passeggiando con la storia - bombardamenti a Gravina
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Passeggiando con la storia

Gravina bombardata A 80 anni dalla tragedia un ricordo per non dimenticare

Rubrica “passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari

Nella ricorrenza dell' 80° anniversario dei bombardamenti bellici, relativi alla seconda Guerra mondiale, sulla nostra città, ho ritenuto giusto riprendere questa dolorosa pagina storica, in cui vi furono, tra l'altro, nove vittime, così come l'ho desunto ed estratto dal Registro dei Morti del nostro comune, alla data infausta del 21 settembre 1943, tutte abitanti nell'allora Via dell'Impero, 8, oggi via Giacomo Matteotti, grazie alla collaborazione e disponibilità dell'amico Luigi Fatigati, dirigente dell'Ufficio anagrafe.

Il supporto storico, invece, l'ho trovato nella pubblicazione, curata dalla Scuola Media Nunzio Ingannamorte di Gravina: "Sessant'anni fa… Gravina. Dalla tempesta della guerra al faro della libertà", per tipi della Favia di Bari, Florestano Edizioni, Anno Scolastico 2005- 2006.

Ma, andiamo con ordine nel racconto dei fatti e, soprattutto dei due bombardamenti aerei che interessarono la nostra città. "Nel mese di Settembre del 1943, Gravina fu funesta da distruzioni e morti. Due giorni prima che l'Italia firmasse l'accordo con le Forze alleate angli-americane, nel tardo pomeriggio del 6 Settembre 1943, i Gravinesi dovettero rifugiarsi nelle campagne o nelle cantine, dove trascorsero la notte, perché sulla città furono sganciate due bombe.

Una semidistrusse il Silos per l'ammasso del grano, sito alla periferia del paese e diroccò i ponti sul burrone, nei pressi della zona Fiera; l'altra, nella stessa zona, provocò, con le sue schegge, soltanto danni alle abitazioni. Il mattino successivo si constatò, con grande sollievo, che non c'erano stati né morti, né feriti, ma molta gente tornò a casa senza scarpe o altri indumenti, smarriti nella fuga per i campi. Pochi giorni dopo, nelle prime ore del pomeriggio del 21 settembre 1943, il rombo degli aerei allarmò la cittadinanza; velivoli inglesi inseguivano un aereo tedesco. Il pilota nazista, per alleggerire il carico a bordo e aumentare la velocità, sganciò tre bombe: una cadde nel torrente, la seconda nel rione Giulianello, allora quasi del tutto privo di abitazioni; la terza nel centro della città.

Fu colpito in pieno un palazzo ubicato in quella che un tempo si chiamava via dell'Impero angolo piazza Notar Domenico, nei pressi della Chiesa di Santa Maria del Suffragio (nota come Chiesa del Purgatorio. L'ala sud dell'edificio fu ridotta in macerie, come si può vedere dalle foto di Luigi Polini allegate al testo . Furono mietute dieci vite umane, compresa quella di un nascituro che non vide mai la luce: una giovane coppia formata da Vincenzo Lapolla di 33 anni, militare di stanza a Bari, tornato in famiglia per una licenza breve e da Nunzia Paternoster, (la cui foto allegata mi è stata gentilmemte fornita dal nipote, l'amico Vincenzo Parrulli), di 21 anni, gestante al settimo mese. Morirono mentre dormivano per la siesta. Questa testimonianza è stata gentilmente fornita dalla signora Caterina Paternoster, sorella gemella di Nunzia.

Le altre vittime, la maggior parte giovani, furono: Dibattista Michele, di anni 30; Corrado Rosa Maria, di anni 74; Laddaga Michele Vincenzo, di anni 39; Di Mattia Giuseppe, di anni 29; Lafabiana Maria Rosaria, di anni 41; D'Agostino Maria Carmela, di anni 73 e Loglisci Angelo, di anni 31

La parte diroccata del palazzo fu ricostruita nel 1954 con i finanziamenti stanziati dallo Stato per il risarcimento dei danni di guerra". Sin qui il racconto drammatico di quelle giornate dolorose, contrassegnate da lutti, miseria, povertà. Prima, però, di concludere, una considerazione. Al di là dell'encomiabile lavoro di ricostruzione storica su alcuni avvenimenti cittadini, e di questo, in particolare, svolto dagli alunni della Scuola Media, che se non avessi ripreso tra le mani, per stilare l'odierna scheda, mai la città sarebbe venuta a conoscenza di queste morti.

Purtroppo, lasciate marcire solo nella mente e nei ricordi di chi fu protagonista e dei loro famigliari. Stranamente, in una città cosiddetta antifascista, mai nessuno dei tanti amministratori civici che si sono succeduti, ha pensato di lasciare una tracia di quel sacrificio. Una targa sul luogo dell'eccidio; una dedicazione di una piazza, di una via. Sarebbe ora che la città facesse i conti anche con questa parte di storia. Ricordandosi di chi ha perso la vita per una causa non proprio nobile.
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  • Giuseppe Massari
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