Passeggiando con la storia
Consuntivi delle feste patronali degli anni dal 1833 al 1835
Passeggiando con la storia, rubrica a cura di Giuseppe Massari
domenica 29 settembre 2019
Tra le carte d'archivio della Fondazione Ettore Pomarici Santomasi, Fondo Pasquale Calderoni Martini, ho avuto il piacere di toccare con mano questi preziosi pezzi di carta, riassunti simbolicamente e sinteticamente nelle immagini allegate e relative ai consuntivi delle feste patronali in onore di San Michele Arcangelo degli anni dal 1833 al 1835. Tre anni di storia paesana in cui sono racchiusi non solo i conti, i numeri, ma la specificità, il riferimento a titolari di esercizi commerciali ed artigiani, che contribuivano, economicamente, per la buona riuscita della festa.
Un elenco analitico di barbieri, di sarti, di calzolai, di falegnami, di ortolani, di muratori, di braccianti, chiamati bracciali, di beccari. Un elenco, anche, come si può leggere, di derrate alimentare, tra formaggi, caciocavalli, grano, fave, orzo, maiorica, avena tutte descritte dettagliatamente, che venivano vendute e i cui ricavati si sommavano agli altri introiti. Venivano registrati puntualmente anche gli oboli volontari, chiamati, con il linguaggio dell'epoca, elemosine, di alcuni privati cittadini, così come quelli pubblici "Della Comune".
Oltre i ricavi, anche le spese erano soggette alle stesse minuziose descrizioni. L'esempio più classico è quello riferito alle bande e ai suoi componenti, elencati con dovizia di particolari: sia per quanto riguardava i destinatari che le somme loro elargite e anche le "regalie" al maestro. I soldi che venivano spesi per l'acquisto della cera e quelli che venivano elargiti alla Chiesa. Le spese sopportate per il "Fuochista" o per lì acquisto di mortaretti.
Per il suono delle campane, c'era un costo da sopportare e veniva elargito e registrato, così come l'impiego e il servizio reso dai sagrestani di altre chiese: San Francesco e San Nicola. Nulla veniva trascurato e tutto veniva considerato in quella che si può definire una lezione di trasparenza e di onestà. Uno spaccato storico lucido e coerente, all'insegna di quella che era e doveva essere una rendicontazione alla città e a chi aveva contribuito.
Da questi pezzi di memoria, inoltre, si legge che in occasione della festa del 1833, la processione si fece "nell'ottavo": "Per l'ottavo di S. Michele, mentre nel giorno suo piovve, e non seguì la Processione, ma si seguì nell'ottavo". Un altro elemento da cogliere, dalla lettura di queste carte ingiallite, è il termine usato riferito agli organizzatori della festa. Essi venivano chiamati Deputati, perché facenti parte di quel Comitato che, all'epoca si chiamava Deputazione.
Nel caso specifico, i Deputati che hanno sottoscritto i bilanci definitivi, sono stati sempre e solo due: Filippo Guida e Francesco Gramegna. Un tuffo nella storia del linguaggio ma, anche, in quello della cultura, e della mentalità di concepire la festa patronale festa dei cittadini, per i cittadini, con i cittadini, tra i cittadini.
Un elenco analitico di barbieri, di sarti, di calzolai, di falegnami, di ortolani, di muratori, di braccianti, chiamati bracciali, di beccari. Un elenco, anche, come si può leggere, di derrate alimentare, tra formaggi, caciocavalli, grano, fave, orzo, maiorica, avena tutte descritte dettagliatamente, che venivano vendute e i cui ricavati si sommavano agli altri introiti. Venivano registrati puntualmente anche gli oboli volontari, chiamati, con il linguaggio dell'epoca, elemosine, di alcuni privati cittadini, così come quelli pubblici "Della Comune".
Oltre i ricavi, anche le spese erano soggette alle stesse minuziose descrizioni. L'esempio più classico è quello riferito alle bande e ai suoi componenti, elencati con dovizia di particolari: sia per quanto riguardava i destinatari che le somme loro elargite e anche le "regalie" al maestro. I soldi che venivano spesi per l'acquisto della cera e quelli che venivano elargiti alla Chiesa. Le spese sopportate per il "Fuochista" o per lì acquisto di mortaretti.
Per il suono delle campane, c'era un costo da sopportare e veniva elargito e registrato, così come l'impiego e il servizio reso dai sagrestani di altre chiese: San Francesco e San Nicola. Nulla veniva trascurato e tutto veniva considerato in quella che si può definire una lezione di trasparenza e di onestà. Uno spaccato storico lucido e coerente, all'insegna di quella che era e doveva essere una rendicontazione alla città e a chi aveva contribuito.
Da questi pezzi di memoria, inoltre, si legge che in occasione della festa del 1833, la processione si fece "nell'ottavo": "Per l'ottavo di S. Michele, mentre nel giorno suo piovve, e non seguì la Processione, ma si seguì nell'ottavo". Un altro elemento da cogliere, dalla lettura di queste carte ingiallite, è il termine usato riferito agli organizzatori della festa. Essi venivano chiamati Deputati, perché facenti parte di quel Comitato che, all'epoca si chiamava Deputazione.
Nel caso specifico, i Deputati che hanno sottoscritto i bilanci definitivi, sono stati sempre e solo due: Filippo Guida e Francesco Gramegna. Un tuffo nella storia del linguaggio ma, anche, in quello della cultura, e della mentalità di concepire la festa patronale festa dei cittadini, per i cittadini, con i cittadini, tra i cittadini.