso -
D'Agostino si legge, in riferimento alla statua: "Di rozza fattura, (m.1.20 X 0.30), riproduce il Santo in modo statico, privo di espressione, mentre schiaccia un informe diavolo, legato alla
catenella. La sua datazione riesce difficile per l'imperizia dell'artista ed il carattere popolare che la statua riveste. Si può ipotizzare la seconda metà del XVIII secolo, tenendo presente che proprio nel 1799 fu realizzata la nicchia a Porta S. Tommaso (oggi S. Michele), ove fu certamente sistemata la nostra statua. La nicchia e la statua in quell'anno costituirono un atto di ringraziamento al santo protettore, che salvò la città dagli eccidi che l'esercito del cardinale Ruffo andava seminando".
In quale condizioni, oggi, quella statua versi non è il caso di soffermarsi. Facciamo parlare le immagini tratte dalle foto del restauratore Giuseppe Digennaro.
Quella in esame risale al 1799, e considerando che le giornate interessate furono quelle di maggio di quell'anno, e bene dire e ricordare che, d'allora ad oggi, sono trascorsi ben 220 anni. Possono essere troppi, tanti per dimenticare. Sono anche troppi, molti, assai, però, per non lasciare nell'oblio il sacrificio, fino alla morte, di coloro che si spesero per la nostra futura libertà. Sono trascorsi due secoli e venti anni, così come si legge dall'anno, 1799, inciso nella parte esterna della nicchia. Da questo riferimento storico bisogna partire per ricostruire un pezzo di storia sconosciuto e da scoprire. Una statua a protezione della città, posizionata al di fuori di un normale luogo di culto, ma all'interno del contesto urbano, all'ingresso in città, per accogliere chi entra, sia pure di passaggio, come forestiero o come figlio di questa terra. Il perché quella scultura fosse lì, ce lo siamo chiesti molte volte nel corso degli anni, senza mai darci, però, una spiegazione o una risposta.
Successivamente, sfogliando alcune pagine ingiallite e impolverate di storia, siamo riusciti a trovare ragioni e motivi di quella collocazione. Per inquadrare meglio questo periodo di turbolenza, va ricordato che Gravina, da un punto di vista politico, era nelle mani del duca Filippo Bernualdo Orsini; mentre sulla Cattedra episcopale sedeva Mons. Michele De Angelis, vescovo dal 1792 al 1806. Ecco come andarono quelle vicende, secondo una ricostruzione dello storico gravinese, Domenico Nardone, in "Notizie storiche sulla città di Gravina dalle sue origini all'unità italiana (455 – 1870).
V Edizione a cura della Fondazione Ettore Pomarici Santomasi. Adda editore, Maggio 2007. "Il 9 maggio 1799 giungono ad Altamura, provenienti da Matera, numerose orde di Sanfedisti, capitanate dal Cardinale Ruffo il quale, dopo la fuga del Re da Napoli, si era prefisso di ristabilire a qualunque costo la monarchia nel regno. L'arrivo dei Sanfedisti ad Altamura (ove pare si fossero raccolti i capi rivoluzionari della Provincia) dà luogo a un aspro combattimento che si conclude con la capitolazione della città, con l'eccidio di numerosi cittadini e con la conseguente rapina dei loro averi. Dopo la sconfitta dei rivoluzionari ad Altamura, si supplica vivamente il Cardinale di risparmiare la città di Gravina da ogni danno che le sue soldatesche avrebbero potuto arrecare entrando.
Così il Cardinale Ruffo passa da Gravina senza entrarvi. Nel frattempo numerosi gravinesi si ripararono nella chiesa grotta dedicata all'Arcangelo e nella quale, su alcune pareti e su
alcuni pilastri incisero la data 1799. Attribuendo lo scampato pericolo a un nuovo miracolo di San Michele, il popolo di Gravina pone una statua dell'Arcangelo Michele su Porta San Tommaso (perdove il porporato sarebbe entrato), scolpendovi sotto, a ricordo dell'evento, la memoranda data del 1799.
Con l'abolizione della porta, tale statua vedasi oggi riposta in una nicchia all'angolo della casa che da piazza Scacchi fiancheggia via dell'Impero". Nel citato volume di Otranto – Raguso -
D'Agostino si legge, in riferimento alla statua: "Di rozza fattura, (m.1.20 X 0.30), riproduce il Santo in modo statico, privo di espressione, mentre schiaccia un informe diavolo, legato alla
catenella. La sua datazione riesce difficile per l'imperizia dell'artista ed il carattere popolare che la statua riveste. Si può ipotizzare la seconda metà del XVIII secolo, tenendo presente che proprio nel 1799 fu realizzata la nicchia a Porta S. Tommaso (oggi S. Michele), ove fu certamente sistemata la nostra statua. La nicchia e la statua in quell'anno costituirono un atto di ringraziamento al santo protettore, che salvò la città dagli eccidi che l'esercito del cardinale Ruffo andava seminando".
In quale condizioni, oggi, quella statua versi non è il caso di soffermarsi. Facciamo parlare le immagini tratte dalle foto del restauratore Giuseppe Digennaro.