Passeggiando con la storia
Stazione Veterinaria Orsini
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 29 aprile 2021
12.00
Mi sottopongo volentieri ad una pubblica confessione. L'argomento odierno, pur avendo suscitato in me interesse, curiosità e conoscenza, non ho mai potuto trattarlo prima, perché mi mancavano fonti e riferimenti. Addirittura, e, purtroppo, neanche il nostro massimo e più quotato storico locale, Domenico Nardone, da me opportunamente consultato, ne tratta, ne fa menzione nelle sue Notizie storiche sulla città di Gravina. Di più.
Nello stesso Apprezzo della città di Gravina, redatto da Virgilio De Marino nel 1608 e trascritto, a cura della Fondazione Santomasi, nel 1979, da Franco Amodio, non vi è tracia. Consultando, anche, l'Apprezzo del Feudo di Gravina del 1686, a cura dell'Attuario Antonio Gallucci, copia del 1779, conservato presso l'Archivio Unico del Fondo capitolare di Gravina, non ho trovato nulla che conducesse alla individuazione di questo luogo e alla sua funzione. Qualche breve cenno lo si trova in Gravina Urb Opulenta di Giuseppe Lucatuorto, Arti Grafiche Savarese Bari, 1975, sotto la voce Ospedale Veterinario.
Perciò, devo essere grato all'amico Pino Navedoro, che mi fornisce il fianco, se oggi, attingendo da uno suo scritto, sono in grado di presentare questo pezzo di storia, corredato da alcune sue foto, molto sconosciuto della nostra città. Di presentare un luogo adibito alla cura del bestiame, un centro di zooiatria sorto o, comunque gestito, operativo agli inizi del Seicento.
Sicchè, la fonte è racchiusa nel "Gravina in Puglia. La guida della città e dintorni", un testo bilingue, per i tipi de Il Grillo editore, 2006. Prima di inoltrarmi nel racconto storico di questo luogo, voglio precisare la sua esatta ubicazione, ancora esistente, nonostante oggi restino pochissime testimonianze; nonostante il posto sia diventato, per certi aspetti, deposito di una marmeria, peraltro, pure dismessa. Siamo nei pressi del cimitero cittadino, anzi dirimpetto all'ingresso monumentale.
Fatta questa precisazione e premessa, Navedoro scrive: "In un territorio come quello murgiano, dalla natura prevalentemente aspra, vocato per questo, almeno a voler tenere come riferimento i trattati di mascalcia medievali, all'allevamento equino, non può risultare fuori luogo la presenza. Attestata già in epoca angioina, di una maristalla, la cosiddetta cavallerizza e di una più recente stazione veterinaria. Fuori dal recinto delle mura, tale stazione fu istituita dal duca Michele Antonio Orsini nel 1604". Apro qui una breve parentesi per qualche riferimento biografico sul personaggio, tratto dal Nardone. Egli fu figlio del duca Ferdinando II e di Donna Costanza Gesualdo. "Uscito di minore età, Michele Antonio fu il IX nella serie dei duchi di Gravina. Ebbe due mogli: la prima fu una Giovanna Borgia, sorella del duca di Squillace; la seconda una Beatrice di Flaminio Orsini e di Lucrezia del Tufo dei marchesi di Lavello. Da nessuna delle due ebbe figli e nel 1627 morì, lasciando il ducato di Gravina alla sorella Maria Felice".
Chiusa questa breve digressione, proseguiamo nel racconto iniziato."La stazione era costituita da un vasto complesso recintato di edifici e ampi vani scavati nel tenero tufo adibiti, rispettivamente, a zone per la veterinaria e l'alloggio del bestiame. I servizi di cui l'impianto disponeva erano, tra gli altri, un ampio spiazzo, ricavato all'interno di cave di tufo dismesse nel quale i cavalli potevano pascolare, ambienti destinati al personale e una chiesa intitolata a Santo Stefano". Su questa chiesa, fuori dal testo ufficiale di Navedoro, ma per un dovere di completezza storica, mi pare di poter spendere qualche parola. Questa non risulta essere entrata a far parte della Visita apostolica del cardinale Orsini, nel corso dei primi sei mesi del 1714. O non era censita e riconosciuta ufficialmente dalle autorità ecclesiastiche locali, oppure, a quella data era già scomparsa o non si officiava più nessun rito.
"Segni della presenza degli Orsini sono, ancora oggi, le rosette scolpite agli ingressi e sotto le volte degli ambienti scavati, e quelle sul portale d'ingresso, nel cui timpano era incorporato fino a poco tempo fa un bassorilievo recante le insegne della munifica famiglia, la data 1604, le figure di sant'Eligio, protettore dei maniscaclchi, di santa Lucia, protettrice dei fabbri e di un palafreniere che tiene a freno un cavallo".
Nello stesso Apprezzo della città di Gravina, redatto da Virgilio De Marino nel 1608 e trascritto, a cura della Fondazione Santomasi, nel 1979, da Franco Amodio, non vi è tracia. Consultando, anche, l'Apprezzo del Feudo di Gravina del 1686, a cura dell'Attuario Antonio Gallucci, copia del 1779, conservato presso l'Archivio Unico del Fondo capitolare di Gravina, non ho trovato nulla che conducesse alla individuazione di questo luogo e alla sua funzione. Qualche breve cenno lo si trova in Gravina Urb Opulenta di Giuseppe Lucatuorto, Arti Grafiche Savarese Bari, 1975, sotto la voce Ospedale Veterinario.
Perciò, devo essere grato all'amico Pino Navedoro, che mi fornisce il fianco, se oggi, attingendo da uno suo scritto, sono in grado di presentare questo pezzo di storia, corredato da alcune sue foto, molto sconosciuto della nostra città. Di presentare un luogo adibito alla cura del bestiame, un centro di zooiatria sorto o, comunque gestito, operativo agli inizi del Seicento.
Sicchè, la fonte è racchiusa nel "Gravina in Puglia. La guida della città e dintorni", un testo bilingue, per i tipi de Il Grillo editore, 2006. Prima di inoltrarmi nel racconto storico di questo luogo, voglio precisare la sua esatta ubicazione, ancora esistente, nonostante oggi restino pochissime testimonianze; nonostante il posto sia diventato, per certi aspetti, deposito di una marmeria, peraltro, pure dismessa. Siamo nei pressi del cimitero cittadino, anzi dirimpetto all'ingresso monumentale.
Fatta questa precisazione e premessa, Navedoro scrive: "In un territorio come quello murgiano, dalla natura prevalentemente aspra, vocato per questo, almeno a voler tenere come riferimento i trattati di mascalcia medievali, all'allevamento equino, non può risultare fuori luogo la presenza. Attestata già in epoca angioina, di una maristalla, la cosiddetta cavallerizza e di una più recente stazione veterinaria. Fuori dal recinto delle mura, tale stazione fu istituita dal duca Michele Antonio Orsini nel 1604". Apro qui una breve parentesi per qualche riferimento biografico sul personaggio, tratto dal Nardone. Egli fu figlio del duca Ferdinando II e di Donna Costanza Gesualdo. "Uscito di minore età, Michele Antonio fu il IX nella serie dei duchi di Gravina. Ebbe due mogli: la prima fu una Giovanna Borgia, sorella del duca di Squillace; la seconda una Beatrice di Flaminio Orsini e di Lucrezia del Tufo dei marchesi di Lavello. Da nessuna delle due ebbe figli e nel 1627 morì, lasciando il ducato di Gravina alla sorella Maria Felice".
Chiusa questa breve digressione, proseguiamo nel racconto iniziato."La stazione era costituita da un vasto complesso recintato di edifici e ampi vani scavati nel tenero tufo adibiti, rispettivamente, a zone per la veterinaria e l'alloggio del bestiame. I servizi di cui l'impianto disponeva erano, tra gli altri, un ampio spiazzo, ricavato all'interno di cave di tufo dismesse nel quale i cavalli potevano pascolare, ambienti destinati al personale e una chiesa intitolata a Santo Stefano". Su questa chiesa, fuori dal testo ufficiale di Navedoro, ma per un dovere di completezza storica, mi pare di poter spendere qualche parola. Questa non risulta essere entrata a far parte della Visita apostolica del cardinale Orsini, nel corso dei primi sei mesi del 1714. O non era censita e riconosciuta ufficialmente dalle autorità ecclesiastiche locali, oppure, a quella data era già scomparsa o non si officiava più nessun rito.
"Segni della presenza degli Orsini sono, ancora oggi, le rosette scolpite agli ingressi e sotto le volte degli ambienti scavati, e quelle sul portale d'ingresso, nel cui timpano era incorporato fino a poco tempo fa un bassorilievo recante le insegne della munifica famiglia, la data 1604, le figure di sant'Eligio, protettore dei maniscaclchi, di santa Lucia, protettrice dei fabbri e di un palafreniere che tiene a freno un cavallo".