Passeggiando con la storia
Santuario rupestre Madonna della Stella
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 20 agosto 2020
Una chiesa rupestre situata sul versante destro del burrone, in un ambiente suggestivo nei pressi della necropoli del "Padre Eterno", sotto la collina di Botromagno, antico insediamento archeologico tra le dominazioni romane e greche, rappresenta un armonico connubio tra sacro e profano . Una delle tante, delle molte che arricchiscono il vasto patrimonio artistico, architettonico, religioso e culturale della nostra città. Non è esagerato, sulla scorta di questi insediamenti cristiani e pre crsitiani, definire la nostra città "Città santa", "Città sacra".
Gioielli che l'incuria, l'insensibilità umana ha lasciato al suo destino. Gioielli che il tempo, insieme agli agenti atmosferici, muffe, umidità, ha corroso, ha distrutto, soprattutto nelle parti decorative ed affrescate. Purtroppo, questi luoghi incustoditi, non salvaguardati da protezioni statali e né tutelati dalle civiche amministrazioni locali, hanno subito danneggiamenti, trafugamenti di alcuni affreschi. Sono stati dilapidati da incoscienti, che hanno agito colpendo la storia più vera e più nobile della nostra città.
Il nome dalla Madonna della Stella deriva, secondo la tradizione, da una raffigurazione della Madonna, oggi scomparsa, decorata con una stella d'argento sul manto azzurro, oggetto di un fervido culto in età rinascimentale per la sua fama di dispensatrice di miracoli. Le cronache del tempo raccontano , testimoniano e ci hanno tramandato di un insediamento religioso, retto da una comunità benedettina sotto la giurisdizione della Badia di Banzi, in provincia di Potenza, frequentato anche da pellegrini provenienti da altre città limitrofe o da altre regioni viciniore. La prova di ciò la si può ricavare anche dagli ambienti, ancora esistenti. Utilizzati, con molta probabilità, dalle varie comunità religiose che si sono succedute, che hanno garantito i servizi liturgici e come luoghi di accoglienza per i pellegrini.
Fu posseduta, prima, da un tal Lucio Pinti di Matera e poi dagli Orsini. L'appartenenza, successivamente, al nobile casato degli Orsini, duchi di Gravina, è facilmente deducibile da alcune decorazioni. Sia da quelle apposte sul portale esterno della chiesa e sia da quelle poste sulla parete che funge da volta d'ingresso, tra le quali la famosa rosa canina, un simbolo presente nella iconografia araldica della nobile famiglia.
Vi si accede da un piccolo giardino, salendo alcuni gradini che portano nella grande aula, a pianta rettangolare, che conserva un altare tardo barocco e le curiose panche laterali di pietra destinate al riposo dei pellegrini. Non vi sono tracce di affreschi sulle pareti, se non la presenza di alcuni simboli apotropaici a supporto che, in età classica, il luogo era destinato a riti magici, pagani, feticistici, per una divinità della fertilità. Culto e pratica messi in atto, soprattutto da donne sterili desiderose di realizzare il sogno della maternità. Naturalmente, tra ignoranza e profanazione, il luogo, una volta che le autorità ecclesiastiche furono informate di quanto accadeva, soprattutto, nelle ore notturne, fu chiuso.
Recenti rilievi e studi effettuati all'interno e all'esterno della chiesa fanno supporre che essa sia stata costruita in due fasi, con la parte superiore, cui si accedeva dalla finestra attuale, realizzata nel IX-X secolo e consistente in una chiesa a due absidi abbinate, e la successiva trasformazione nel XV secolo, con lo sbancamento e allargamento della parte inferiore, l'adattamento dell'antica recinzione nell'attuale struttura dell'altare e la trasformazione dell'antico bema (area sacra) in sacrestia.
Gioielli che l'incuria, l'insensibilità umana ha lasciato al suo destino. Gioielli che il tempo, insieme agli agenti atmosferici, muffe, umidità, ha corroso, ha distrutto, soprattutto nelle parti decorative ed affrescate. Purtroppo, questi luoghi incustoditi, non salvaguardati da protezioni statali e né tutelati dalle civiche amministrazioni locali, hanno subito danneggiamenti, trafugamenti di alcuni affreschi. Sono stati dilapidati da incoscienti, che hanno agito colpendo la storia più vera e più nobile della nostra città.
Il nome dalla Madonna della Stella deriva, secondo la tradizione, da una raffigurazione della Madonna, oggi scomparsa, decorata con una stella d'argento sul manto azzurro, oggetto di un fervido culto in età rinascimentale per la sua fama di dispensatrice di miracoli. Le cronache del tempo raccontano , testimoniano e ci hanno tramandato di un insediamento religioso, retto da una comunità benedettina sotto la giurisdizione della Badia di Banzi, in provincia di Potenza, frequentato anche da pellegrini provenienti da altre città limitrofe o da altre regioni viciniore. La prova di ciò la si può ricavare anche dagli ambienti, ancora esistenti. Utilizzati, con molta probabilità, dalle varie comunità religiose che si sono succedute, che hanno garantito i servizi liturgici e come luoghi di accoglienza per i pellegrini.
Fu posseduta, prima, da un tal Lucio Pinti di Matera e poi dagli Orsini. L'appartenenza, successivamente, al nobile casato degli Orsini, duchi di Gravina, è facilmente deducibile da alcune decorazioni. Sia da quelle apposte sul portale esterno della chiesa e sia da quelle poste sulla parete che funge da volta d'ingresso, tra le quali la famosa rosa canina, un simbolo presente nella iconografia araldica della nobile famiglia.
Vi si accede da un piccolo giardino, salendo alcuni gradini che portano nella grande aula, a pianta rettangolare, che conserva un altare tardo barocco e le curiose panche laterali di pietra destinate al riposo dei pellegrini. Non vi sono tracce di affreschi sulle pareti, se non la presenza di alcuni simboli apotropaici a supporto che, in età classica, il luogo era destinato a riti magici, pagani, feticistici, per una divinità della fertilità. Culto e pratica messi in atto, soprattutto da donne sterili desiderose di realizzare il sogno della maternità. Naturalmente, tra ignoranza e profanazione, il luogo, una volta che le autorità ecclesiastiche furono informate di quanto accadeva, soprattutto, nelle ore notturne, fu chiuso.
Recenti rilievi e studi effettuati all'interno e all'esterno della chiesa fanno supporre che essa sia stata costruita in due fasi, con la parte superiore, cui si accedeva dalla finestra attuale, realizzata nel IX-X secolo e consistente in una chiesa a due absidi abbinate, e la successiva trasformazione nel XV secolo, con lo sbancamento e allargamento della parte inferiore, l'adattamento dell'antica recinzione nell'attuale struttura dell'altare e la trasformazione dell'antico bema (area sacra) in sacrestia.