Passeggiando con la storia
Una iscrizione scomparsa, sconosciuta e trascurata ma finalmente tradotta
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari
giovedì 26 ottobre 2023
Ai distratti compaesani, di una scritta quasi indecifrabile, riportata sulla facciata della Basilica Cattedrale, prospiciente piazza Benedetto XIII, non ha mai importato nulla. Se non altro perché non era percepibile, non era leggibile, data anche la sua posizione scomoda, alta da poter essere notata. Nel corso dei recenti lavori di ripulitura dell'intero complesso religioso, la suddetta iscrizione è iconoclasticamente scomparsa. Non è più leggibile, anche se quelle parole hanno fatto, molto probabilmente, la storia del sacro tempio, la storia dei cittadini gravinesi o del clero locale.
Fortunatamente di quel testo inciso resta una ipotesi traduttiva del professore Franco Laiso, "A proposito di alcune iscrizioni incise sulle parti esterne della Cattedrale", in: "Gravina Intersezioni – Interpretazioni", maggio 2017, D&B Stampagrafica Bongo. Riprendo dal succitato testo: "Studio da tempo l'iscrizione incisa sulla facciata laterale della parte normanna della Cattedrale, restaurata da poco. Mi rendo conto che l'iscrizione è un rompicapo almeno a partire dall'attenzione rivolta ad essa da parte del Nardone".
A tal riguardo il Nardone, nella sua storica e monumentale opera: Notizie storiche sulla città di Gravina dalle sue origini all'unità d'Italia (455 – 1870), VI Edizione a cura della Fondazione Ettore Pomarici Santomasi, Adda Editore, maggio 2007, scriveva: "Sulla facciata esterna di levante e, propriamente, sulla vecchia fabbrica vedonsi incise delle lettere di carattere trecentesco, resesi alquanto illeggibili che ricordano il verso di S. Luca: "Christus dilexit ecclesiam et Se Ipsum tradidit pro ea, ut libere sibi gloriam non habentem". Ripartiamo da ciò che scrive il professore Laiso. "Molto probabilmente il testo sarebbe il seguente: "+tu quoque ministra bis Jesu Christo operasque [dabis] sicut et Christus dilexit ecclesiam et se ipsum tradidit pro ea".
Nella prima linea integrerei operasque con dabis, illeggibile, tuttavia in latino operam/operas dare significa adoperarsi/impegnarsi; pertanto è molto probabile che ad operas segua dabis. Nella seconda parte che va da sicut a pro ea, l'iscrizione riprenderebbe la lettera agli Efesini di San Paolo 5, 2, 25. Il passo è riprodotto liberamente nell'epigrafe. Pertanto la traduzione sarebbe la seguente: "+Anche tu sarai servo di Gesù Cristo e ti adopererai come Cristo ha amato la Chiesa e sacrificò se stesso per Essa". L'iscrizione, a mio parere, esalterebbe la vocazione che tutti i fedeli in Cristo debbano riporre nell'osservare il ministerium, nell'essere a servizio della fede, compito fondamentale per i cristiani.
E' strano che sia il Nardone sia il vescovo Lucini non abbiano colto nella prima linea i termini: ministra bis Jesu Christo operasque, fondamentali per la complessiva comprensione del testo ammonitivo".
Fortunatamente di quel testo inciso resta una ipotesi traduttiva del professore Franco Laiso, "A proposito di alcune iscrizioni incise sulle parti esterne della Cattedrale", in: "Gravina Intersezioni – Interpretazioni", maggio 2017, D&B Stampagrafica Bongo. Riprendo dal succitato testo: "Studio da tempo l'iscrizione incisa sulla facciata laterale della parte normanna della Cattedrale, restaurata da poco. Mi rendo conto che l'iscrizione è un rompicapo almeno a partire dall'attenzione rivolta ad essa da parte del Nardone".
A tal riguardo il Nardone, nella sua storica e monumentale opera: Notizie storiche sulla città di Gravina dalle sue origini all'unità d'Italia (455 – 1870), VI Edizione a cura della Fondazione Ettore Pomarici Santomasi, Adda Editore, maggio 2007, scriveva: "Sulla facciata esterna di levante e, propriamente, sulla vecchia fabbrica vedonsi incise delle lettere di carattere trecentesco, resesi alquanto illeggibili che ricordano il verso di S. Luca: "Christus dilexit ecclesiam et Se Ipsum tradidit pro ea, ut libere sibi gloriam non habentem". Ripartiamo da ciò che scrive il professore Laiso. "Molto probabilmente il testo sarebbe il seguente: "+tu quoque ministra bis Jesu Christo operasque [dabis] sicut et Christus dilexit ecclesiam et se ipsum tradidit pro ea".
Nella prima linea integrerei operasque con dabis, illeggibile, tuttavia in latino operam/operas dare significa adoperarsi/impegnarsi; pertanto è molto probabile che ad operas segua dabis. Nella seconda parte che va da sicut a pro ea, l'iscrizione riprenderebbe la lettera agli Efesini di San Paolo 5, 2, 25. Il passo è riprodotto liberamente nell'epigrafe. Pertanto la traduzione sarebbe la seguente: "+Anche tu sarai servo di Gesù Cristo e ti adopererai come Cristo ha amato la Chiesa e sacrificò se stesso per Essa". L'iscrizione, a mio parere, esalterebbe la vocazione che tutti i fedeli in Cristo debbano riporre nell'osservare il ministerium, nell'essere a servizio della fede, compito fondamentale per i cristiani.
E' strano che sia il Nardone sia il vescovo Lucini non abbiano colto nella prima linea i termini: ministra bis Jesu Christo operasque, fondamentali per la complessiva comprensione del testo ammonitivo".